La logistica ormai è un settore vitale per l’economia e può dare una spinta aggiuntiva alla sua crescita. La recessione, inoltre, ha reso ancora più evidente che il processo produttivo dei Paesi è legato in modo determinante all’organizzazione logistica. Con Bartolomeo Giachino, presidente della Consulta Generale per l’autotrasporto e per la logistica, nonché sottosegretario ai trasporti dal maggio 2008 al novembre 2011, facciamo il punto della situazione, partendo dalla città in cui risiede, Torino, che ha recentemente avviato “City Log”, un esperimento molto interessante: «Il Paese ha un’assoluta necessità di tornare a crescere. Deve farlo, però, nell’ambito di una logica di sviluppo sostenibile, cioè diminuendo la congestione del traffico e, di conseguenza, l’inquinamento da CO2 e da polveri sottili. Senza neppure dimenticare che minor traffico vuol dire anche incidentalità più bassa e, quindi, più sicurezza. Su questo presupposto, pertanto, City Log è un esperimento piccolo, ma molto importante, nell’azione che stiamo portando avanti come Consulta per l’autotrasporto e la logistica, per una distribuzione urbana delle merci più efficiente e sostenibile».
Quali sono, in sintesi, le caratteristiche di questo progetto?
La sperimentazione prevede che un veicolo commerciale “pesante” depositi in un’area di interscambio, ai margini del centro della città, tre unità di carico modulari, che contengono le merci pronte per essere distribuite. A questo punto, tre mezzi più “leggeri” e a basso impatto ambientale prendono in consegna un’unità di carico, ciascuno per distribuirne il contenuto nelle loro aree di competenza in città. In questo modo si riducono le percorrenze dei furgoni utilizzati per il trasporto merci, limitando così l’impatto ambientale dell’intero processo di distribuzione.
Sembra un bel passo avanti.
Lo è perché, oltre alle minori percorrenze, vengono utilizzati mezzi a basso impatto ambientale. Oggi sono a metano o a gasolio Euro5, ma in prospettiva potranno anche essere elettrici, quindi a zero emissioni. Poi, si concorre a ridurre il traffico, la cui congestione nelle nostre aree metropolitane, anche per la mancanza di infrastrutture di trasporto adeguate e, contemporaneamente, per un numero di mezzi in circolazione superiore ad altri Paesi , produce un costo doppio rispetto alla media europea. Un costo che i tecnici del piano nazionale della logistica hanno quantificato in 10 miliardi di euro.
Ma allora su scala nazionale qual è il prezzo che paghiamo per l’inefficienza logistica?
40 miliardi, uno spreco enorme, di cui 10, appunto, per la distribuzione delle merci nelle grandi città. Lo ribadisco perché è nelle aree metropolitane che si produce il 75% del Pil. Quindi, se noi riusciamo a migliorare la distribuzione urbana delle merci, rendiamo più efficiente tutta l’economia urbana. Questo processo, inoltre, renderebbe più competitivo ogni singolo territorio, ponendolo nelle condizioni di acquisire più facilmente investimenti dall’estero. Dal punto di vista di una multinazionale straniera è ovvio che, dovendo scegliere di investire in un’area geografica, privilegerà, potendolo fare, quelle città che hanno meno congestione di traffico e una più efficiente distribuzione delle mie merci.
Fatte queste premesse, quali sono oggi le potenzialità di crescita della logistica?
La Germania, ad esempio, che ha il 35% circa di abitanti in più dell’Italia, occupa nella logistica 2.600.000 persone, avendo sviluppato negli anni un piano di infrastrutture e di efficienze logistiche migliore. Il nostro Paese, che dovrebbe avere in proporzione un milione e mezzo di addetti alla logistica, ne occupa, invece, soltanto un milione, proprio a causa dell’inefficienza.
Ci sarebbe dunque un risvolto occupazionale importante.
Grandissimo. Nel nostro Paese è il settore che ha il più ampio margine di crescita sul piano dell’occupazione nel futuro.
La Consulta per l’autotrasporto e la logistica ha messo a punto una proposta per il Ministro Passera, definita simbolicamente “le prime quattro mosse d’attuazione del piano della logistica”. Di cosa si tratta esattamente?
Innanzitutto la Consulta ha fatto un’analisi approfondita di tutte le inefficienze che ci sono nel nostro sistema: dai porti agli aeroporti e agli interporti, dalle reti infrastrutturali agli attraversamenti dei valichi, nulla è stato tralasciato. Fatta l’analisi, ha coinvolto più di 5mila operatori del settore per verificare quali fossero le iniziative da prendere per migliorare l’efficienza di tutto il comparto. Si è formato, pertanto, un elenco di 51 azioni da inserire in un piano decennale, il cui scopo è ridurre il 10% del danno da inefficienza ogni anno. In denaro significa un taglio di 4 miliardi all’anno, ovvero 0,3 punti di Pil. Contestualmente, però, il recupero di efficienza rende di anno in anno più competitivi i nostri porti, che potrebbero diventare riferimento per la distribuzione delle merci per il Centrosud dell’Europa, producendo ulteriori introiti. L’obiettivo, quindi, è quello di guadagnare complessivamente almeno mezzo punto di Pil l’anno. Quanto a Passera, il Ministro ha dato alla Consulta una direttiva all’inizio di quest’anno, il cui contenuto chiedeva di scegliere tra le nostre 51 azioni quelle che potevano avere un effetto immediato. Così, dalle valutazioni fatte dal nostro comitato scientifico sono nate proprio quelle prime quattro mosse.
Che sono?
L’accelerazione dello sportello unico doganale, perché i nostri tempi di controllo nei porti sono lunghi tre volte tanto quelli dei porti del Nord Europa. La seconda riguarda la distribuzione urbana delle merci, mentre la terza propone il “franco destino” come sistema di vendita alternativo al “franco fabbrica”. Ultima è un’azione che prevede che ogni camion abbia a bordo un’apparecchiatura in grado di dialogare telematicamente con gli operatori logistici e i gestori delle infrastrutture, al fine di ottimizzare tutti i tempi della catena di distribuzione. Quattro azioni, insomma, che hanno un costo molto vicino allo zero e che qualcuno, giustamente, ha già definito di “molta resa con poca spesa”.
Parlando di infrastrutture, come ritiene sia oggi la situazione del nostro Paese?
Noi abbiamo ancora un ritardo rispetto alla maggior parte dei Paesi europei. Nei confronti di Germania e Francia, ad esempio, abbiamo meno chilometri di rete autostradale, sulla quale, però, circola mediamente un numero superiore i mezzi. E come se non bastasse, il nostro parco circolante è anche più vecchio, quindi più inquinante e più pericoloso.
Già, più pericoloso. Lei si è occupato anche di sicurezza stradale
Questo è un mio piccolo vanto, cioè aver seguito nell’ambito del Governo Berlusconi la riforma del Codice della strada, un lavoro parlamentare durato un anno e mezzo. Approvata il 28 luglio 2010 la legge 120, cioè la nuova normativa, abbiamo visto subito un sensibile calo negli incidenti, già dall’agosto di quell’anno. Una tendenza che si è confermata nei mesi successivi.
Per concludere, una domanda su un tema di grande attualità, quello dei veicoli a trazione elettrica. Saranno il futuro del trasporto, per merci e privati?
È una direzione interessante, che si svilupperà certamente in futuro. E’ vero che oggi i mezzi sono ancora piccoli e l’autonomia di percorrenza limitata. Inoltre, vanno ancora sviluppate infrastrutture per rendere possibili le ricariche, come le famose colonnine pubbliche. Nel presente, invece, dovremmo puntare di più sul metano, per il quale disponiamo di tecnologie di assoluta avanguardia mondiale e di aziende importanti che trasformano i vecchi mezzi inquinanti in mezzi a metano, come, ad esempio, la BRC di Cherasco.