Palazzo Isimbardi, uno dei più prestigiosi edifici di Milano, sede della Provincia, ha messo a disposizione di recente la prestigiosa Sala degli Affreschi per ospitare un evento rilevante dal punto di vista umano e scientifico: la presentazione del libro, scritto da Giovanni Peretti, docente nell’Università di Milano in Ortopedia e Traumatologia, intitolato Togo Afagnan, VII Missione Sanitaria.
I presenti hanno potuto ascoltare le esperienze dell’autore e della sua équipe medico-infermieristica in terra africana. Nel 2006, ha ricordato Peretti, il suo aiuto professor Walter Albisetti gli aveva proposto di andare ad operare in un Ospedale africano dei Fatebenefratelli, dove egli aveva già organizzato numerosi viaggi per migliorare le condizioni igieniche e sanitarie di quel Paese.
L’invito non era stato subito accolto, ma l’incontro con Fra Pascal, un giovane africano medico, allora appena laureato e oggi specialista in chirurgia ortopedica, dell’Ordine dei Fatebenefratelli, che assisteva i pazienti del Togo, e la possibilità di essere utile a chi soffre, lo aveva fatto ripensare.
Così, con qualche perplessità e incertezza, Peretti e il figlio Giuseppe, anche lui ortopedico, avevano deciso di affrontare questa avventura, non come turisti o semplici curiosi, ma con la determinazione a verificare se fosse possibile in condizioni e situazioni disagiate, curare soprattutto donne e bambini che potevano aver bisogno di loro e delle loro competenze, messe a “servizio in una missione senza fini di lucro, ma anzi con la disposizione d’animo di spendere noi qualcosa per loro“, come viene detto nell’Introduzione al libro.
E il racconto dell’Autore sintetizza i momenti più importanti della sua esperienza, accompagnando l’esposizione con diapositive riportate nel libro.
La prima missione (altre sei da allora si sono succedute) è iniziata ad Afagnan, villaggio poverissimo del Togo, presso l’Ospedale di Saint Jean de Dieu dei Fatebenefratelli, inaugurato nel 1962, circondato da un muretto di confine, con vari edifici, le abitazioni dei frati, i padiglioni riservati a medici, infermieri e pazienti, la cappella dell’Ospedale, dove la messa viene celebrata tutte le mattine feriali alle sei e trenta.
L’ambulatorio di ortopedia si è sempre mostrato pieno di persone che aspettano pazientemente e talora per ore il loro turno, senza alcun brusio o protesta di sollecito. Le operazioni ai bambini con i piedi torti sono attualmente ancora le più frequenti, ma i casi di patologie, con gravi deformità sono molto vari e numerosi. Anche la poliomelite è ancora presente nella popolazione, con i suoi drammatici esiti. Il vaccino, a disposizione gratuita, richiede infatti di recarsi in ambulatori lontani e disagevoli da raggiungere e talora è ancora temuto e volutamente evitato, per paura ed ignoranza.
La prima giornata è sempre stata impiegata per visite ambulatoriali e, tra il mattino e il pomeriggio, l’équipe è sempre riuscita a visitare 40 e più pazienti da operare nei giorni successivi. La sera, quando i medici si ritrovano, si confrontano e discutono le cause delle diverse patologie, cercando di riflettere e di intervenire, dove sia possibile, sull’istruzione, le norme di igiene, le terapie adeguate, la ricerca di farmaci, gli strumenti chirurgici necessari da reperire. Tutti i giorni successivi, dalle 7.30 alle 19 o oltre, l’équipe è sempre stata impegnata in sala operatoria ma, talvolta, tanti interventi non sono stati realizzati proprio per mancanza di strumentazioni adeguate, che generalmente sono state poi portate nei successivi viaggi.
La povertà nell’Africa Occidentale è ancora ingente e Fra Pascal ha precisato che solo il Ghana può considerarsi un’eccezione dal punto di vista strutturale ed economico.
Un grande aiuto durante i ricoveri viene sempre fornito dai famigliari che devono assistere i pazienti ad alimentarsi, controllano le terapie, conservano pulite le persone e gli ambienti e questo aiuto viene dato con grande generosità e serenità, soprattutto dopo gli interventi in sala operatoria dove il personale medico e paramedico è ben addestrato e formato da lavoratori instancabili, ognuno dei quali è disposto a dare il proprio contributo molto più a lungo di quanto sia normalmente prescritto.
Fra’ Pascal e suor Simona, rispettivamente ortopedico e chirurgo generale vengono citati dal Relatore quali validi professionisti determinanti nella conduzione dell’Ospedale, perché onnipresenti e instancabili in sala operatoria. Fra Pascal, recentemente nominato uno dei quattro consiglieri dei Fatebenefratelli nel mondo, è attualmente responsabile dell’andamento di tutti gli ospedali dell’Ordine in Africa e nelle Americhe.
Peretti ha sottolineato il fatto che una donna su sedici, fra quelle che partoriscono nei villaggi senza assistenza medica, muore di parto, lasciando i figli, talvolta numerosi, senza un padre, che spesso abbandona la famiglia; i vicini di casa, con commovente generosità prendono con loro i bambini orfani e li allevano come propri figli.
L’Autore e relatore ha concluso la presentazione del libro con le stesse parole dell’Introduzione: “Fin dalla prima missione abbiamo capito che andare ad operare in Togo rappresentava un motivo di grande arricchimento come esperienza clinica e chirurgica, ma soprattutto come esperienza umana e abbiamo capito che, per quanto ci dessimo da fare per loro in interventi, in aiuti economici ed aiuti culturali, era molto di più quello che noi ricevevamo da loro di quanto fosse quello che noi potevamo dare“.
Gli interventi finali dei professori Meani e Tealdi e del dottor Bonfiglio, vicepresidente dell’ordine dei medici, hanno sottolineato il valore e l’importanza della testimonianza resa e dell’opera dell’Associazione Waves cui il professor Peretti appartiene, ricordando anche con grande affetto e gratitudine il fondatore della associazione Walter Albisetti, recentemente mancato.
Tutti i presenti sono stati colpiti dall’intensità della testimonianza, dal coinvolgimento dei protagonisti di questa avventura, dalla passione con cui la professionalità di ciascuno si è messa al servizio di una realtà bisognosa di ogni cosa. E tutto ciò è apparso tanto più straordinario quanto più casuale e gratuito era stato l’avvio di questa esperienza di ricchezza e potremmo dire di vita rinnovata: un semplice invito di un collega e amico. Simile a tanti inviti che ci vengono rivolti nella vita e nella professione di ogni giorno e che ci interpellano.