“Sui trasporti ferroviari in Italia gravano ancora troppi fattori che rendono l’intero settore scarsamente competitivo. Non bastano le gare per l’assegnazione del servizio, come previsto dal decreto liberalizzazioni del governo Monti, per creare un mercato conveniente per i privati”. Lo afferma l’ad di Trenord, Giuseppe Biesuz, secondo cui il primo problema è “la produttività inferiore alla media europea dei lavoratori delle ferrovie italiane. Condivido quindi la decisione del governo Monti di eliminare l’obbligo di applicare i contratti collettivi di lavoro nel settore, su cui purtroppo si è subito registrato il no della Cgil. Tra gli altri fattori critici ci sono il prezzo dei biglietti e l’utilizzo dei trasporti pubblici da parte dei cittadini”. All’estero infatti, sottolinea Biesuz, i biglietti costano di più ma il numero di utenti dei trasporti pubblici è più elevato perché la qualità del servizio è migliore.
Biesuz, è a favore della concorrenza e della liberalizzazione nei trasporti ferroviari?
Assolutamente sì. Lo dimostra il fatto che ho scommesso sull’ipotesi Trenord, costituita da Trenitalia e da Ferrovie Nord proprio per creare un soggetto forte che fosse in grado di misurarsi con il mercato. Bisogna attrarre capitali privati perché ci siano più soggetti che partecipino a queste gare. Se organizziamo una gara e i prezzi a base d’asta non sono convenienti, nessuno parteciperà. L’obiettivo della liberalizzazione quindi è già perso in partenza. Questa esiste solo nel momento in cui c’è competizione. Bisogna quindi creare le regole e le opportunità per la competizione attraverso livelli tariffari e di contributi dello Stato in grado che siano adeguati.
Le ferrovie hanno delle caratteristiche che le rendono differenti dagli settori economici. In quale direzione deve andare una loro liberalizzazione?
La liberalizzazione è sicuramente un processo ineludibile. Occorre però verificare se nel settore dei trasporti esiste un mercato in grado di remunerare il capitale investito grazie ai ricavi da traffico, rendendo così appetibile l’ingresso degli operatori nel mercato. Se queste condizioni ci sono, esiste un mercato e ha senso liberalizzare. Il caso della Lombardia sta dimostrando che queste prerogative fondamentali esistono. Oggi infatti Trenord è una società che remunera il capitale investito, e ha un livello di ricavi tali per cui è in grado di essere appetibile anche per qualche investitore privato.
In seguito al decreto liberalizzazioni, i servizi ferroviari per i pendolari dovranno andare a gara. Può essere un modo per ridurre i ritardi ed evitare i rincari dei biglietti?
Non credo che la gara di per sé garantisca un miglioramento della qualità. E’ solo la disponibilità delle risorse a essere in grado di far partire un circolo virtuoso nel sistema dei trasporti, che incomincia solo da maggiori risorse e investimenti nel materiale rotabile e nelle attività connesse al trasporto, come i sistemi d’informazione e le biglietterie. In questo modo è possibile attrarre ulteriore domanda, aumentando le risorse. E’ ora di finirla con l’idea che siccome l’azienda è pubblica e ha avuto un affidamento diretto, non può raggiungere lo stesso livello competitivo di una società privata che ha vinto una gara.
E’ favorevole alla separazione tra Fs e Rfi decisa dal governo Monti?
La qualità del servizio è data da due aspetti fondamentali: le performance dell’azienda ferroviaria e quelle della rete. Dividere le responsabilità rende quindi più difficile raggiungere livelli qualitativi adeguati. La vera riforma che andrebbe introdotta è un’altra. Rfi dovrebbe sottoscrivere con le società che si occupano del servizio dei contratti adeguati, che trasformino il gestore dell’infrastruttura ferroviaria in un fornitore delle aziende che svolgono il servizio di trasporti. Le norme di accesso all’infrastruttura devono inoltre essere assolutamente controllate da un’authority indipendente.
In che senso?
Nel momento in cui un soggetto privato vince la gara, deve avere la certezza matematica di potere accedere all’utilizzo dell’infrastruttura alle stesse regole dei proprietari dell’infrastruttura. Occorre quindi un’authority che garantisca questa parità di trattamento.
Quali saranno gli effetti dell’eliminazione dell’obbligo di applicare i contratti collettivi di lavoro nel trasporto ferroviario?
Io sono un convinto assertore di questa novità introdotta dal governo Monti. Ho letto le dichiarazioni del segretario della Cgil, Susanna Camusso, che si schiera contro l’eliminazione dell’obbligo dei contratti collettivi di lavoro. Questo passo però è ineludibile per almeno due motivi. Il primo è il recupero di produttività che le nostre aziende devono compiere rispetto alla media europea. Se vogliamo creare le condizioni di mercato dal punto di vista dei ricavi, dobbiamo farlo anche dal punto di vista della competizione. Una società italiana come Trenord o Trenitalia ha una produttività di 10mila treni/chilometro per addetto, contro i 19mila della Germania e una media europea di 14mila. Se non si riapre a una nuova forma di contrattazione, costruendo un contratto di tipo diverso che calmieri i costi e aumenti la produttività, non andremo da nessuna parte. Il secondo motivo è che finalmente il settore ferroviario deve avere un contatto aziendale che consenta di eliminare tutta una serie di situazioni che oggi sono antistoriche.
Secondo l’ad di Fs, Mauro Moretti, per risolvere il problema dei pendolari “bisogna comprare altri treni” e per poterlo fare “le tariffe devono arrivare ai livelli minimi europei”. Condivide questa presa di posizione?
E’ difficile confutare questa affermazione. Ma se aumentiamo la produttività, riduciamo i costi e le aziende avranno maggiori capacità di investire. Trenord lo ha già dimostrato investendo 250 milioni di euro in materiale rotabile, e altri 100 milioni di euro saranno investiti nelle prossime settimane. Resta il fatto che oggi gli incassi per passeggero/chilometro in Italia oggi sono pari a 13 centesimi, mentre in Francia e Germania sono pari a 22/23 centesimi. Mentre l’incidenza dell’utilizzo dei trasporti di massa in Italia è pari al 12%, contro il 25/26% dell’Europa.
Le liberalizzazioni del governo nel settore dei trasporti pongono definitivamente fine al progetto di fusione tra Trenord e Atm?
Non credo. Trenord ha già compiuto una fusione due anni fa e quindi è pronta a partecipare alla liberalizzazione del mercato e a tutte le gare. Soggetti forti e in grado di integrare i livelli urbano ed extraurbano hanno maggiori possibilità di scommettere su questa novità. Anche perché la competizione avverrà soprattutto nelle grandi aree urbane come Milano.
(Pietro Vernizzi)