L’insegnamento della Religione Cattolica si presenta legittimamente, secondo la revisione dell’accordo concordatario tra l’Italia e la Santa Sede del 1984 e le relative Intese applicative, come risorsa per una scuola che intenda davvero promuovere la formazione integrale della persona. Infatti, nel rispetto delle diverse tradizioni culturali dell’Italia, esso concorre, insieme alle altre discipline scolastiche, al raggiungimento delle finalità educative proprie di ciascun ordine scolastico, mediante l’uso degli strumenti e dei metodi tipici dell’apprendimento. Ma come vengono formati e si formano i docenti di religione? A che titolo, a quali condizioni, con quali responsabilità, si diventa insegnante di Religione Cattolica? Come avviene la formazione prima e durante? (a cura di Cristina Milesi)
Sappiamo che dobbiamo distinguere tra la formazione iniziale degli insegnanti e la formazione permanente. Chiediamo innanzitutto: come è avvenuta e come sta avvenendo la formazione iniziale degli insegnanti di Religione Cattolica?
Per quanto riguarda la formazione iniziale degli insegnanti dobbiamo fare una doppia distinzione: un conto è la formazione degli insegnati titolari di classe e di sezione, e un conto la formazione degli specialisti. La formazione iniziale degli insegnanti di classe o di sezione, che riguarda fondamentalmente gli insegnanti della Scuola d’ Infanzia e della scuola Primaria, avveniva in base all’Intesa del 1985 in questo modo. Fino al 1991, durante gli anni dell’Istituto magistrale, si frequentavano 2 ore di religione alla settimana al termine delle quali, e precisamente poco prima della maturità, attraverso l’Ufficio Diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica, si doveva sostenere un esame. In questo modo veniva data una preparazione remota di base all’insegnante titolare di classe o di sezione che gli consentiva di insegnare questa materia. Dopo 1991, gli Istituti Superiori di Scienze Religiose hanno cominciato ad approfondire le tematiche fornendo anche agli insegnanti di sezione e di classe una formazione iniziale con molte ore: 150 ore di formazione con circa 7 esami, a conclusione dei quali il conseguimento del titolo di Cultura Religiosa che non produceva nessun tipo di abilitazione, ma permetteva di avere l’idoneità all’insegnamento, perché l’abilitazione fino all’anno 2002 era data dal titolo magistrale.
Oggi con la Nuova Intesa, firmata il 28 giugno 2012 ed entrata in vigore con il DPR 175 del 20 agosto 2012, l’insegnante titolare di classe o di sezione può continuare ad insegnare Religione se lo ha fatto almeno per un anno tra il 2007 e il 2012 nella scuola pubblica statale o nella scuola pubblica paritaria e se ha ottenuto il decreto di idoneità dell’Ordinario Diocesano tramite il percorso fissato. Coloro che hanno soltanto il diploma magistrale e non hanno insegnato neanche un anno religione nella scuola, non possono più accedere all’idoneità e all’insegnamento; quelli, invece, con la laurea in Scienze della Formazione primaria che hanno insegnato almeno un anno tra il 2007 e il 2012 possono, seguendo il percorso fissato dall’Ordinario per avere l’idoneità. Infine coloro che non hanno insegnato almeno un anno tra il 2007 e il 2012 dovranno frequentare un Master biennale in Scienze Religiose non ancora definito nella sua struttura. Sappiamo che i presidi delle facoltà d’Italia stanno lavorando con quelli del Ministero per fissare concretamente il numero di ore e di crediti necessari al riguardo.
Cosa accade invece per gli specialisti di Religione?
Per quanto riguarda gli specialisti, per la formazione iniziale prima era necessario che i docenti della scuola dell’ Infanzia e Primaria conseguissero il diploma in Scienze Religiose, titolo di accesso considerato minimo, rilasciato dopo tre anni di studi. L’ente che preparava questi insegnanti era l’Istituto Superiore di Scienze Religiose o l’Istituto di Scienze Religiose.
Per gli insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado era valido il Magistero in Scienze Religiose; nel caso in cui fossero stati in possesso di una Laurea civile specialistica (o la vecchia laurea quadriennale o la laurea quinquennale) sarebbe bastato conseguire il diploma in Scienze Religiose per avere il titolo e insegnare in ogni ordine e grado di scuola; in mancanza della Laurea, era sufficiente ottenere il Magistero per insegnare nella Scuola secondaria di primo e secondo grado. Cosa cambia con la Nuova Intesa a partire dal 2014?
Per poter insegnare in una scuola secondaria di primo e secondo grado o anche nelle scuole del primo ciclo, lo specialista di Religione dovrà avere necessariamente la Laurea magistrale in Scienze Religiose, composta da un triennio più un biennio, comprensiva di tutte le discipline filosofiche, psicologiche, pedagogiche, teologiche, bibliche e anche della conoscenza delle altre culture religiose oltre alla legislazione scolastica.
Un’altra annotazione per completare questa panoramica storica. La formazione di base di un insegnante di Religione, con un nuovo curriculum inaugurato nel 2007, comprende anche un tirocinio formativo che deve essere conseguito entro la Laurea magistrale in Scienze Religiose.
Ogni anno l’insegnante di Religione frequenta un percorso strutturato che è collegato intimamente con la conferma dell’idoneità. Ci può spiegare cosa si intende per “idoneità ” e come e da chi viene riconosciuta?
Che cos’è idoneità? Non si tratta di una abilitazione come viene intesa dagli organismi statali. L’idoneità è il legame di fiducia che si stabilisce personalmente tra l’insegnante e il Vescovo che prima abbiamo chiamato Ordinario Diocesano. L’insegnante di Religione Cattolica s’impegna a vivere secondo quanto è stabilito dal Canone n° 804 del Codice di Diritto Canonico:
§ 1. All’autorità della Chiesa è sottoposta l’istruzione e l’educazione religiosa cattolica che viene impartita in qualunque scuola o viene procurata per mezzo dei vari strumenti di comunicazione sociale; spetta alla Conferenza Episcopale emanare norme generali su questo campo d’azione, e spetta al Vescovo diocesano regolarlo e vigilare su di esso.
§ 2. L’Ordinario del luogo si dia premura che coloro, i quali sono deputati come insegnanti della religione nelle scuole, anche non cattoliche, siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica.
Essere un insegnante di Religione Cattolica è una scelta di vita, è essere testimoni! L’Idoneità del Vescovo è una garanzia per lo Stato perché dice la volontà della Chiesa di proporre persone che sono insegnanti di qualità, sotto tutti gli aspetti. Alcuni vorrebbero eliminare dai requisiti dell’insegnante di religione il fatto di essere “ eccellenti per testimonianza di vita cristiana”, la chiesa è convinta da sempre e oggi ancora di più che solo un insegnante che crede a ciò che insegna ed è appassionato, diventa credibile per gli alunni. Quale docente potrebbe essere credibile se non crede e non professa ciò che insegna? Chi vuole separare il sapere dell’insegnante dal suo saper essere, vuole una scuola che sia solo informativa e non formativa. L’insegnante di Religione è presente nella scuola per un’Intesa tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica; un’ intesa secondo cui entrambi hanno riconosciuto fondamentale l’insegnamento di Religione della Chiesa Cattolica per dare la possibilità agli alunni di oggi e di domani di conoscere quelle radici che hanno generato e continuano a generare la nostra civiltà e cultura. Per meglio precisare, l’intesa ha stabilito che in primis, lo Stato, essendo laico, non può formare e preparare gli insegnanti di Religione altrimenti diventerebbe uno stato confessionale; in seconda istanza la Chiesa deve concorrere alla formazione degli insegnanti riconoscendo che essi debbano svolgere un insegnamento di tipo culturale e non catechistico della Religione Cattolica. L’Intesa mostra quindi la sinergia profonda esistente tra la Chiesa Cattolica e lo Stato in questo campo, stabilendo che la Chiesa ha il compito di formare a livello iniziale e in modo permanente gli insegnanti di Religione, essendo questa una disciplina curricolare con una precisa identità. Lo Stato stesso lo mette in risalto nella Legge 121 del 25 marzo 1985 al paragrafo 9, in cui si dice che “La Repubblica italiana, considerando il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della Religione Cattolica in tutte le scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.”
Si tratta di una disciplina che concorre alle finalità della scuola, cioè ad istruire ed educare. La Chiesa, dal canto suo, si preoccupa di fornire un insegnamento con una precisa identità e storia, incarnata all’interno del popolo italiano ed europeo e che, proprio grazie a questa precisa identità, è occasione di dialogo con ogni cultura, religione o visione del mondo, come dice il cardinale Angelo Scola.
E’ esattamente il principio identitario che permette il dialogo, non il principio neutralistico, quindi non si potrà mai pensare ad un insegnamento di Storia delle Religioni, perché non è possibile conoscere una Religione se non a partire dalla sua identità più profonda: nella storia ha incontrato e dialogato con ogni cultura umana diventando esattamente se stessa. Inoltre è il pensiero teologico a caratterizzare una religione, quindi non è possibile conoscere una religione solo attraverso il suo percorso storico. Aggiungo che il pensiero teologico di una religione cresce e si struttura grazie al confronto con la cultura e le altre esperienze umane e religiose, quindi grazie al confronto con le identità degli altri. Allora non è possibile uno studio neutro della religione e di ogni esperienza umana.
Quando si parla di formazione permanente nell’ insegnamento della Religione intendiamo quella che l’insegnante svolge mentre è già in servizio. Come avviene?
La formazione permanente del docente di religione, insita nell’idoneità all’insegnamento, è la garanzia perché un insegnante possa compiere il proprio lavoro con professionalità. La Chiesa cerca di lavorare insieme con lo Stato per formare i docenti e per motivarli ad una passione educativa solida che mantenga vive alcune domande, quali: «Chi sono i miei alunni? Qual è la condizione in cui mi trovo a lavorare? Qual è il contesto culturale, sociologico, familiare in cui essi vivono?».
Intorno a queste domande il sapere dell’IRC dovrà ogni volta incarnarsi in quella specifica realtà di classe e, messo dinanzi al confronto culturale in essa esistente, essere discusso e rivisto in modo da poter interpellare costruttivamente i singoli alunni e gli insegnanti.
Oltre ad una formazione permanente, l’idoneità viene mantenuta valida e permanente dalla piena appartenenza ecclesiale, dalla coerente testimonianza di vita cristiana dell’insegnante di Religione e dalla sua abilità pedagogica e didattica.
Come avviene la formazione nella diocesi di Milano?
Nella diocesi di Milano la formazione permanente ha avuto uno sviluppo notevole negli ultimi anni e, pur tenendo conto della storia pregressa con Monsignor Giavini e del suo modello, abbiamo cercato di raggiungere tutti gli insegnanti secondo una nuova modalità. Abbiamo creato una commissione mista formata da un gruppo di 18 Coordinatori che sono docenti di religione scelti direttamente dal responsabile della Diocesi in rappresentanza dei vari ordini e gradi di scuola; una commissione formata dal preside dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e dai professori a capo dei dipartimenti dell’Istituto, quindi dell’area biblica, dell’area teologica, dell’area antropologica, dell’area morale ed infine di quella psico-pedagogica. Gli insegnanti, tutti gli anni, da aprile fino a metà luglio, in una prima fase di ascolto, vengono in Curia a gruppi a raccontare come è andato l’anno scolastico, soprattutto ad esprimere le loro esigenze.
A partire da questo ascolto, si elabora un progetto di formazione che può essere annuale, biennale, triennale o quadriennale. Ad esso possono venir apportate delle modifiche in itinere, per esempio, in questi anni, dal 2007 ad oggi, io ho voluto trattare: la Bibbia, i contenuti cristologici, il volto di Dio come Padre, la Chiesa e poi abbiamo trattato la vita morale dei cristiani e i simboli dall’interno della vita e della cultura religiosa. Quest’anno abbiamo deciso di affrontare il grande tema della fede grazie a diversi eventi significativi quali la commemorazione per l’Editto di Costantino e in particolar modo il tema della libertà religiosa e, vista la proposta di Benedetto XVI, di promuovere l’anno della fede, affrontandolo secondo una tematica particolare, cioè, come i nostri ragazzi vivono la loro fede, messa alla prova a vari livelli della vita, partendo dalla relazione familiare, che è la prima esperienza di fiducia e prototipo del rapporto con tutti.
Cosa sono e a cosa servono le giornate pedagogiche e teologiche? Come nascono e dove puntano i gruppi territoriali di docenti di religione?
La formazione dei docenti di religione nella diocesi di Milano nel dettaglio si svolge in due momenti. Nel primo, a carattere contenutistico, proviamo a vedere quei contenuti che abbiamo imparato durante lo studio teologico a confronto con la cultura attuale. In sintesi, proviamo a rispondere alla domanda: «Cosa avviene oggi a livello culturale quando io parlo di Gesù Cristo?».
Nel secondo momento ci si preoccupa di mantenere una visione sempre aggiornata a livello educativo, pedagogico e sociologico sui ragazzi d’oggi. Pertanto le giornate teologico – pedagogiche, divise per ordini e gradi di scuola in modo tale che si abbia lo stesso contenuto, sono momenti di lavoro calato negli ambiti specifici di ogni scuola.
Per vivere, infine, con gli insegnanti di Religione una profonda comunione di intenti e una collaborazione e responsabilità reciproca abbiamo creato i Gruppi Territoriali. In ogni gruppo territoriale ci saranno i sottogruppi relativi ai diversi ordini e gradi di scuola con a capo un referente, punto di riferimento degli insegnati di quel territorio, che, tendenzialmente, coincide con il decanato. Si tratta di una scelta di struttura ecclesiale che la Chiesa ambrosiana si è data per essere chiesa popolare, più vicina alla gente. In ogni decanato vi è un gruppo di referenti e ogni referente, ad esempio, quello dell’infanzia ha con sé gli insegnati dell’infanzia e così via fino al massimo di un numero di 12 – 14 persone.
Dopo aver vissuto la giornata teologica e dopo aver postato nel sito www.ircmi.it il materiale delle giornate, ogni Gruppo Territoriale riprende quel materiale e comincia a lavorare e a riflettere con delle idee guida che abbiamo indicato a tutti i gruppi anche se ogni gruppo territoriale ha la libertà di approfondire come desidera quel tema particolare. Si incontreranno in presenza, nelle scuole o nelle comunità cristiane, per poi alla fine di questi percorsi lavorare su di una piattaforma on-line creata apposta per loro e suddivisa essa stessa per gruppi territoriali. A conclusione viene elaborato un progetto, un percorso didattico o una unità didattica: si tratta di un materiale nato dai gruppi per tutti e verrà consegnato dal referente al gruppo degli Coordinatori che lo validano e lo ridistribuiscono a tutti. In esso viene evidenziato il percorso fatto per elaborarlo indicando così il metodo oltre che il contenuto. In questo modo si avranno gli insegnanti di quel quartiere di Milano che dialogano con quelli di Varese, Lecco, Treviglio piuttosto che di Legnano sullo stesso tema ma ripreso, rivissuto, rigiocato all’interno della loro esperienza. Gli insegnanti diventano tutti protagonisti della formazione propria e di tutti. Le prospettive in un prossimo futuro che lo stesso Ministero tende ad avvallare,sarà di avere i libri digitali che non sono altro che materiale nato dall’essere insegnanti e dal fare una medesima esperienza.
Si sta verificando un fenomeno interessante che vede docenti di altre discipline chiedere di unirsi ai nostri gruppi perché vogliono essere aiutati o arricchirsi nelle proprie competenze disciplinari ma soprattutto per poter sviluppare una modalità di lavoro che riconoscono capace di produrre ottimi risultati. Questo bisogno di coinvolgimento deriva dalla necessità degli insegnanti di ogni disciplina di non sentirsi soli e che tutti davvero desideriamo il bene dei nostri ragazzi.
Quali competenze dovrebbe promuovere una formazione dell’insegnante di Religione Cattolica?
La competenza, mi permetto di dire, che deve promuovere la formazione degli insegnanti di Religione è il saper essere.
Mi spiego, non basta sapere ma occorre anche saper trasmettere, comunicare, saper raccontare una esperienza perché la vita non è un concetto, la vita non è un’idea. Il concetto mi serve per poter riflettere a fondo sulle grandi questioni, ma alla fine devo riconsegnare ai ragazzi la realtà, non un’idea della realtà, non un viaggio nelle idee, devo far sì che i ragazzi si possano confrontare con la realtà. Per far questo é necessario che un insegnante abbia “navigato”, sia capace di fare questo tipo di viaggio, e quindi fondamentalmente deve sapere, saper fare, comunicare e saper trasmettere ma soprattutto deve saper essere: un insegnante di Religione continuamente riceve questa domanda: «Prof, ma lei crede alle cose che ci sta dicendo?».
I ragazzi vogliono testimoni, non persone che li convincano; in atre parole, persone che sono convinte. E’ innanzitutto nel modo di trasmettere e nei contenuti veicolati che gli insegnanti fanno comprendere ai ragazzi quanto valga la pena mettersi in viaggio per incontrare il Signore e l’esperienza che il Signore ha fatto crescere in mezzo a noi. Se l’insegnante non diventa un testimone, non riesce ad insegnare in modo efficace, i ragazzi chiedono insegnanti che credono a ciò che insegnano (passione educativa) e a ciò che sono! Solo in questo modo capiranno che sono chiamati a diventare persone responsabili nella Chiesa (se sono credenti), nel mondo e nella società. Non è un caso dunque che i ragazzi che non credono in Dio sono i primi a dire al professor di Religione: «Ma le ci crede? Ma lei impegna la vita su queste cose?» Questa è una domanda fondamentale che i ragazzi rivolgono a tutti gli insegnanti, ma in particolar modo a quelli di Religione.
Quale tipo di collaborazione l’insegnante di Religione dovrebbe sviluppare con i propri colleghi affinché le proprie competenze siano al servizio di una formazione integrale degli alunni?
Se andiamo a vedere la nascita della cultura, constatiamo che l’uomo vuole sapere, conoscere perché innanzitutto ha scoperto il senso di sé, il senso degli altri, il senso del mondo e il senso di Dio. La sua origine e il suo destino ! Anche i ragazzi hanno voglia di conoscere, di scoprire che senso ha la loro presenza e il loro esserci.
L’insegnamento della Religione Cattolica si pone innanzitutto a questo livello: in tutto il dipanarsi della storia, la Chiesa Cattolica si è posta costantemente in dialogo con l’uomo a lei contemporaneo e alle sue grandi domande: «Perché esisto? Perché io e non altri? Che senso ha la mia vita?». sono domande generatrici della cultura e del suo enorme sviluppo in Europa e in tutto il mondo. L’IRC allora non può essere considerato dalle altre discipline come “ancilla”, ma come ugual promotrice di cultura, capace di andare a rispondere al bisogno vero dell’ uomo, bisogno che deve essere ascoltato sia negli alunni che nei colleghi. Per esempio: davanti alla maestra dell’Infanzia che spiega il “Cosa è questo e cosa è quello”, il bambino, ad un certo punto domanda, anche se non ha la “R” : «Pecché?» Pur piccolo, mostra che gli interessa il perché, prima di tutto. Se so il perché, mi interessa sapere anche il cosa, il dove, il quando, chi e quanto; ma se non so il perché prima o poi non avrò nessun interesse a conoscere. L’interdisciplinarità è auspicabile sempre e significa una profonda collaborazione con i colleghi, ma non tanto perché si debba essere al servizio di una o di un’altra disciplina, quanto piuttosto al servizio dei ragazzi, allora il livello dell’IRC con le altre materie di studio è assolutamente paritetico per giungere all’unità di un sapere significativo per la mia vita.
Quanto ha messo in atto la diocesi di Milano è paradigmatico per tutta Italia? Esiste una linea comune, un filo conduttore tra le varie diocesi nella Pastorale scolastica?
Ciò che è assolutamente comune per tutti è che l’unico titolare della formazione degli insegnanti di Religione è il Vescovo che ha la responsabilità nei confronti della Chiesa Universale e dello Stato.
E’ lui che deve garantire che questi insegnanti siano formati secondo l’Intesa. Ogni diocesi ha il proprio Ordinario che deve proporre un progetto per la formazione permanente degli insegnanti di Religione nel suo contesto sociale e culturale. Nella nostra diocesi, come ho già spiegato prima, abbiamo pensato una articolazione volta a promuovere una concezione comunitaria del lavoro e a impedire, anche a causa della vastità del territorio, una dispersione assoluta di energie e di intenti. Il rischio poi di una inadeguatezza culturale e pedagogica degli insegnanti come in alcuni, per fortuna pochi casi, ho dovuto constatare, ci ha costretto anche a togliere l’idoneità all’insegnamento. Il garante dei docenti è dunque il Vescovo che affida tutto questo agli uffici di Curia che esistono come emanazione diretta del Vescovo. Affinché essi davvero possano conseguire questo scopo, è auspicabile la collaborazione con tutte quelle realtà che a diverso titolo lavorano nella e per la scuola. La responsabilità di raccordo deve rimanere assolutamente all’Ordinario diocesano perché è lui che deve rispondere direttamente alla Chiesa Universale e allo Stato.
Quale ruolo attivo vede da parte delle associazioni, come ad esempio, Diesse, che da qualche anno ha promosso Botteghe di varie materie, tra cui anche quella di Religione e che una volta all’anno, durante il Convegno di Bologna, permette a circa mille tra insegnanti e presidi di lavorare insieme mettendo a punto proposte didattiche oltre che di contenuto e che durante l’anno continua con cadenze trimestrali? Come, secondo lei, potrebbe questo tipo di approfondimento culturale e didattico diventare un contributo nelle diocesi di provenienza di questi insegnanti?
Secondo me è fondamentale il ruolo che hanno le associazioni come Diesse o altre realtà, si tratta di aiutare fondamentalmente gli insegnanti di tutte le discipline a diventare un po’ più competenti di Religione Cattolica. E’ un dato di fatto. Il compito di un’ associazione, come quella di cui lei parla, è lavorare in una profonda collaborazione con le varie diocesi; non sarà quello di formare gli insegnanti di Religione, perché questo spetta al Vescovo, ma piuttosto di aiutare i docenti di tutte le altre discipline, a conoscere i principi fondamentali che hanno strutturato il patrimonio storico del popolo italiano e che, guarda caso, sono esattamente i contenuti di Religione Cattolica.