Come in uno slalom parallelo, le considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e la relazione all’assemblea annuale del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia hanno seguito il medesimo percorso girando intorno agli stessi paletti. Segno che i punti nevralgici del Paese sono condivisi, così come i rimedi per superarli in una prospettiva di medio termine che non si appiattisca sui problemi quotidiani.
Se Boccia propone a imprenditori, lavoratori e loro rappresentanti, politica, banche e istituzioni finanziarie un Patto per la crescita con l’obiettivo di uscire dalla criticità italiane e costruire un’effettiva dimensione europea, Visco chiede il concorso convinto di tutti – imprenditori, lavoratori, amministratori pubblici – per conseguire un salto di qualità che consenta di favorire l’innovazione e migliorare i meccanismi che guidano l’allocazione delle risorse.
E se il governatore dichiara che la questione del lavoro è centrale e riguarda l’integrazione sociale e la stessa identità personale, il presidente invita ad avviare una grande operazione per includere i giovani nel settore privato, certo, ma anche in quello pubblico attraverso l’azzeramento del cuneo fiscale nei i primi tre anni di contratto. Entrambi invocano un deciso aumento della produttività per passare dalle parole ai fatti.
Identità di vedute anche sulla politica e sull’Europa. La prima, la politica, deve insistere lungo la strada delle riforme con perseveranza e coerenza secondo Boccia e con continuità e coerenza secondo Visco. La seconda, l’Europa, fa dire a Confindustria che la casa comune ha bisogno di forti riparazioni e alla Banca d’Italia che l’Unione è risultata più forte nel proibire che nel fare. Il che non implica che la si possa abbandonare perché resta un’ancora salda in un mondo che appare sempre più instabile.
Entrambi offrono un tributo alla politica monetaria perseguita dalla Bce di Mario Draghi (quest’ultimo fisicamente presente alle considerazioni di Visco) per il sostegno alla domanda e il mantenimento della stabilità dei prezzi. Convergenza sulle banche italiane che fanno preoccupare Boccia perché appesantite dalle sofferenze e dunque rallentate nella capacità di erogare credito, ma in parte riscattate da Visco che spiega come il livello dei crediti incagliati sia molto più basso di quello comunemente stimato.
Investimenti, crescita dell’efficienza produttiva, rivoluzione digitale, competitività, centralità del settore manifatturiero sono tutti argomenti che si ritrovano nei due discorsi e con gli stessi accenti. Così come l’urgenza d’intervenire sul debito pubblico, fattore di freno e vulnerabilità anche se ancora sostenibile, lavorando con maggiore lena dal lato della crescita perché almeno il rapporto con il Prodotto interno lordo scenda a livelli di sicurezza.
Scontato il traguardo comune, a questo punto, che per il numero uno degli imprenditori è un’Industria 4.0 per una Società 5.0 inclusiva e aperta, che metta al centro la persona, e per il banchiere centrale coincide con un Paese che sappia raggiungere risultati nell’interesse generale, che tenga conto di chi resta indietro e di chi arretra, che liberi l’economia da unitili vincoli, rendite di posizione, antichi e nuovi ritardi per un sistema sociale più giusto.