L’indicazione data dal Sindaco di Milano Giuliano Pisapia sulla istituzione presso il Comune di Milano di un registro delle coppie di fatto, iniziativa già annunciata in campagna elettorale e facente parte del suo programma di governo, appare quantomeno densa di interrogativi e sicuramente giuridicamente discutibile.
In primo luogo, bisogna rilevare che l’iniziativa di istituire un “registro” delle coppie di fatto è stata già presa da altri comuni italiani, che, così facendo, hanno cercato di dare una veste giuridica, quantomeno locale, alla realtà delle convivenze tra persone non unite con il matrimonio. Trattasi però di esigenze afferenti ad una parte parziale della popolazione : infatti le coppie di fatto in Italia sarebbero nel numero – non censite ma da calcoli approssimativi ISTAT – di 500.000 unità su base nazionale, di cui però solo una parte residua vorrebbe essere in qualche modo “regolarizzata” con una annotazione civile : infatti, in questo numero, sono comprese anche le nuove coppie in attesa del divorzio per poter ricelebrare il matrimonio o quelle che non hanno intenzione di legarsi per altre ragioni come quelle patrimoniali.
In secondo luogo il “registro” delle coppie di fatto ha permesso alle realtà locali ed in assenza di una legge quadro nazionale, di aprire il varco al riconoscimento parziale di queste unioni tra persone dello stesso sesso, garantendone in qualche modo il riconoscimento attraverso questa specie di “iscrizione” che è un “registro” anagrafico.
Ora, vi sono innanzitutto delle ragioni giuridiche per esprimere delle perplessità in merito a questi “registri”. I “registri” non hanno alcun valore giuridico e, pur potendo essere ammessi e, quindi, regolamentati dagli statuti dei comuni, non possono, in sé, attribuire alcun diritto che non sia prima già regolamentato dalla legge.
Per questo, i “registri” non possono derogare o mutare le normative sul matrimonio, sulla famiglia, sui diritti anagrafici e sul diritto ereditario già presenti in Italia attraverso il codice civile e le leggi ad esse collegate.
In secondo luogo, la nascita dei “registri” ha un puro valore di mera indicazione politica in quanto le coppie di fatto possono comunque regolare i propri diritti attraverso del contrati scritti : pensiamo a pochi esempi in questo campo. La disciplina della regolamentazione testamentaria (art. 587 e seguenti c.c. ) permette alle coppie, anche dello stesso sesso, di disporre in ampia misura a titolo testamentario, la disciplina contrattualistica permette di comporre contrati a favore reciproco delle persone (art. 1411 c.c.) e la disciplina dell’aggiunta del nome (D.P.R. 396/2000) permette di aggiungere al proprio nome o cognome un altro.
Del resto, la disciplina codicistica sulla famiglia in Italia, soprattutto dopo la riforma del 1975 e le riforme successive, costituisce un nucleo imprescindibile per i principi in materia, tanto da essere stata presa ad esempio da molte altre nazioni, e, quindi, se si volessero istituire forme diverse di unioni, bisognerebbe istituirle a livello nazionale. E qui sorgono ulteriori interrogativi : come si coordina un registro sulle coppie di fatto in merito ai diritti della donna ed alla parità con l’uomo, al “favor” che il codice civile riconosce alla donna in merito alla filiazione, alla nuova legge sull’affido condiviso, alla legge sul divorzio ?
A riprova di questa poca affidabilità del “registro”, non si può non sottolineare che dopo l’iscrizione il soggetto non riceve se non una “attestazione” che non è un documento coordinato con la certificazione civile né con l’autocertificazione civile, e, in breve, non vale nulla.
Infine c’ è da dire che il Consiglio comunale di Milano aveva già bocciato una mozione, votata dopo alcuni giorni di discussione, del maggio 2008 che era stata presentata per favorire «l’istituzione di un registro comunale delle unioni civili, comprensivo delle coppie dello stesso sesso che ne facciano richiesta». Tale indicazione consiliare, che data solo tre anni fa, era stata votata da una ampia maggioranza bi-partisan comprendente anche ad alcune forze di sinistra, ed apparirebbe quindi contraddittorio se il provvedimento passasse per merito del voto di quelle stesse forze che avevano già espresso un parere negativo.