«C’è un decreto legislativo del 2003 che definisce i criteri per la costruzione delle discariche e le caratteristiche che devono avere i siti. La cosa più importante è che siano strutture “a secco”, non a contatto con l’acqua e isolate dagli acquiferi sotterranei». Parola di Giuseppe Mininni, dirigente di ricerca del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), intervistato da IlSussidiario.net.
Sono ancora in corso infatti le polemiche sul possibile trasferimento a Castel Campanile, nel Comune di Fiumicino, della discarica che dovrà sostituire quella di Malagrotta, ormai stracolma. Gli abitanti però non ci stanno e promettono una mobilitazione permanente per evitare che il progetto venga attuato. Prima Testa di Cane, poi Allumiere e ora Castel Campanile.
Ma più nello specifico che requisiti deve possedere un sito per poter ospitare una discarica?
Un buon sito deve avere un sottosuolo caratterizzato dalla presenza di un adeguato strato di argilla, una barriera impermeabile naturale che garantisca che il percolato non si diffonda nel sottosuolo. È necessaria poi una distanza adeguata dai centri urbani, il rispetto nei confronti di eventuali pregi paesaggistici e la direzione prevalente dei venti, per evitare che i gas prodotti dalla discarica non vadano a coinvolgere i centri urbani e le abitazioni.
Gli abitanti temono che la discarica possa inquinare le falde acquifere e compromettere le produzioni agricole della zona. Può davvero accadere?
Per realizzare una discarica occorre uno studio idrogeologico che descriva bene qual è la circolazione delle acque sotterranee, anche in riferimento ai diversi periodi dell’anno, perché le falde acquifere sono soggette a variazioni del livello in riferimento agli eventi meteo-climatici.
Bisogna poi vedere se e come questo studio è stato fatto, dopodiché è possibile dire con certezza se la discarica può essere localizzata in un determinato sito. Per quanto riguarda le colture agricole, bisogna prima controllare i terreni a contatto diretto con la discarica: ci può essere un grave impatto solo se il percolato si diffonde oltre i confini della discarica. Se questa è ben progettata non c’è nulla da temere perché oltre alla difesa garantita dalla barriera naturale viene comunque posto un telo sul fondo e sui fianchi della discarica che permette la massima impermeabilizzazione.
Il percolato dev’essere poi estratto e trattato con impianti adeguati. Un altro impatto da monitorare è quello legato all’emissione di biogas prodotto dalla discarica.
Di cosa si tratta?
È una miscela composta da circa il 55-60% di metano e da anidride carbonica. Il metano è molto leggero e tende a salire, l’anidride carbonica invece è più pesante e resta a terra. Il loro primo impatto è di creare un effetto serra e in questo è il metano ad avere il ruolo principale: basti pensare che questo gas, produce un effetto serra venti volte superiore a quello prodotto dall’anidride carbonica, causando quindi un surriscaldamento. L’effetto più evidente è comunque quello dei cattivi odori, causati dalla presenza di tracce di altri gas acidi.
Il sito proposto per la discarica si trova a un chilometro e mezzo dall’ospedale pediatrico Bambin Gesù. Si corrono dei rischi?
Anche in questo caso bisogna capire la direzione prevalente dei venti. Se dalla discarica puntasse proprio verso l’ospedale sarebbe un grave errore. Questo però si può dire solo dopo aver studiato la progettazione del sito, non a priori. Mi auguro che chi ha proposto questa localizzazione ne abbia tenuto conto.
Vicino al sito è presente anche la via Aurelia, una delle principali arterie di Roma che quattro mesi all’anno è presa d’assalto dai vacanzieri. Che conseguenze possono esserci?
Non si possono escludere tutti i siti solo perché si trovano vicino a una strada o a un luogo di interesse. Anzi, il fatto che si trovi sulla via Aurelia potrebbe paradossalmente rappresentare un vantaggio, perché più la discarica è vicina a una strada di comunicazione, migliore sarà la sua gestibilità da parte dei mezzi che devono scaricare i rifiuti. Bisogna però controllare che la quantità di rifiuti da smaltire e il traffico normalmente presente siano compatibili, in base anche alla grandezza della strada.
Ma la creazione di una nuova discarica è davvero l’unica soluzione?
Non si può pensare che tutti i rifiuti prodotti vengano smaltiti in discarica. È un sistema completamente sbagliato di affrontare la politica di gestione del rifiuto, ma è anche quello più semplice e che ha fatto proliferare interessi privati. La Commissione Europea lo ha classificato come l’ultimo sistema a cui fare ricorso: prima di questa soluzione ci dovrebbero essere passaggi molto più importanti, come la limitazione della produzione dei rifiuti, il riciclo di tutto ciò che può essere recuperato, il recupero di energia e solo alla fine la presenza della discarica.
Da cosa si dovrebbe iniziare?
Il ciclo integrato del rifiuto deve cominciare dalla raccolta differenziata e forse gli amministratori e gli stessi cittadini non ne hanno compreso la valenza reale. La carta, la plastica, l’alluminio e il vetro raccolti separatamente sono avviati agli impianti di recupero e non più trasformati in rifiuti, ma in materie prime secondarie che hanno una loro reale utilizzazione. Inoltre, oltre alla minore produzione di rifiuti, sono presenti i consorzi di filiera che raccolgono i vari materiali e per questo pagano il Comune che quindi, per tutti i rifiuti che riesce a raccogliere separatamente, riceve un corrispettivo.
Ora che l’unica alternativa sembra la discarica, cosa si può fare?
Se l’ultima soluzione disponibile dovesse essere lo smaltimento dei rifiuti in discarica, dovrebbe almeno essere prima fatta un’operazione di pretrattamento dei rifiuti, prevista anche dalla legge. Questo significa un pretrattamento utile a diminuire l’impatto ambientale della discarica, anche se molti operatori di settore pensano che basti la tritovagliatura, un semplice sminuzzamento del rifiuto che viene poi vagliato per fargli assumere una granulometria più omogenea.
Questo processo da una parte migliora la capacità di assorbimento dei rifiuti, dall’altra accelera il processo biodegradativo, tutte reazioni che avvengono normalmente in una discarica. Se un rifiuto viene correttamente pretrattato, la sua potenzialità di produrre biogas si riduce notevolmente e sarà inferiore anche l’impatto ambientale della discarica.
Da ultimo, cosa risponde a un cittadino che non vorrebbe trovarsi la discarica a due passi da casa?
Gli direi che purtroppo alcuni impianti devono trovare una loro localizzazione sul territorio quindi, se il procedimento della scelta del sito è avvenuto correttamente, è un inconveniente che dobbiamo assumerci tutti. Capisco benissimo il problema del consenso, perché è chiaro che un insediamento che si trova vicino alla discarica subirà un’inevitabile depauperazione del suo valore. Questo problema però andrebbe attentamente studiato e valutato e, a mio avviso, dovrebbe esserci un riconoscimento per questa perdita di valore che porti a un risarcimento. Tutte le abitazioni presenti in un certo raggio dalla discarica potrebbero ad esempio avere la fornitura di energia elettrica gratis. È solo un esempio, ma probabilmente qualcosa bisogna inventarsi.
(Claudio Perlini)