L’idea è quella di alleggerire il nostro sistema produttivo da fardelli divenuti oramai insostenibili. Per questo il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, incontrerà questa sera il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari e le 5 principali associazioni datoriali. In tale consesso saranno definite una serie di proposte utili a sbloccare i crediti che le imprese vantano nei confronti della pubbliche amministrazioni. Un tesoro da 70 miliardi. Il sistema è abbastanza contorto ma efficace: le banche acquisiscono il credito delle imprese, erogando, in cambio, parte della liquidità esigibile. A quel punto, saranno gli istituti di credito a vantare il credito nei confronti dello Stato. Sul piatto, per finanziare la misura, ci sarebbero tra i 20 e i 30 miliardi. Daniele Marini, docente di Sociologia dei processi economici all’Università di Padova, spiega a ilSussidiario.net come valutare l’operazione. «A prima vista, sembra che effettivamente si tratti, per le imprese, di una boccata d’ossigeno». Del resto, considerato il momento storico, per gli istituti di credito si tratta di un atto doveroso. «Essi hanno vissuto la fase più critica lo scorso anno. Ora, grazie all’immissione di liquidità nel sistema dalla Bce, l’hanno superata. Le imprese, invece, no». Molte versano in una situazione paradossale. «Vanno bene, ma a causa dell’impossibilità di esigere i propri crediti si trovano sul confine della chiusura».
Ecco cosa accade, in concreto, all’imprenditore che si trova in tale situazione: «Spesso si genera un meccanismo perverso: l’impresa che non riceve i soldi dallo Stato non può fare altro che rivalersi, a sua volta, sulle altre imprese. Non riesce, quindi, a pagare i fornitori, né i dipendenti. Né, tantomeno, a compiere gli investimenti necessari per non soccombere alla crisi». Alcuni dati sono allarmanti: «Il 40% delle imprese del nord-est ha commissioni tali da non poter sopravvivere oltre un mese». Ottenere ciò che spetta loro gli consentirebbe di risollevarsi. «Quelle che riescono, tutto sommato, a resiste seppur con difficoltà sono sbarcate sul mercato estero, dove la domanda ancora tira. Soffrono particolarmente, invece, quelle che operano unicamente sul mercato interno. Con un minimo di liquidità in più potrebbero innescare quei processi innovativi in grado di ottenere nuova spinta». Contestualmente, l’Abi è intenzionata a predisporre un plafond di investimento per le piccole e medie imprese da 5 miliardi.
«Indubbiamente, l’iniziativa è positiva. Ma non è sufficiente. È necessario, invece, dar vita a politiche che consentano di rilanciare lo sviluppo». In tal senso, alcune misure faciliterebbero non poco: «Sarebbe necessario rendere più efficiente e meno costosa la rete dell’approvvigionamento energetico, varare un piano reale di liberalizzazioni e di defiscalizzazione, e aiutare le imprese molto piccole a crescere, accorpandosi. Si tratta delle minime precondizioni indispensabili perché il sistema possa riprendere a crescere».
(Paolo Nessi)