Milano sarà la sede ufficiale di Expo 2015. Alla certezza che i milanesi hanno da tempo mancava un ultimo timbro che il Bie, la scorsa settimana, non ha voluto negare. La Bocconi ha così potuto presentare la valutazione degli impatti economici dell’evento: l’occupazione generata sarà di 61.000 persone in media ogni anno da qui al 2020, si attendono 20 milioni di visitatori pronti a spendere complessivamente 3,5 miliardi di euro, mentre la produzione aggiuntiva determinata da Expo per l’economia italiana è stata valutata in 69 miliardi di euro. «Senza imprenditorialità diffusa, intrapresa personale e sussidiarietà questi rimarranno però soltanto dei numeri – avverte Lanfranco Senn, Presidente di Metropolitana Milanese -. Se questa vitalità, invece, si metterà in moto gli effetti positivi sulla città e sul Paese sono destinati a durare nel tempo».
Partiamo dall’occupazione: si prevedono 13.000 nuovi posti di lavoro già nel 2011. Quali saranno i settori più interessati e a quali figure professionali avranno maggiori possibilità?
Stiamo parlando di settori e imprese molto diverse, dal turismo, ai servizi, fino alle imprese che realizzeranno opere di vario tipo. Per farsi trovare pronti non bisognerà però aspettare che le imprese si facciano vive, sarebbe invece auspicabile un “monitoraggio attivo”.
Cosa intende?
Al di là della mossa personale, comunque consigliabile, penso che possa nascere un vero e proprio progetto per facilitare incontro tra domanda e offerta di lavoro connessa con Expo, in collaborazione con le agenzie che già operano con successo nel mercato del lavoro.
C’è poi un altro tipo di occupazione che nascerà da iniziative progettuali che i privati decideranno di mettere in piedi e qui non c’è limite alla fantasia e all’intrapresa personale.
Solo per fare un esempio, dato che non ci sarà solo un turismo “a 5 stelle”, penso che nasceranno anche fuori Milano, agriturismi e servizi capaci di conquistare sicuro mercato. È un discorso che però vale in tutti gli ambiti. Non stiamo parlando infatti principalmente di una domanda pubblica di posti di lavoro (anche se sarà immaginabile qualche assunzione in più a livello di trasporti), ma di occasioni create dall’iniziativa diffusa della società. Certo, se nessuna impresa dimostrerà interesse a coprire gli spazi di mercato che si apriranno, non accadrà molto di quello che è stato previsto, ma sono convinto che non sarà così.
Expo poi valuterà e certificherà le “idee” migliori che vanno in questo senso?
Non sono dentro la struttura di Expo, ma posso dire che è già così. Se parliamo di eventi, ad esempio, c’è già un’agenda di 7.000 idee nate dalla società civile, che ci porterà fino al 2015. Se le idee sono sensate, efficaci e serie, in ogni campo, Expo ha tutto l’interesse di valorizzarle e certificarle.
Passando alle infrastrutture e al traffico che dovrà far fronte a questa imponente mole di visitatori, qual è lo stato dell’arte?
Intanto una precisazione per non creare allarmismi: si parla di 20 milioni di persone, ma dobbiamo immaginarle distribuite in sei mesi di tempo. L’Atm si sta attrezzando per saper rispondere in maniera efficace ai picchi che si registreranno. Questo lavoro, ovviamente, non riguarderà soltanto il trasporto verso l’area delle esposizioni, ma molti i punti di interesse. È inevitabile che i turisti non mancheranno di visitare i luoghi più belli della città.
Su questo la tabella di marcia dei lavori potrà essere rispettata senza grandi preoccupazioni?
Guardi, Expo avrà una funzione chiave per la città: farà da acceleratore per giungere alla soluzione di numerosi problemi. Questo riguarderà il traffico, perché è ovvio che durante Expo tram e metropolitane non potranno diventare delle “scatole di sardine”, ma riguarderà anche l’accoglienza e la sicurezza. Un compito che la città ha davanti e che non riguarderà soltanto le istituzioni, ma, ancora una volta, tutti i soggetti economici della società.
Cosa risponde a chi teme che Expo 2015 al suo termine lascerà nella città una serie di “cattedrali nel deserto”, a livello di infrastrutture, ma non solo?
È una preoccupazione che capisco, ma che è totalmente teorica. Le infrastrutture pensate e realizzate riguardano la mobilità e l’accesso. Sono destinate perciò a rimanere. Ciò che verrà realizzato nell’area delle esposizioni, poi, non a caso, è stato ridotto al minimo e si è già pensato a come riutilizzarlo. Chi ha seguito i recenti Expo, d’altra parte, sa che questo è ormai un trend consolidato. Soprattutto dopo Siviglia 1992 c’è molta attenzione a livello globale affinché si facciano scelte lungimiranti e questo non avvenga.
Lao Xi su IlSussidiario.net ha scritto che l’Expo di Shangai ha spiegato ai cinesi la trasformazione della Cina degli ultimi 30 anni e ha mostrato al mondo quale sarà la Cina del futuro. L’articolo si chiudeva poi con questa domanda: quale sarà l’idea forte che Milano comunicherà al mondo?
A mio parere si tratta di due Expo totalmente diversi. Shangai è stata un’esposizione di forza, di dimensione e di quantità, una vetrina nella quale i vari Paesi hanno potuto mettersi in mostra singolarmente. Milano approfondirà invece il tema dell’Expo stessa: il nutrimento del Pianeta. Per questo i partecipanti saranno invitati a lavorare assieme per trovare soluzioni innovative ai vari aspetti di questo problema. Sarà un Expo partecipativo e interattivo e rimarrà un frutto di questo lavoro: uno dei palazzi dedicati continuerà a essere la sede permanente della discussione sull’alimentazione nel mondo.
Expo di certo dirà che il futuro di Milano è un futuro di modernizzazione. Non posso dire se offrirà un contenuto ancora più specifico, ma, se è per questo, nemmeno Shangai è stato in grado di farlo.