Gasperini, Bisoli, Giampaolo, Mihajlovic, Ficcadenti, Di Francesco, Mangia, Malesani, Colomba, Tesser, Mondonico: benvenuti nel girone dantesco degli allenatori esonerati. La new entry di oggi si chiama Ballardini, allontanato da Cellino dopo il set (6-3) patito a Napoli nell’ultima giornata di campionato. Fine dunque della Ballardini revolution, terzo atto della saga dell’allenatore ravennate sulla panchina cagliaritana. Al suo posto, con tutta probabilità, tornerà Massimo Ficcadenti, già provato (e puntualmente silurato) ad inizio stagione. Considerando anche la recente vicenda Tesser, esonerato e richiamato un mese dopo dal Novara, tornano a galla alcune domande. Cosa spinge una società ad agire in questo modo? Questo gran cambiare è salutare? Perchè la tecnica del “riuso”? Forse, a volte basterebbe un pò di pazienza in più, per non dover finire come Zamparini a “mangiarsi i testicoli” (testuale) vedendo un Pioli che fa miracoli col Bologna, dopo esser durato due settimane a Palermo. Per provare a dare una risposta, ilSussidiario.net ha intervistato in esclusiva Giorgio Perinetti, attuale direttore sportivo del Siena. Ecco le sue impressioni:
E’ rimasto sorpreso dall’ennesimo esonero di Ballardini?
Mah, in questo campionato siamo arrivati al quindicesimo esonero, quindi… E’ un vezzo che come società italiane abbiamo, sorprendersi diventa una cosa un pò ipocrita. E’ una prassi a cui ricorriamo spesso e volentieri, a dir la verità un pò troppo spesso.
Per il Cagliari ora si riparla di Ficcadenti: come spiega questo fenomeno di “riciclo”?
E’ un problema anzitutto economico. Quando si allontana un allenatore si mandano via anche 4-5 collaboratori, quindi la spesa è veramente improba. Per cui si cerca sempre di recuperare gli allenatori già sotto contratto, già pagati, con i rispettivi staff.
Solo motivazioni economiche dunque?
Beh, oltretutto l’allenatore che ritorna ha già una conoscenza della squadra e dell’ambiente.
Un gruppo di giocatori come può essere influenzato da un andirivieni del genere?
Questo fatto di solito segna annate non propriamente positive. E’ normale che poi la confusione sia totale. Si cerca di dare la cosiddetta scossa, però è ovvio che un andirivieni di allenatori non può che sconcentrare la rosa.
Come mai quest’anno le scosse tendono a non arrivare in maniera continua? Pensiamo a Cesena, Fiorentina, Genoa, la stessa Inter…
Sono casi diversi, però sono tutte annate segnate da qualche scelta poco felice fatta all’inizio del campionato. Qualche giocatore su cui si puntava molto non ha reso, gli infortuni…ci sono una serie di situazioni che non può aggiustare solo il cambio d’allenatore.
A questo punto della stagione, cosa può dare in più un allenatore di ritorno rispetto ad uno nuovo?
Un allenatore nuovo dovrebbe ripartire da zero, cosa che a dieci giornate dalla fine può diventare impossibile. Però io non sono molto convinto che il cambio di allenatore sia così propedeutico ad un riscatto immediato della squadra.
Ci vorrebbe davvero più pazienza, anche a scapito dei risultati?
Sicuramente sì.
Come fare con i presidenti cosiddetti vulcanici? Si andrà sempre avanti così?
In generale, cambiare 15 allenatori era una pratica cui una volta si ricorreva in Serie C, o in B… la serie A era più conservatrice. Ora è scoppiata la moda anche nella massima serie, ma ripeto: io non lo ritengo la migliore soluzione. Infatti in carriera ho sempre cercato di cambiare poco.
Quanto incide il ruolo del direttore sportivo in una situazione di questo tipo?
Dipende anche da presidente a presidente. Io ho la fortuna di lavorare avendo piena responsabilità, quindi questo problema non ce l’ho. Però è chiaro che oggi i presidenti, visto che le società sono industrie, aziende di grande fatturato è ovvio che vogliano cercare in prima persona di decidere.
Quanto potete influenzare i presidenti?
Il direttore sportivo può consigliare, ma quasi mai decide in libertà.
(Carlo Necchi)