La tecnologia ha assunto negli ultimi decenni un ruolo sempre più rilevante e pervasivo; l’elettronica e le telecomunicazioni hanno modificato profondamente il nostro modo di lavorare, di divertirci, di comunicare. Abbiamo assistito a una impressionante sequenza di innovazioni tecnologiche in tutti settori produttivi: nei servizi, nei trasporti, nella sanità e non si vede alcun segnale di saturazione; semmai, il ritmo dell’innovazione sembra aumentare.
Tuttavia non è un fatto nuovo che l’avvento di una tecnologia possa avere un impatto rivoluzionario sull’economia e sulla vita sociale e individuale delle persone. La storia dell’umanità è costellata di innovazioni tecnologiche che hanno determinato cambiamenti epocali: senza risalire all’aratro e alla ruota, basti pensare alla stampa, alla macchina a vapore, all’elettricità, al telegrafo, al telefono, all’automobile e all’aeroplano, per limitarci a pochi esempi.
Ciò che caratterizza i nostri tempi non è tanto l’innovazione in sè, quanto l’accelerazione del ritmo dell’innovazione. Nei secoli scorsi, i grandi cambiamenti potevano essere assorbiti attraverso il ricambio generazionale; oggi, l’accelerazione fa sì che diverse innovazioni di portata analoga ai cambiamenti epocali del passato avvengano più volte nel corso della vita di una persona. Mentre la frequenza dei cambiamenti è andata progressivamente aumentando, i tempi di sviluppo e di apprendimento delle persone sono rimasti sostanzialmente invariati.
Oggi, la durata del ciclo di formazione di un ingegnere, dalla scuola primaria all’università, è di gran lunga superiore al tempo di sviluppo di un prodotto rivoluzionario. Questo progressivo scostamento dei ritmi di innovazione tecnologica rispetto ai ritmi propri dell’essere umano crea evidenti scompensi sia nella vita personale di ciascun individuo (difficoltà a stare al passo con i tempi), sia nei rapporti tra generazioni (digital natives).
C’è una tecnologia che più delle altre ha spinto questa accelerazione; è una tecnologia abilitante e pervasiva che per oltre cinquant’anni è progredita a ritmo esponenziale (nessun’altra tecnologia ha avuto una simile evoluzione): si tratta della micro-nanoelettronica.
In questo breve contributo sarà messa in luce l’importanza della microelettronica, sarà riassunta l’evoluzione tecnologica dalla micro alla nanoelettronica e saranno illustrate le attuali tendenze di sviluppo.
L’importanza della microelettronica
È opinione diffusa che il transistore sia stata l’invenzione più importante del XX secolo. La prima immagine mostra il dispositivo che Bardeen e Brattain svilupparono nel 1947, nei Bell Labs; per questa scoperta ricevettero nel 1956 il premio Nobel per la fisica, in associazione con Shockley, che nel 1949 realizzò il primo transistore a giunzione, il prototipo dei transistori a stato solido.
[A sinistra: Il transistore a contatto (a baffo di gatto) realizzato nel 1947 da Bardeen e Brattain (Bell Labs)]
In realtà, il transistore in sé non avrebbe determinato i rivoluzionari sviluppi dell’elettronica, dell’informatica e delle telecomunicazioni cui abbiamo assistito negli ultimi sessant’anni. Con i transistori si sono realizzate le prime radioline e anche qualche elementare computer; se però fossimo rimasti fermi ai dispositivi a stato solido discreti, i singoli transistori, non sarebbe successo quasi nulla di quello che poi è successo.
A determinare lo sviluppo dell’elettronica moderna è stata soprattutto l’invenzione del circuito integrato; è stata cioè la possibilità di realizzare più transistori, più componenti attivi, sulla stessa basetta di materiale semiconduttore, tipicamente silicio.
A destra è riportato il primo circuito integrato su germanio realizzato da Kilby nei laboratori della Texas Instruments; per questo dispositivo, nel 2000, è stato assegnato a Kilby il premio Nobel per la fisica.
A sinistra vediamo il primo circuito integrato a 7 transistori, realizzato in tecnologia planare su silicio: è il prototipo della tecnologia che si è poi affermata e ha permesso lo sviluppo dei circuiti integrati. Robert Noyce nel 1961 ha sviluppato questa tecnologia in Fairchild Semiconductor ed è stato poi uno dei fondatori di Intel. Dalla Fairchild e da questo prototipo è partita la storia dei circuiti integrati e della microelettronica.
Cos’è quindi un circuito integrato?
È un completo sistema o sottosistema elettronico, realizzato con un unico processo di fabbricazione, su uno stesso substrato.
A destra è riportato un circuito integrato realizzato nella fine degli anni ’90 in tecnologia C\MOS da 0,25mm (STMicroelectronics) che, meglio dei processori odierni, permette di identificare chiaramente regioni del chip con aspetto differente.
Le regioni più ordinate sono aree di memoria, dove vengono immagazzinati i dati, mentre la regione che assomiglia alla mappa di una città americana, con strade che si incrociano a angolo retto, contiene la logica.
Si tratta di un microcontrollore, un circuito integrato che da solo può svolgere funzioni logiche e di calcolo e che ha a bordo memorie non-volatili per gestire i programmi applicativi; può essere l’unità di controllo di un intero apparecchio (es.: un elettrodomestico o un utensile a controllo numerico) o di una sua parte (es.: l’ABS di un’automobile). Il caso estremo è rappresentato dalle smart card, nelle quali l‘intero sistema è costituito da un singolo chip.
Come anticipato nell’introduzione, la microelettronica è una tecnologia abilitante e pervasiva:
è abilitante perché ha reso e rende possibili nuove applicazioni altrimenti inconcepibili (ad esempio: PC, cellulari, laptop, smartphone, tablet, robotica, elettronica nell’automobile, domotica, video games,…)
è pervasiva perché investe tutti i settori industriali e la quasi totalità delle applicazioni.
Questi due attributi, determinanti per capire l’importanza della microelettronica, spiegano l’evoluzione dell’industria dei semiconduttori, il cui fatturato mondiale in funzione degli anni è riportato nell’immagine che segue.
Fatturato mondiale dei semiconduttori; aumento di 4 ordini di grandezza in 55 anni: crescita annua media di circa il 12%
Se si trascurano le oscillazioni legate alla variabilità ciclica tipica di un mercato di componenti, il fatturato della microelettronica è cresciuto a un ritmo costante del 15% annuo per quarant’anni; a partire dal 2001 il tasso di crescita si è ridotto, non solo per effetto del rallentamento dall’economia globale, ma soprattutto perché il fatturato dei semiconduttori non poteva continuare a crescere indefinitamente a un ritmo superiore al mercato globale dell’elettronica, di cui rappresenta una parte.
La crescita del mercato della microelettronica è stata sostenuta dalla continua successione di diverse innovazioni radicali a valle (killer applications) rese possibili dall’evoluzione della microelettronica stessa. Lo sviluppo iniziale è stato alimentato dalle commesse per la difesa, poi c’è stato il periodo dei grandi calcolatori per gli enti pubblici e le grandi società, quindi sono arrivati il computer da ufficio e i personal computer, poi tutti gli strumenti portatili, dal telefono, alle fotocamere digitali, all’MP3 player e ai digital organizer.
Ora siamo nella fase della convergenza, perché l’evoluzione della tecnologia ha permesso che tutte queste funzioni digitali e multimediali, inizialmente fornite da singoli dispositivi specializzati, possano oggi essere implementate in uno stesso apparecchio: uno smartphone o un tablet supporta tutte queste funzioni.
Ciascuna delle killer application ha avuto il suo tipico ciclo di sviluppo sigmoideo (e spesso ha visto un declino) ma la microelettronica ha continuato a crescere perché ha sostenuto tutti i successivi cicli di mercato delle varie applicazioni (ad esempio, la successione mainframe computer-server-PC-laptop-tablet).
Se il mercato annuo dei semiconduttori ha raggiunto dimensioni dell’ordine dei 250 miliardi di euro, tutta l’industria elettronica, alimentata dalla microelettronica, vale quattro volte tanto, quindi un migliaio di miliardi di euro.
Se consideriamo anche il mercato dei prodotti finali, come l’automobile, gli elettrodomestici, i sistemi elettromedicali, l’automazione industriale e tutta l’area dei servizi legati alla rete e alle telecomunicazioni, possiamo dire che il valore economico complessivo di tutto ciò che dipende dalla microelettronica è di circa 5000 miliardi di euro.
Impatto economico globale
L’evoluzione dalla micro alla nanoelettronica
L’altra caratteristica peculiare della microelettronica, anticipata nell’introduzione, è il progresso tecnologico a ritmo esponenziale mantenuto per oltre cinquant’anni; un’evoluzione, si diceva, senza paragoni nell’ambito delle tecnologie industriali.
Fin dall’inizio, lo sviluppo tecnologico dei circuiti integrati ha mirato a ridurre le dimensioni dei componenti elementari, in modo da poterne integrare sempre di più su un singolo chip e realizzare così sistemi sempre più complessi e potenti.
Il grafico che segue riporta, per diverse famiglie di processori, il numero di transistori integrati nel chip in funzione dell’anno di fabbricazione: la scala delle ordinate è logaritmica e il fatto che i dati tendano a disporsi lungo una linea retta significa che, per 40 anni, la crescita del numero di transitor per chip è stata esponenziale.
Evoluzione negli anni del numero di transistor contenuti nei processori
La legge di crescita, il raddoppio ogni anno del numero dei componenti, era stata prevista a metà degli anni Sessanta, da Gordon Moore, co-fondatore di Intel, e viene spesso citata come la «legge di Moore».
In realtà non è una legge; è la previsione, sulla base dei pochi dati disponibili a quella tempo, di una tendenza che, a meno di una correzione sulla velocità di crescita, si è poi confermata per oltre 40 anni, fino a giorni nostri.
Ma non sono stati solo la dimensione del singolo componente e, di conseguenza, il numero di transistor per chip a seguire in questi anni uno sviluppo esponenziale. La riduzione delle geometrie si è tradotta in pari misura nell’aumento della velocità di commutazione, quindi nell’aumento della frequenza, nella riduzione della potenza dissipata e nella riduzione del costo di ogni singolo componente elementare.
Tutti questi fattori sono stati egualmente determinanti per l’evoluzione delle applicazioni: non ci sarebbe l’elettronica portatile se non si fossero ridotti i consumi al punto che le funzioni complesse che 30 anni fa potevano solo essere eseguite da calcolatori che occupavano una stanza e consumavano chilowatt di potenza, sono oggi svolte da un telefono cellulare, alimentato da una batteria.
Analogamente, mainframe con prestazioni inferiori a un odierno PC del costo di qualche centinaio di dollari, costavano decine di milioni di dollari ed erano accessibili solo alle grosse società. Sono tutti fattori necessari per rendere possibile la maggior parte delle applicazioni moderne dell’elettronica: lo smartphone non esisterebbe se non ci fossero i circuiti integrati!
[A sinistra: 128Gbit MLC NAND (Micron)]
La più alta densità di integrazione si ottiene con le memorie, perché le celle di memoria sono disposte in maniera ordinata in una organizzazione a matrice. Oggi, la memoria in commercio di maggiore capacita è il 128 gigabit di memoria flash (singolo chip). Quindi, tenendo conto che si tratta di memorie che immagazzinano due bit per cella, la densità della matrice in questo chip è di oltre 50 miliardi di transistori (celle) per cm2.
L’incremento di densità, come detto, è stato reso possibile dalla continua riduzione delle dimensioni dei componenti elementari.
Le successive generazioni tecnologiche dei processi di fabbricazione dei circuiti integrati sono identificate dalla dimensione delle geometrie minime che possono realizzare: nel 1970 le dimensioni erano dell’ordine dei dieci micron (μm, milionesimo di metro) e oggi sono dell’ordine dei dieci nanometri (nm, miliardesimo di metro), si sono cioè ridotte di tre ordini di grandezza in 40 anni.
Normalmente si identificata nei 100 nm la soglia per definire il perimetro delle nanotecnologie; la microelettronica ha superato questa soglia all’inizio dello scorso decennio e, attualmente, la nano-elettronica è di gran lunga la più importante delle nanotecnologie.
I processori più avanzati sono oggi prodotti in tecnologia da 14 nm e si introdurranno a breve processori in tecnologia da 10 nm; le memorie NAND più avanzate sono prodotte in tecnologia da 15nm. A livello prototipale, è già stata dimostrata la possibilità di realizzare transistori con dimensioni inferiori ai 10 nm; si prevede, quindi, che l’evoluzione continui ancora per qualche generazione.
La corsa alla miniaturizzazione estrema non è, però, l’unico filone di sviluppo della microelettronica. I sistemi elettronici devono interfacciarsi con il mondo reale e, per fare questo, hanno bisogno di sensori e di attuatori.
Schematicamente, un sistema elettronico è fatto da una parte centrale, il «cervello», che sovraintende alle funzioni di memoria ed elaborazione dati, e da una parte periferica che comprende tutte le interfacce con il mondo esterno.
Tradizionalmente, la microelettronica si occupava solo della parte centrale e la componentistica di altro tipo (elettromeccanica, tubi a vuoto, dispositivi discreti di potenza) si occupava delle interfacce verso il mondo reale; ormai la microelettronica, o quantomeno la sua l’infrastruttura tecnologica basata sul silicio, ha iniziato a presidiare pesantemente anche questa parte dei sistemi.
Da 20 anni nella microelettronica coesistono due filoni di sviluppo: uno continua a perseguire la miniaturizzazione e l’aumento di densità come sua forza trainante, ed è chiamato more Moore, l’altro, chiamato more than Moore, sfrutta le tecnologie microelettroniche per implementare funzioni diverse.
Una delle più importanti tecnologie del filone more than Moore è quella dei MEMS (sistemi micro-elettro-meccanici). Oltre alle note proprietà elettriche, il silicio ha anche ottime proprietà meccaniche; l’infrastruttura tecnologica della microelettronica consente di sfruttare queste proprietà per realizzare sistemi meccanici su scala micrometrica e permette anche di integrare o interfacciare direttamente questi micro-sistemi meccanici con l’elettronica di controllo.
Si possono realizzare oggetti come quello mostrato nell’immagine che segue, che è anche molto apprezzabile dal punto di vista estetico. E’ un esempio di sensore inerziale, in cui ci sono due parti interdigitate, una fissa e l’altra sospesa; in presenza di una accelerazione angolare, la distanza relativa tra le due parti si modifica a causa dell’inerzia della parte sospesa. La variazione dalla distanza tra le due parti può essere rilevata misurando la capacità elettrica della struttura. In questo modo si realizza un sensore di rotazione.
Dettaglio di un sensore inerziale (STMicrolectronics)
Oggi, tutti i telefoni cellulari e i tablet sono dotati di sensori inerziali che consentono di mantenere verticale l’immagine sullo schermo quando si ruota l’apparecchio. È grazie a sensori inerziali MEMS che le console dei videogiochi consentono all’utente di giocare simulando movimenti reali. Giroscopi micromeccanici permettono ai telefoni cellulari di non perdere la localizzazione quando si cammina all’interno degli edifici.
Un’altra applicazione di successo delle tecnologie more than Moore è l’imaging.
Anche le macchine fotografiche di alta gamma sono ormai dotate di sensori digitali realizzati su silicio; i sensori delle fotocamere sono matrici di transistori e condensatori, coperti da strati di materiali dielettrici trasparenti, opportunamente lavorati, che fanno da filtri di colore e da lente per ciascun pixel.
Attuali trend evolutivi
Nel paragrafo sull’importanza della microelettronica, abbiamo visto quali sono state le principali applicazioni che hanno sostenuto in passato la crescita del mercato della microlettronica fino alle dimensioni attualmente raggiunte.
Quali sono oggi le applicazioni che continuano a trainare lo sviluppo tecnologico e ad alimentare la crescita del mercato?
Dimensioni e crescita dei vari settori applicativi
Il grafico precedente riporta sulle ordinate la quota percentuale del mercato totale dei semiconduttori che compete a ciascun settore applicativo. L’asse delle ascisse mostra la crescita percentuale annua prevista nel quinquennio 2012-2017, mentre il raggio dei cerchi è proporzionale al valore del fatturato annuo, riportato anche in cifre, del singolo settore applicativo.
Nella parte superiore del grafico si posizionano le applicazioni dominanti, mentre a destra si trovano quelle che crescono più rapidamente; è evidente che le applicazioni più interessanti sono quelle che occupano la parte in alto a destra del grafico.
I PC standard costituiscono ancora una delle applicazioni dominanti, ma sono praticamente arrivati a saturazione e non si prevede che il loro mercato possa ulteriormente crescere; i settori che stanno crescendo di più sono quelli legati alla mobilità (telefonia mobile, tablet e comunicazioni wireless). In altri termini, applicazioni che crescono maggiormente e che continueranno a trainare lo sviluppo per i prossimi anni, sono gli strumenti portatili multimediali di comunicazione ed elaborazione dati.
Prevale quindi la domanda di tecnologie d’uso personale che consentano a ciascuno di noi di essere sempre connesso, di operare in rete, di accedere ai propri dati, di lavorare, di leggere, di ascoltare musica, di comunicare e relazionarsi con chiunque.
Più specificamente, le applicazioni che supportano questa tendenza di sviluppo sono:
Tutti gli apparecchi mobili (i telefoni cellulari, gli smartphone e i tablet);
Le tecnologie legate alla rete;
Il Cloud (cioè la possibilità di poter accedere, attraverso la rete, a tutti i propri dati ovunque uno si trovi).
Un ulteriore settore in grande sviluppo, legato in senso più lato ai servizi alla persona, nell’ambito dell’elettronica per l’auto, è quello dei sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS).
È tecnicamente già possibile realizzare auto che si muovano autonomamente su percorsi opportunamente attrezzati, ma l’obiettivo più concreto è rendere disponibili sull’intera gamma di autoveicoli sistemi che assistano l’autista per una guida più sicura in condizioni normali e intervengano in sostituzione del guidatore in casi eccezionali (colpo di sonno, malore, manovre imprevedibili di altri veicoli…).
Se le applicazioni trainanti viste finora sono centrate sui servizi alla persona, una delle principali rivoluzioni in atto riguarda le connessioni macchina-macchina. Lo sviluppo recente delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è stato mirato a rendere più facile ed efficace la connessione attraverso la rete per individui e aziende, creando quindi l’internet of people.
Il fatto che adesso anche gli strumenti (l’automobile, gli elettrodomestici, le attrezzature industriali) siano connessi e immettano informazioni nella rete, apre la possibilità di comunicazione diretta tra macchina e macchina, non mediata da persone ma gestita da programmi: si sta creando l’internet of things.
Il grafico che segue mostra lo sviluppo delle connessioni alla rete. I primi terminali di connessione alla rete sono stati i PC, fisicamente collegati via cavo, poi sono arrivati tutti gli strumenti portatili, connessi attraverso la rete wireless, e ora sono entrati in gioco una varietà di oggetti come elettrodomestici, apparati legati alla gestione e la sicurezza degli edifici, le forniture di energia, gas e acqua, le automobili…
Si prevede che nel 2020 il numero degli oggetti connessi alla rete eccederà di un ordine di grandezza la popolazione mondiale.
La prossima rivoluzione tecnologica
Questa prospettiva impone ovviamente l’affronto attento dei problemi legati alla privacy e alla sicurezza: se in ogni momento e qualunque cosa facciamo, gli strumenti che stiamo utilizzando trasmettono dati in rete, occorre evitare che queste informazioni siano intercettate o usate in modo improprio o non autorizzato. Motivo per cui si sta lavorando intensamente sui protocolli di sicurezza per la connessione e per la trasmissione dati e sullo sviluppo di opportuni algoritmi e programmi applicativi.
La quantità di dati che l’internet of things riversa sulla rete si va ad aggiungere all’enorme quantità di dati già immessa quotidianamente in rete dai media, dai servizi commerciali, dalle attività di intrattenimento più o meno lecite e, soprattutto, dai social networks, principale fonte di intasamento della rete.
La gestione di una tale enormità di dati che cresce a ritmo esponenziale costituisce una delle più impegnative sfide che si stanno affrontando attualmente e che prende il nome di big data.
Come hanno detto due autorevoli personaggi: “Big Data is not about the Data” (Gary King) e “The goal is to turn data into information, and information into insight” (Carly Fiorina). In altre parole, i dati in se sono inutili se non si riescono a estrarre le informazioni che servono; e in tempo ragionevole, aggiungiamo noi.
La questione riguarda sia il caricamento, la conservazione e l’accessibilità dei dati, sia l’efficacia dei motori di ricerca delle informazioni; quindi, tanto lavoro di sviluppo software ma anche urgenti richieste di tecnologie hardware per la realizzazione di sistemi di archiviazione dati che concilino enorme capacità di memoria e rapidità di accesso ai dati.
Per l’industria dei computer e per la nanoelettronica il problema dei big data prende essenzialmente la forma dei data center, gli enormi edifici pieni di server che consumano 50-150 MW di potenza per immagazzinare e rendere prontamente disponibili, ai motori di ricerca, exabyte (1018) di dati.
L’evoluzione tecnologica è mirata ad aumentare non solo la capacità ma soprattutto l’efficienza dei data center, in termini di flusso di dati per megawatt di potenza consumata.
Considerazioni finali
Abbiamo visto come la micro-nanoelettronica ha contribuito in modo determinante all’innovazione tecnologica in diversi settori applicativi negli ultimi cinquant’anni e quali sono le più importanti linee di sviluppo per i prossimi anni.
Gli impressionanti progressi della micro-nanoelettronica sono il risultato complessivo dell’impegno e della creatività di centinaia di migliaia di ricercatori sparsi nel mondo, nei centri di ricerca pubblici e nei laboratori industriali, e di milioni di lavoratori in tutte le aziende hi-tech della filiera. Un gigantesco sforzo collettivo di innovazione tecnologica che ha prodotto evidenti benefici per le persone e per la società, in tanti settori di primaria importanza, dall’informazione alla comunicazione, dai trasporti all’attività industriale, dalla sanità ai servizi.
L’accelerazione del ritmo di innovazione, resa possibile dai progressi della micro-nanoelettronica, ha anche creato degli scompensi. Come detto nell’introduzione, assistiamo a un progressivo scostamento tra il ritmo di innovazione e il ciclo di apprendimento dell’essere umano, tra la disponibilità di prodotti rivoluzionari invasivi e la maturazione dei giudizi di valore, delle norme d’impiego e della valutazione dell’impatto sulle persone.
D’altra parte, la riduzione dei costi di accesso a tecnologie abilitanti avanzate e l’intrinseca libertà e incontrollabilità della rete hanno democratizzato le dinamiche dell’innovazione tecnologica, in passato dominate esclusivamente dalle grandi corporation.
Sarebbe anacronistica e irrealizzabile l’ipotesi di contrastare gli effetti collaterali negativi dell’innovazione tecnologica cercando di controllarne la dinamica; anche la sola definizione di norme e leggi, indispensabili almeno per perseguire abusi di rilevanza giuridica, arriva necessariamente in ritardo rispetto alla diffusione della tecnologia che si vuole regolamentare.
Sempre più la finalizzazione di una nuova tecnologica al bene dell’uomo è affidata all’educazione e alla capacità di giudizio di chi la sviluppa e di chi la usa.
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Paolo Cappelletti
(Laureato in Fisica all’Università degli Studi di Milano, lavora alla STMicroelectronics in Ricerca e Sviluppo come massimo esperto di Memorie Non Volatili)
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