Meglio una mamma trafelata, di corsa, che magari non sempre riesce ad esserci, insomma, una mamma-lavoratrice…oppure una mamma modello, stile anni ’50, che stira, cucina e accudisce i figli a tempo pieno?
Una domanda senza risposte preconfezionate, sulla quale prima o poi tutte le donne si trovano a riflettere, come fa Claudia Voltattorni nella rubrica La 27a ora di Corriere.it. Una domanda sulla quale è del resto imperniata la web-serie che i lettori possono seguire tutti i giorni sul sito del Corriere, “Una mamma (im)perfetta”, in cui quattro donne si destreggiano nella quotidiana tra i ruoli di moglie, madre, lavoratrice facendo i conti ognuna con la propria personalità.
Così, come fa Chiara, una delle protagoniste della serie, prima o poi emerge una domanda nella mente di quelle mamme che lavorando, vorrebbero giornate di 30 ore: e se mollassi tutto?Sarebbe davvero la scelta migliore? E per chi? Mi sentirei ancora io, o mi mancherebbe un pezzo?
L’autrice dell’articolo, madre di due bambini, racconta di come, costretta a casa da una seria influenza per due settimane, abbia apprezzato l’incedibile gioia di vedere i suoi bambini in ogni momento della giornata, di poter stare un’ora al telefono con la sua migliore amica, di preparare una cena decente per tutta la famiglia, ma anche di come, insieme a queste gioie sentisse una mancanza.
Quella di parte di sé, lavoratrice realizzata, che ha faticato per raggiungere degli obiettivi, che non fanno di lei una mamma modello, ma neanche una madre frustrata e quindi nevrotica, e , a differenza di molte madri che vivono “con i sensi di colpa” a lei questo non accade: in fondo è una madre con orizzonti più ampi di quelli che avrebbe se rinunciasse al lavoro, che ogni giorno porta a casa “pezzetti di mondo” e anche grazie a questo appagamento si sente libera di ridere di una maglietta non stirata, anziché di farne un dramma.
I commenti all’articolo mettono in evidenza come sia variegata la realtà di ogni famiglia, e ancora prima il microcosmo di ogni individuo: dal ragazzo che ha visto figli trascurati da genitori troppo indaffarati a “realizzarsi”, alle donne che commentano come, volenti o nolenti, siano costrette a lavorare perchè senza due stipendi in casa non si potrebbe andare avanti, e, come spesso accade, è la mediazione la via più auspicabile: asili migliori, asili meno cari, maggiore flessibilità per le donne lavoratrici e più telelavoro, maggiori opzioni insomma, che a lavoratrici o casalinghe convinte, permetterebbero di conciliare le molte esigenze della famiglia moderna e regalarle una cosa importante, moglie e madri felici.