La ISTech Segatrici di Vanzago (MI) ha chiuso il 2013 con un +13,5%, risultato che porta l’azienda a una crescita di fatturato di oltre il 78% dal 2009 a oggi. L’ottima performance è da attribuire prevalentemente a un forte incremento della domanda interna, mentre sul mercato estero si sono sostanzialmente confermati i dati dell’anno precedente. Tutto questo in controtendenza con i dati di settore, che mostrano un rapporto export su produzione del 76%. Per ottenere questo successo ISTech ha puntato su prodotti di alto standard qualitativo e su un servizio post vendita particolarmente attento, oltre che su una flessibilità aziendale che ha saputo offrire soluzioni costruttive e software “ritagliati” sulle specifiche esigenze dei clienti. «Il 2014 – spiega Alessandro Rescaldani, contitolare e presidente del cda – è iniziato con un parco ordini che copre l’attuale capacità produttiva fino a ottobre. E anche per quest’anno continua il processo di innovazione dei prodotti che interesserà la linea di punta della società, quella delle segatrici a controllo numerico su due colonne di guida destinate ai grandi tagliatori, a chi richiede cioè il massimo della produttività e della precisione di taglio. La nuova linea, che si chiamerà “Power”, presenterà non solo un design rinnovato (che implementerà ergonomia e sicurezza) ma anche soluzioni tecniche volte a semplificare e ottimizzare le operazioni di taglio».
Il 2013 è stata una buona annata per la Istech. È soddisfatto?
Effettivamente nel 2013 abbiamo ottenuto un ottimo risultato, sia reddituale che in termini di fatturato: abbiamo chiuso con un +13,5% sul fatturato del 2012, ottenendo il record storico dell’azienda. Dopo il 2009, che è stato l’anno in cui abbiamo registrato il picco più basso, gli anni successivi sono stati tutti di forte crescita. Ma in questi quattro anni sono cambiate molte cose nella nostra azienda.
Cosa è cambiato, può fare degli esempi?
Dall’inizio della crisi è molto cambiata ad esempio la modalità di lavoro. Abbiamo fatto alcune scelte che, seppur faticose da mantenere, si sono rivelate giuste per il futuro dell’azienda.
Come spiega questo successo?
Prima di tutto siamo riusciti – mi passi la contraddizione – a rendere standard il prodotto creato per il cliente. Abbiamo cioè sviluppato una buona capacità di rispondere alle esigenze specifiche del singolo cliente con un prodotto standard. Siamo cioè diventati bravi a dare un prodotto customizzato a ogni singolo cliente in tempi molto rapidi e a prezzi molto contenuti. Sostanzialmente è questa la ragione del successo ottenuto lo scorso anno e delle buone performance di questi primi mesi del 2014. Bisogna precisare che quello che le sto dicendo riguarda il fronte interno.
Com’è andata invece sui mercati esteri?
Nel 2013 abbiamo registrato una crescita. Ma molto probabilmente perché fino al 2009 abbiamo avuto una politica poco lungimirante.
In che senso poco lungimirante?
Nel senso che di fatto producevamo per altri produttori. Quindi una buona parte della nostra produzione usciva dall’Italia non con il marchio Istech, ma con il marchio di qualcun altro. Con l’arrivo della crisi ci siamo trovati a perdere una larghissima quota di mercato. Da lì siamo ripartiti lavorando sodo e visitando i clienti per ricreare, anzi per creare una vera presenza della nostra azienda all’estero. Da lì arrivano i buoni risultati che abbiamo cominciato a raccogliere. C’è da dire anche un’altra cosa.
Prego.
Sta diventando sempre più facile andare all’estero, c’è meno concorrenza nazionale, e questo è indiscutibilmente un vantaggio sul breve termine, forse lo è di meno sul lungo. Inoltre, stiamo diventando più competitivi sul fronte dei prezzi. Lavorando prevalentemente sul mercato europeo vediamo che siamo diventati competitivi come produttore nazionale rispetto ad esempio ai tedeschi. È il sistema-Paese che a mio avviso, per via della crisi, ha perso capacità di competere sui mercati. Siamo diventati più “economici” rispetto ad altri produttori.
Per quanto riguarda il 2014, quali sono le previsioni?
Stiamo ancora crescendo. Abbiamo commesse molto importanti dall’estero, importanti in termini di fatturato. Anche in Russia o in Cina, dove però la nostra macchina è diventata un pezzo di una linea. Recentemente abbiamo consegnato la prima macchina in Argentina tramite vendita diretta, però anche in questo caso l’ordine è arrivato dalla società madre che è un nostro cliente francese.
Per sopravvivere bisogna innovare continuamente. Voi cosa state facendo su questo fronte?
Torniamo a quello che dicevamo prima. La customizzazione ci sta facendo fare continuamente grossi progetti tecnologici e ci consente di offrire al cliente un prodotto che ha caratteristiche tecniche estremamente avanzate sia in termini di performance di lavorazione, sia per quanto riguarda l’implementazione della macchina utensile all’interno dell’azienda. Ad esempio, via pc facciamo il service a macchine che sono in Norvegia, Danimarca, Spagna. Vuol dire che siamo riusciti a fare di un prodotto molto semplice, di base, qualcosa di tecnologicamente molto avanzato. Stiamo investendo molto sull’innovazione che è sicuramente la chiave principale dei risultati abbiamo ottenuto in questi anni.
Su cosa puntate per il futuro?
Prevalentemente sull’estero. Stiamo vedendo che non abbiamo più la fascia intermedia di prodotto. In Italia vendiamo prevalentemente la fascia bassa, cioè la macchina semplice o con poca automazione. All’estero invece ci richiedono tecnologie che generino un upgrade. In pratica, da noi c’è una sostituzione di macchine obsolete con altre che però sono sostanzialmente dello stesso tipo, solo un poco più recenti. Mentre all’estero vendiamo macchine sempre più evolute.
Può fare qualche esempio?
Un paio di settimane fa abbiamo consegnato in Danimarca una macchina combinata con un robot antropomorfo. Specialmente nel nord Europa, nella penisola scandinava – dove stiamo lavorando benissimo – sempre più di frequente ci viene chiesta la combinazione di una macchina a taglio con dei robot per caricarla e scaricarla. A dicembre dell’anno scorso abbiamo consegnato una di queste macchine anche in Norvegia.
Vuol dire che anche le lavorazioni che vengono effettuate in Italia sono quelle di base?
Mi spiego. Il nostro cliente tipo, fino al 2008, era l’officina meccanica che lavorava per conto terzi. Oggi queste aziende hanno il fiato corto, non hanno più la possibilità di vedere molto distante, quindi hanno sempre molta paura a fare un investimento in nuove tecnologie. Vivono la sostituzione della macchina come una spesa, non come un momento di cambio per innovare e riuscire a soddisfare le nuove lavorazioni che vengono richieste dal mercato. Lo vedo molto anche dal tipo di configurazione che ci viene richiesto per le macchine che forniamo.
Ci sono grosse differenze?
Tutte le macchine che vanno all’estero devono poter utilizzare sistemi di nuova concezione, mentre una richiesta del genere non arriva praticamente mai dall’Italia. Ho l’impressione che da noi ci siamo assestati su lavorazioni di tipo tradizionale, cosa che dipende molto anche dalle dimensione dei nostri clienti italiani. All’estero invece c’è più tensione verso l’innovazione vera. La macchina cioè non viene sostituita perché non funziona più, ma perché c’è una pianificazione di miglioramento del processo per arrivare a un contenimento dei costi o all’abbattimento dei tempi di lavorazione.
Ucimu-Sistemi per produrre prevede per quest’anno una crescita del 5% della produzione. Secondo lei, è un dato attendibile?
Credo che anche quest’anno Istech avrà una crescita di fatturato a doppia cifra. A budget abbiamo un + 15% rispetto all’anno scorso. Anche se siamo solo a marzo, il portafoglio ordini non dovrebbe darmi torto. In questo senso le previsioni elaborate dal Centro Studi e Cultura di Impresa di Ucimu, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, che confermano il 2014 come l’anno della ripresa per il settore, sono ulteriormente confortanti.