Il 13% delle aziende milanesi si dicono pronte a entrare in una rete di imprese. E’ quanto emerge da una ricerca della Camera di Commercio di Milano, secondo cui questo interesse è presente soprattutto nel settore del commercio e nelle società di medie dimensioni, comprese cioè tra 2,5 e 5 milioni di euro di fatturato l’anno. Ilsussidiario.net ha intervistato Massimo Ferlini, presidente della Compagnia delle Opere di Milano e Provincia, per chiedergli di commentare il nuovo studio.
Ritiene che i dati che emergono dalla ricerca della Camera di Commercio siano positivi?
Il risultato che appare da questa indagine è molto positivo. A contare non è il numero assoluto gli imprenditori disposti a entrare in una rete di imprese, quanto piuttosto un nuovo modo di porsi sul mercato da parte delle imprese che richiede tempo e coraggio. I dati della Camera di Commercio indicano un’apertura completamente nuova nella volontà delle imprese milanesi, che si misurano con una capacità profondamente innovativa nel fare rete in grado di stimolare e rilanciare una delle caratteristiche della piccola impresa milanese.
Qual è la vera molla che spinge gli imprenditori a fare rete?
Nel fare rete si prende atto che, in questo periodo di crisi, è sempre più necessario avere questa capacità di mettersi con altri e condividere i bisogni che l’impresa porta avanti. L’elenco delle ragioni individuate nel rapporto corrisponde quindi alle problematiche che quasi tutte le imprese milanesi stanno vivendo in questo periodo con una forte angoscia. Cioè in primo luogo l’accesso al credito, e inoltre l’individuare con maggiore precisione come penetrare i mercati e creare un supporto per la commercializzazione dei prodotti. E’ quindi un’innovazione importante in quanto, di fronte alle problematiche nuove che il mercato pone alle imprese, queste ultime scelgono di mettersi insieme ad altre. In questo modo è possibile affrontare le problematiche nuove che il mercato ci mette di fronte con un taglio completamente diverso. A seconda dei settori, le imprese nel fare rete privilegiano l’aspetto finanziario, piuttosto che quello economico di mercato. Questo fatto però è veramente legato alle problematicità dei singoli mercati e delle esperienze che i diversi operatori portano avanti.
Fino a che punto l’“individualismo” degli imprenditori è realmente qualcosa che frena la nostra economia?
Si tratta in effetti di una delle caratteristiche, e non delle migliori, tipiche del sistema imprenditoriale italiano. Una certa solitudine dei nostri imprenditori è legata innanzitutto alle dimensioni delle aziende, che sono troppo piccole rispetto a quanto richiede la competizione internazionale. Questa situazione si trascina perché viene da una tradizione del nostro modo di fare impresa. Oggi questo non basta più, nessuno vuole perdere la sua autonomia di impresa, ma il sistema delle reti indica una forma nuova di rilancio delle piccole imprese e di capacità di condividere le capacità e le sfide che il mercato pone davanti.
La Camera di Commercio cita Hi-tech 2011, un esempio di rete nella produzione di metalli. Può rappresentare un modello per tutte le imprese milanesi?
Questa è una delle cose più chiare che è emersa dalla ricerca. E’ infatti l’esempio evidente di come quei risultati, non possano essere perseguiti indipendentemente dall’accesso al credito, dalla disponibilità di risorse che singolarmente possono avere, ma è possibile solo se ci si mette assieme e si condividono degli obiettivi. Uno degli aspetti migliori della ricerca è il fatto di indicare le possibilità concrete che hanno le imprese. Il fatto di fare rete, con molta semplicità, si pone l’obiettivo di condividere un progetto, di mettere insieme le forze, le iniziative e le capacità che le imprese hanno ciascuna al suo interno, svilupparne le specializzazioni e riuscire a produrre e a realizzare cose che da sola la piccola impresa non riuscirebbero a perseguire. L’esempio portato da imprese specializzate in diversi settori e capacità produttive è che invece assieme possono porsi il problema di dire “apriamo alla ricerca e sviluppo”. Nessuna di loro da sola poteva porsi un obiettivo di questo tipo.
Qual è il cambiamento culturale richiesto agli imprenditori dall’attuale fase dell’economia?
Come sostiene da tempo la Compagnia delle Opere, concorrere è sia il farsi concorrenza, nell’accezione più sana propria del mercato, sia la possibilità di correre assieme. La radice del termine è questa, e quando lo abbiamo proposto siamo riusciti a darne prova in diversi modi. Durante l’anno per esempio, realizzando il matching con oltre 2mila piccole imprese che dialogano tra di loro. Quella che emerge quindi è una potenzialità enorme, che il sistema imprenditoriale italiano ha di concorrere, cioè di mettersi assieme all’interno dei mercati sviluppando iniziative nuove. La lezione più importante che viene dal sistema rete riguarda quindi il modo in cui oggi è possibile alzare la testa, guardare la crisi e affrontarla in modo diverso.
Lo svilupparsi di rete di imprese è stato favorito dalla Regione Lombardia?
Sia gli interventi della Regione Lombardia, sia le possibilità di finanziamento nazionale sono andate in questa direzione. Il modo positivo in cui è stata colta dagli attori economici la legislazione sulle reti di imprese hanno indicato con i risultati il fatto che c’era un’aspettativa crescente del mondo delle imprese per quanto riguarda la possibilità di sviluppare nuovi modi di collaborazione tra imprese, in modo tale da potere condividere risultati che altrimenti non avrebbero potuto essere perseguiti.
(Pietro Vernizzi)