Il rapporto dell’Osservatorio sulla criminalità del Cnel conclude che Roma è la capitale della contraffazione cinese in Italia (ma in altre Province e città si addensa il crimine violento delle gang provenienti dalla Cina). In sintesi. mentre fino ai primi anni del 2000, spiega l’Osservatorio del Cnel, il fenomeno era di modeste dimensioni, oggi costituisce il principale business della criminalità cinese, a cui prendono parte esponenti delle organizzazioni mafiose italiane. Tale attività ha in gran parte soppiantato le forme di accumulazione illecite del recente passato, che gravitavano intorno alla gestione dell’immigrazione clandestina. Che a livello nazionale resta, però, il reato più diffuso fra i cittadini cinesi residenti nel nostro Paese. I dati essenziali sono stati diffusi il 18 maggio in occasione della presentazione del documento Cnel, alla presenza del Ministro dell’Interno Roberto Maroni i quale ha sottolineato che “la capacità di infiltrare il tessuto economico italiano” delle organizzazioni criminali cinesi “è fortissima, pari a quella della ‘ndrangheta, con rischi molto elevati” “Il fenomeno dell’immigrazione cinese ha avuto un aumento notevole – ha proseguito Maroni – I cittadini regolarmente residenti in Italia nel 1980 erano qualche centinaio, ora sono circa 200mila. I cinesi tendono a rimanere e insediarsi nel territorio, fanno venire qui i loro familiari e creano comunità spesso chiuse con una forte identità, come tante piccole Chinatown. Questo porta a criticità, come quella di via Paolo Sarpi a Milano”.
Più che tornare sui dati già pubblicati, od in corso di pubblicazione , è interessante scavare nelle determinanti che fanno Roma e le zone limitrofe il centro della contraffazione cinese in Italia.
Una statistica è eloquente: la locazione mensile di un capannone industriale di circa mille metri quadrati va da 10.000 a 20.000 euro nella capitale mentre a Milano è attorno ai 6.000 euro ed a Prato tra i 2.500-3.000. Segno evidente del maggior valore aggiunto nella capitale che nel Nord. E’ utile che ricordare che si tratta di “mafia minore”, non a rami della grande Triade che opera nel mondo della droga, della finanza e del crimine organizzato alla grande. Pur se “minore” non solamente è elemento di concorrenza scorretta (oltre che illegale) nei confronti piccole e medie imprese e di “distretti industriali” a ragione della “specializzazione produttiva”della contraffazione ma inquina la società: nel 2010, -documenta il rapporto Cnel – la Guardia di Finanza ha sequestrato circa 110 milioni di prodotti falsi “made in China”, soprattutto giocattoli, capi d’abbigliamento, accessori e beni di consumo. Un indicatore che esemplifica la rilevanza del fenomeno è il prezzo d’affitto per metro quadrato dei capannoni lungo la Casilina e la Prenestina, dove viene momentaneamente allocata la merce sdoganata dai porti di Napoli e di Civitavecchia, in attesa di entrare nel circuito della distribuzione commerciale. La prima determinante che porta a Roma il “tarocco cinese” è di lungo periodo. Roma ed il suo hinterland sono stati caratterizzati per secoli da “Soft Government”. Nel’Ottocento, la burocrazia dello Stato Pontificio veniva considerata tra le più “oliabili” di Roma : lo dimostrano indirettamente le decine di sonetti del Belli dedicati al fenomeno e come l’editore Ricordi riuscisse a ottenere il visto di censura fare rappresentare al Teatro Apollo a Tor di Roma opere di Verdi (come “Un Ballo in Maschera) vietate in tutta Europa.
Pio IX tento di rimediare almeno in parte a questi problemi e nominò, a questo scopo, Pellegrino Rossi Primo Ministro dello Stato. Ma, come è noto, il povero Pellegrino Rossi venne accoltellato sulle scale del Palazzo della Cancelleria il 15 novembre 1848. Forze molte profonde si opponevano al miglioramento. Ancora oggi, Roma è caratterizzata da “Soft Government” : lo dimostrano episodi piccoli (il caos del parcheggio abusivo e dei marciapiedi occupati da tavolini anche essi abusivi, gli scandali dei servizi pubblici, i piccoli Madoff dei quartieri alti). Il premio Nobel Douglas C. North ha dimostrato che “history does matter”, il percorso storico su cui camminiamo conta. Robert Putman, dell’Università di Harvard, distinto e distante , quindi, dalle nostre beghe, ha dimostrato, al termine di uno studio empirico durato un quarto di secolo, che Roma ed il Lazio sono più “porosi” del resto d’Italia (anche se amministrati meglio di molto altre Regioni). I cinesi del “tarocco” lo sanno; fanno un semplice calcolo delle probabilità e concludono che a Roma e dintorni è più difficile essere “beccati” e “sanzionati”.
Inoltre, l’agglomerato urbano è cresciuto da 250.000 persone (quando i bersaglieri attraversano Porta Pia) ad oltre quattro milioni. In una crescita tanto rapida, il “capitale sociale” (ed il “controllo sociale” che comporta) si diluisce sino a sparire. Quindi a determinanti antiche se ne sono aggiunte nuove con cui chiunque abbia il mandato di governare su Regione, Provincia e Città ha bel da fare a contrastare e contenere.
Infine, la logistica: lo stesso documento Cnel dimostra come i porti del Tirreno vengono considerati approdi più facili di quelli dell’Adriatico.