Le quattro coalizioni sono impegnate nel processo di selezione dei candidati a sindaco di Milano, qualcuno è più indietro, qualcuno in mezzo al guado, qualcuno è già in pista. Ma vediamo come si può fare per scegliere “l’uomo giusto” per il governo di una grande città.
1. Ci sono già io e mi scelgo da me. E’ il metodo adottato da Passera e dalla sua Italia Unica (unica perché c’è solo lui). Ci vuole tanta autostima, un ego smisurato, un pizzico di ambizione, e la granitica certezza che “io sono io, e voi non siete un c…”. Bisogna presentarsi dicendo che tutti gli altri non vanno bene, che la Lega fa schifo, Forza Italia è morta, Ncd impresentabile, la sinistra inadatta, Grillo un cialtrone. Rimane da risolvere il problema degli elettori, ma per un esperimento in cui i cittadini milanesi fanno da cavia, può anche andare. Auguri!
2. Noi siamo noi, e ci scegliamo da noi. E’ il metodo adottato dal Movimento 5 Stelle. Bisogna presentare un certificato di “cinquestellitudine” che garantisca di essere parte fedele del movimento, avere un blog e profili social, apprezzare Grillo Casaleggio, Fico Di Maio e Dibattista, e ci si può candidare. Bisogna avere tutto questo e ci si può votare. E chi non ha tutto questo, è espulso. Ammessi: nessuno. Il risultato è che i candidati sono sempre di meno, e i votanti alle “sindacarie” una specie in via di estinzione. Perfino Dario Fo, entusiasta giullare sostenitore del comico Grillo, ha manifestato molte perplessità, sul metodo e sui risultati. Quest’anno ne è uscita la Bedori, una pittoresca consigliera di zona 5. Con tanti saluti a chi ci ha provato, per cinque anni in consiglio comunale.
3. Speriamo che qualcuno si candidi. E’ il sistema del centrodestra, che si è sempre affidato ai leader e ai sondaggi, rinunciando alla costruzione di una classe dirigente, e che si trova senza più appeal elettorale. Se votasse il centrodestra chi ha detto no ad una candidatura a sindaco, probabilmente vincerebbe le elezioni. Salvini, Scaroni, Del Debbio, Cairo, Sallusti, Parisi, Lupi, Alessandrini, Crolla, Gallera, scelti, testati e scartati. Un barcone alla deriva, senza guida né equipaggio. Silvio Berlusconi continua a dire che lui “ha due candidati super” per Roma e per Milano, ma, ormai, si fa fatica a credergli. Sabato ha girato le periferie, da Baggio a Lorenteggio. “Una rockstar” per i suoi supporter, ma l’impressione è che fosse seguito più da giornalisti che da cittadini. Per dirla con Lino Banfi, “Vai avanti tu che a me viene da ridere”.
4. Prima le primarie. E’ il sistema che cocciutamente ha portato avanti il centrosinistra milanese. Un sistema con molti difetti, di certo. A Roma ha selezionato un sindaco rivelatosi poi imbarazzante, in Liguria ha spaccato la coalizione, a Napoli furono così tanti i brogli da dover annullare tutto. Ma a Milano no. Hanno funzionato cinque anni fa e sembrano funzionare ora. Perfino Mister Expo, riottoso all’inizio, non ha trovato motivi sufficienti per dire, alla fine di no. Sopportate da Renzi (in fondo, sono le uniche elezioni in cui è stato votato davvero), sono entrate nel vivo, e la discussione accesa tra l’europarlamentare e vicesindaco Balzani, l’assessore al welfare Majorino e Beppe Sala avvince, avvicina, riempie cinema e teatri. Sembra quasi che le primarie siano l’elezione del sindaco, sia per chi vuole la sinistra di (molta) lotta e di (poco) governo, sia per chi è più moderato e apprezza chi sa “fare le cose”. Come si dice a Milano, “piutost che nient, l’è mei piutost”. Forse, alla fine, meglio le primarie.