Promettono battaglia, l’impugnazione presso la Corte Costituzionale del trasferimento dell’Imu e una grande manifestazione. I sindaci, riuniti ieri all’Assemblea dell’Anci sono agguerritissimi e annunciano mobilitazioni contro il Governo Monti. Le fasce tricolori, in primis il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, sono stanchi di misure impopolari che ricadono sulle municipalità, grandi e piccole, e che mettono in pericolo i fondi per asili nido, parchi e servizi essenziali per i cittadini. Una protesta bipartisan che punta a cancellare i tagli varati nell’ultima Finanziaria. Ne abbiamo parlato con Gilberto Muraro, docente di Scienza delle finanze all’Università di Padova.
Professore, è giusta, secondo lei, questa protesta?
Il governo ha preso delle buone decisioni a livello locale riportando la tassazione sulla tassazione sulla prima casa e aumentando le rendite catastali, perché era una manovra auspicata da gran parte degli economisti: è giusto alleggerire le imposte sui consumi e sul lavoro e aumentare quelle sugli immobili. Ciò che il Governo ha sbagliato è stato imporre, senza dialogare con gli enti pubblici, la tesoreria unica.
Pisapia e i sindaci riuniti ieri contestano il trasferimento dell’Imu raccolto dai comuni e si appelleranno all’articolo 119 delle Carta che determina l’autonomia finanziaria degli enti locali.
Ora, più che mai, servono disperatamente fondi per progetti locali. Non mi intendo di diritto e non so se ci sono gli estremi per appellarsi a un articolo per la cancellazione di una legge, ma personalmente sono d’accordo con i sindaci che chiedono la restituzione dell’Imu. Magari può esserci un periodo di transizione per l’Imu allo Stato, ma a regime deve rimanere appannaggio dei comuni.
I sindaci chiedono anche la modifica del patto di stabilità.
In questo caso mi sembra sia stato fatto un passo avanti, già compiuto dal precedente governo, nel regionalizzarlo: vale a dire che se le regioni si mettono d’accordo con gli enti locali si instaura un consolidato a livello regionale dei bilanci comunali. Se c’è, ad esempio, un comune che può fare investimenti, ma non ne ha necessità può trasferire fondi a comuni che ne hanno bisogno, senza considerare il patto di stabilità.
Quale sarebbe il vantaggio?
In questo modo si guadagna in flessibilità di bilancio da parte dei comuni virtuosi. Questa norma, a mio parere, andrebbe adottata da tutte le regioni poiché io credo maggiormente agli investimenti locali che non alle grandi opere. Perché, quindi, non dare un po’ più di libertà di movimento ai comuni allentando il patto di stabilità per ciò che riguarda gli investimenti? Si darebbe infatti più fiato agli investimenti presentando una manovra utile sul piano macro economico per il rilancio dell’economia del Paese.
I primi cittadini contestano pure la tesoreria unica.
Non è una manovra nuova quella messa in atto dal Governo: già ai tempi del ministro Andreatta c’era stata una manovra di tesoreria unica che aveva tolto autonomia alla gestione dei liquidi per gli enti locali. Però, ora appare ingiustificata perché nel frattempo c’è stata una manovra federalista della Costituzione. Sul piano strettamente giuridico, il Governo si è comportato in modo piuttosto arrogante. Ci sono molte soluzioni: si può cercare un compromesso e stabilire che una parte di liquidità deve essere investita in titoli del debito pubblico, lasciando, però, maggior autonomia agli enti locali.
C’è, secondo lei, un equilibrio fra tasse locali e tasse nazionali?
Non ci sono numeri magici e sono riflessioni da rimandare una volta che verranno riformate tutte le varie autonomie: in particolare con l’eliminazione delle province e come verranno ripartite le competenze fra comuni e regioni. E occorrerebbe lasciar tempo perché vengano attuati gli ultimi aggiustamenti, appena varati. Non è corretto impedire le manovre con un patto di stabilità di tipo giugulatorio oppure prendendo con la mano sinistra, come il caso del governo per l’Imu, ciò che era stato dato con la mano destra.