Non sono un nemico della giunta Pisapia. Anche se al ballottaggio votai Moratti (e ne pagai le conseguenze) non ho alcuna preclusione ideologica nei confronti di questo governo cittadino. Forse però dovrei averne qualcuna, specialmente quando l’ideologia interviene pesantemente nella progettazione della città.
I casi sono diversi, e riguardano sfere molto diverse della vita cittadina. Non starò a elencarli. Preferisco concentrarmi sulla nuova versione del Pgt e sui pensieri che alcune decisioni prese in sede programmatica suggeriscono.
Premetto che queste decisioni non mi sono affatto sfavorevoli. Io giro Milano a piedi e sui mezzi pubblici, vivo nella semiperiferia ma raggiungo il centro in venti minuti a passo svelto, e non c’è dubbio che quelli come me non hanno che vantaggi dall’istituzione dell’area C.
Però è anche vero che, pur non essendo affatto ricco, questi aspetti della mia vita la fanno somigliare a una vita da persona ricca. Chi fa il mio mestiere finisce di lavorare tardi, spesso tardissimo, ma in compenso può alzarsi la mattina con più agio (Dio permettendo), andare al bar a prendersi un cappuccino senza dover correre, fare due chiacchiere col portinaio. Potrei far parte della razza di quelli che girano Milano in bicicletta, per intenderci: gente perlopiù del ceto alto.
È su questi aspetti della mia vita di cittadino che mi sento favorito. L’area C migliora la viabilità nel centro, dove è più spedita perché rarefatta. Rispetto all’Ecopass, l’area C ha un’apparenza più equa: pagano tutti, non soltanto i poveri che, come me, tirano avanti con una Opel datata 1999. I possessori di fiammanti suv (tipica auto di destra) sono finalmente serviti.
Pur non essendo di sinistra faccio una vita di sinistra. Ed è questa anomalia a rendere gradevole ai miei occhi il progetto urbano della giunta Pisapia. Un progetto che però alla lunga piacerà non tanto a me ma soprattutto alla gente ricca, a chi è nato e si muove solo dentro la Cerchia dei Navigli, a chi non deve dannarsi l’anima per mantenere la famiglia, a quelli insomma che sono da molto tempo i veri destinatari della politica di sinistra, nata per i poveri e finita – per quel fenomeno storico che Del Noce denominò “eterogenesi dei fini” – a servire i nemici di un tempo.
Area C, abolizione del grande Tunnel Linate-Fiera, moltiplicazione delle piste ciclabili, ampliamento dell’area di parcheggio a pagamento.
Uno dei profeti plaudenti di questo progetto è il simpaticissimo Marco Romano, che sul “Corriere” di ieri racconta come dev’essere Milano per essere bella (ma anche uguale a tutte le altre città): chiusura del centro ai Navigli, ripristino del nucleo urbanistico antico, ripavimentazione con preferenza per gli acciotolati.
Ricordate la vecchia pubblicità Renault, “progettiamo uomini felici”? Così sembra voler fare la nostra giunta. Anche se parlano di social housing, l’abbassamento degli indici di edificabilità e la rarefazione e il rallentamento della città conseguenti non lasciano immaginare una politica a favore dei meno abbienti.
Il rendering urbano che i nostri governanti hanno in mente è chiaro. Basta chiudere gli occhi e la Milano felice che hanno sognato comparirà subito dentro di voi: poche automobili, un centro storico tutto negozi bar e ristoranti, con tanta gente che passeggia, si sofferma davanti a una vetrina, sorride, e coppie (omo e etero) sedute nei ristorantini, a guardarsi negli occhi, o in bicicletta lungo una delle tante “vie verdi”, liete come nelle pubblicità dell’acqua minerale. Il cielo sarà perlopiù sereno, la temperatura prevista sarà tra i quindici e i venticinque gradi centigradi.
Non trovate che ci sia qualcosa di strano in tutto questo? Se non avete indovinato, ve lo dico io. Manca tutta quella Milano che corre, sempre indaffarata a laurà, per fa i danee, per andare dal prestinee e dal formagiatt per dar da mangiare ai fiöe. E non parlo di vecchi milanesi, parlo anche di egitto-milanesi, filippino-milanesi, peruviano-milanesi, ucraino-milanesi e così via.
Resta l’altra Milano, quella vagheggiata dal mio amico Marco Romano: così uguale a tutte le altre città da non conoscere più quell’inquietudine fattiva, che è il suo marchio d’origine.
Questo sogno è peraltro difficile da realizzare. Il centro avrà meno uffici e più abitanti, e le automobili diminuiranno di numero fino quasi a scomparire, sia perché chi deve andare a lavorare andrà altrove (fuori dall’area C), sia perché gli abitanti saranno gente che non ha bisogno di andare in giro in macchina. Ci saranno come detto più negozi, bar e ristoranti, e perciò più furgoni per il rifornimento, visto che il centro di Milano non produrrà più ricchezza, ma la incasserà soltanto in cambio di beni di consumo erogati. Ci sarà insomma da convincere un bel po’ di persone, ditte, aziende, studi, uffici…
Sorgono altri interrogativi. Il tunnel che non c’è più, per esempio. Qual è il progetto alternativo per il collegamento tra Linate e la Fiera? Forse quello di una semi-dismissione del Forlanini (follia) a favore di un definitivo lancio di quello che per ora è il peggior aeroporto del mondo, vale a dire Malpensa 2000? Come intendono risolvere il problema infrastrutturale? Con un’autostrada ad hoc? Con l’istituzione di una mini-tav? Oppure, in alternativa al tunnel, vogliono congiungere Linate e Rho-Fiera con una tangenziale esterna?
Secondo interrogativo: ho sentito politici milanesi di sinistra dire, a ragione, che gran parte della scommessa economica di Milano sta nello snellimento delle comunicazioni: la città deve abbreviare i tempi di percorrenza. Qui, viceversa, tra abolizione del tunnel, rarefazione della superficie abitativa, biciclette e area C, i tempi crescono. Non ditemi che questo assetto favorirà i poveri, gli immigrati e chi deve sudare sette camicie per campare. Per questo non credo molto, per adesso, nemmeno alla promessa di nuovi alloggi popolari: mi ricorda il famoso milione di posti di lavoro promesso a suo tempo dal Berlusca.
Altro interrogativo: l’allargamento dell’area di parcheggio a pagamento. Marco Romano lo dice a chiare lettere: bisogna far fuori le macchine. La vecchia immagine delle vie cittadine intasate di auto parcheggiate andrà dimenticata. Volete parcheggiare sotto casa vostra? Pagate. Non sapete che è suolo pubblico? Oppure compratevi un posto in un parcheggio sotterraneo, o un box da qualche parte, o vendete la macchina, o andate a vivere alle Eolie: in tutti i casi inquinerete meno, sarete più virtuosi, forse addirittura più buoni. Certo, dovrete anche diventare tutti ricchi, ma questo è affar vostro.