«I clan calabresi si sono insediati in Lombardia dagli anni ’60, un trentennio prima dell’ascesa della Lega nord. E le numerose inchieste giudiziarie condotte finora hanno dimostrato che la ‘Ndrangheta bada solo ai soldi, facendo affari con i politici di tutti gli schieramenti. È un’evidente forzatura affermare, come fa Saviano, che al Nord i boss sarebbero stati favoriti dai leghisti o più in generale dal centrodestra». A sottolinearlo è Luca Fazzo, uno dei maggiori conoscitori italiani del fenomeno della ‘Ndrangheta, oltre che cronista giudiziario de Il Giornale. Ilsussidiario.net lo ha intervistato alla vigilia della puntata di Vieni via con me cui parteciperà il ministro Maroni. Per Fazzo «Saviano ha fatto comunque bene ad affrontare il problema della ‘Ndrangheta in tv, pur con alcune generalizzazioni, ed è giusto che lui e Maroni si guardino in faccia e si parlino, perché nella lotta alla malavita si trovano entrambi dalla stessa parte della barricata».
Fazzo, a quando risale la presenza della ‘Ndrangheta in Lombardia?
L’insediamento dei clan calabresi in Lombardia risale agli anni ’60, anche se l’attività criminale vera e propria è iniziata in modo massiccio solo alla fine degli anni ’70. La magistratura però ha iniziato a occuparsene almeno dieci anni dopo, le prime inchieste infatti sono del ’90-91.
Quali sono i punti di forza dei clan calabresi?
La ‘Ndrangheta lavora in Lombardia su un’importante presenza numerica. Per almeno 20 anni ha creato sul nostro territorio delle enclave molto potenti, con interi paesi che si sono trasferiti nella nostra regione dalla Calabria. Il caso più importante è quello di Buccinasco, dove si è trasferita mezza Platì, un Comune in provincia di Reggio Calabria. Ma ci sono molti altri esempi simili sparsi qua e là in Lombardia. Ovviamente a Buccinasco vive anche tanta gente per bene, ma riproduce dei microcosmi relazionali molto simili a quelli della Calabria. Mantenendo gli stessi rapporti che c’erano prima di emigrare.
È questo che distingue la ‘Ndrangheta dalla mafia?
Sì, il mafioso o il camorrista lavorano in modo più individualista, ed è questo che fa la differenza. Gli unici che in Lombardia hanno creato una sorta di controllo del territorio, anche se in porzioni molto piccole della regione, sono appunto i calabresi.
E in che modo si sono sviluppati nel tempo?
Ci sono state due fasi. La prima tra gli anni ’70 e ’80 si è focalizzata sui sequestri di persona. Poi è seguito un momento di grande sbandamento, perché nella prima metà degli anni ‘90 il gruppo storico dei boss calabresi in Lombardia è finito tutto in galera. Dal 2000 a oggi, con i figli dei boss che crescevano e con i padri che uscivano dal carcere, è ricominciato un insediamento potente della ‘Ndrangheta.
Ma davvero i clan al Nord sarebbero stati favoriti dalla Lega?
I boss se ne infischiano delle appartenenze politiche: la ‘Ndrangheta non ha colore. Ci sono Comuni dove ha eletto i suoi rappresentanti in tutti i partiti che a turno hanno amministrato la città. Cambiava il colore della giunta e cambiava l’indicazione di voto della ‘Ndrangheta, perché quello che conta per loro è stare dalla parte di chi comanda e tira le redini degli affari. In Calabria per esempio hanno fatto affari soprattutto con le giunte di centrosinistra.
Quando Saviano accusa una determinata parte politica di entrare in rapporto con la ‘Ndrangheta fa quindi una forzatura?
Assolutamente sì. Perché non ci sono elementi concreti nelle inchieste fatte finora, e incominciano a essere significative perché sono tante, che dimostrino una disponibilità maggiore di questo o quel partito a fare affari con la ‘Ndrangheta. Ci sono singoli casi di amministratori di tutte le parti politiche che scendono a patti con la ‘Ndrangheta. Questo è un problema ovviamente, ma è un problema per tutti e non solo per la Lega.
Perché la ‘Ndrangheta si è insediata proprio in Lombardia e non, che so, in Friuli?
Perché qua c’è il denaro, perché la Lombardia è la regione guida dell’Italia dal punto di vista economico. Dove meglio che in Lombardia puoi fare affari, sfruttando le attività edilizie ed economiche? Qui ci sono centomila chance di investimento che non potresti avere non dico in Calabria o in Basilicata, ma neanche in Veneto. I boss vanno dove ci sono i soldi, punto e basta.
Ma come accade che un politico entri in rapporto con gli esponenti dei clan?
I politici mafiosi, non solo in Lombardia ma in tutta Italia, sono una piccolissima minoranza. In molti casi il politico si trova di fronte a una faccia politica, a una persona credibile, e non si rende conto che invece è un rappresentante della ‘Ndrangheta. Poniamo un imprenditore in difficoltà, che per non fallire si è fatto finanziare dai clan calabresi, e che quindi è diventato uno strumento nelle mani dei boss che lo utilizzano come “interfaccia”. Il politico si trova così di fronte a un signore lombardo, dal cognome che più settentrionale non si può, e finisce per stringere accordi con la ‘Ndrangheta senza nemmeno rendersene conto. È per questo che, se il politico fosse più prudente, si risparmierebbe un sacco di problemi.
Ritiene che l’ultima puntata di Vieni via con me sia stata equilibrata e corretta?
Saviano ha un po’ generalizzato, io mi sarei espresso in modo più articolato. Se si vuole essere credibili non si può nascondere che i rapporti con la criminalità organizzata li hanno tutti i partiti. Ma d’altra parte non mi dispiace che Saviano abbia detto quelle cose perché, al di là del fatto che Maroni giustamente si sia arrabbiato, ha sollevato un problema. E il problema c’è, parlarne contribuisce a risolverlo, l’importante è non introdurre forzature.
Maroni e Saviano possono collaborare nella lotta alla malavita?
Assolutamente sì, Saviano su Napoli ha avuto certamente dei meriti importanti. E d’altra parte l’arresto del boss dei casalesi, Antonio Iovine, è la conseguenza del fatto che per la prima volta lo Stato ha mostrato un’attenzione nei confronti di un territorio che, al contrario, in passato era stato dimenticato. E quindi Saviano e Maroni sono dalla stessa parte della barricata. Hanno storie diverse, culture diverse, ma comunque hanno un fine comune. E quindi è importante che, magari durante la puntata di Vieni via con me di stasera, possano guardare in faccia e parlarsi.
(Pietro Vernizzi)
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