La Fondazione Banco Alimentare ha appena ricordato i 25 anni di attività, con una udienza davanti a Papa Francesco. Ora, secondo tradizione consolidata, si prepara ad affrontare la Colletta Alimentare numero 19, che arriva sempre nell’ultimo sabato di novembre. Sono talmente consolidate le scadenze della Fondazione Banco Alimentare, il lavoro annuale, mensile, settimanale e giornaliero, che ci si è ormai abituati quasi a una positiva routine, un’attività che è entrata nella vita quotidiana di tutti noi.
Questo fatto, così ormai radicato nella società italiana, era impossibile immaginarlo all’inizio degli anni Novanta, quando il Banco muoveva i suoi primi passi nella raccolta delle eccedenze alimentari delle grandi industrie e dei grandi centri di distribuzione (nello spreco alimentare) per aiutare i poveri che non non riuscivano neppure a sfamarsi in tempi di “società opulenta”.
Quando Danilo Fossati, il patron della Star, e don Luigi Giussani diedero vita all’iniziativa, ben pochi avrebbero scommesso su un successo.
Vengono quasi le vertigini, in questi giorni, a vedere invece il peso e l’importanza, il ruolo e il modello che rappresenta oggi il Banco Alimentare. Ieri pomeriggio, alla Fondazione Cariplo, a lanciare la Colletta numero 19 e a parlare dell’attività del Banco c’erano il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, don Julián Carrón, il presidente della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, e un presidente emerito della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti. Un sacerdote, un ex democristiano “basista” e un uomo di sinistra accusato spesso di estremismo. Più “trasversali” di così si muore, verrebbe da dire.
Ma le vertigini venivano a chi aveva intervistato Danilo Fossati nel 1992, a chi aveva ascoltato don Luigi Giussani sull’attività del Banco (coinvolgeremo milioni di italiani, continuava a dire) e non aveva compreso letteralmente nulla sulle “eccedenze”, sul “cibo che doveva essere distrutto per legge”, sulla Guardia di Finanza che vigilava e sul meccanismo della redistribuzione di quelle derrate alimentari eccedenti, da consegnare a enti che le avrebbero poi distribuite ai poveri. Sembrava un rebus, che forse era già chiaro all’attuale direttore generale della Fondazione Banco Alimentare, Marco Lucchini, e al presidente Andrea Giussani, ma non di certo ai giornalisti di quel fine “prima repubblica”.
In quegli anni, cioè sempre all’inizio degli anni Novanta, anche quando le cose si chiarirono fino a far apparire l’attività del Banco come una benedetta “scoperta dell’acqua calda”, anche quando si seppe che gli americani facevano le food-bank da anni, le diffidenze e le difficoltà furono molte, tante, di tutti i tipi e di tutte le provenienze.
Poi cominciarono a parlare i numeri: le migliaia di tonnellate di cibo recuperate ogni anno; le persone coinvolte nel lavoro del banco e nei volontari della Colletta (centinaia di migliaia); gli italiani che vi partecipano facendo la spesa per i poveri, oltre cinque milioni.
La quantità ha un valore rilevante, ma esige anche una spiegazione. E sul Banco Alimentare si è cominciato a ragionare, dopo alcuni anni.
Persino alcuni finanzieri hanno spiegato la funzionalità di un’istituzione come il Banco Alimentare. Una funzionalità economica rara e molto semplice. Ma poi sono arrivati i politici e gli uomini di cultura a decifrare un modello secolare di società. Quella società, dove la carità cristiana ha un valore che non è solo religioso, ma anche civile, sociale.
Metteteci pure la tolleranza di Voltaire, l’imperativo categorico di Kant, lo “spirito del mondo” di Hegel. Troverete valori interessanti, anche coinvolgenti. Ma raramente vi troverete totalmente immersi nella carità spiegata da Paolo di Tarso. Quando la carità viene spiegata come il fattore caratterizzante dell’uomo, della persona, più di ogni altra sua capacità, sia essa l’intelligenza, la forza, la bellezza o quanto altro ancora.
Rispondendo a delle domande di Lucchini, Carrón, Guzzetti e Bertonotti ieri pomeriggio concordavano nel delineare il Banco Alimentare come un modello di conquista sociale, umana, che è connaturato alla natura dell’uomo, ma sembra in controtendenza rispetto allo spirito dei tempi, al “mordi e fuggi” dell’individuo competitivo.
Il giornalista Giorgio Paolucci offre uno spaccato di questa controtendenza nel libro Se offrirai il tuo pane all’affamato…. Ci sono testimonianze di volontari che indicano una strada di carità che, alla fine, fa ritrovare anche se stessi nel momento del dono.
Ma sono i tre diversi (per storia) personaggi di ieri pomeriggio che, nel momento in cui parlano del Banco e della Colletta, vedono dietro a un gesto un “popolo di persone”, non degli individui-numeri, che sembrano animati solo da uno spirito di competizione assurda, dove si pensa solo ad altri numeri, quelli dei soldi guadagnati.
Con la sua azione il Banco, la Colletta e tutte le attività connesse possono diventare anche l’alternativa a una società che sembra aver perso completamente la bussola.