In questo secondo contributo (il primo articolo è pubblicato sul n° 64 – Giugno 2017) l’autrice descrive in modo più analitico le azioni e i contenuti a cui le insegnanti possono indirizzare le proposte di attività e l’osservazione dei bambini.
Lavorando in questa direzione, si identificano le radici profonde dei concetti matematici, sia aritmetici sia geometrici, e si può indicare una traiettoria di sviluppo che, in modo adeguato seguendo il metodo dell’esperienza, parte dalle attitudini innate dei bambini e porta alla formazione dei concetti.
Non si tratta di forzare il loro pensiero, bensì di intercettare il loro interesse e la loro apertura mentale.
La proposta sarà completata nei numeri successivi della rivista, raccontando esperienze esemplificative svolte e documentate da insegnanti.
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Occorre ora incominciare a dettagliare su che cosa è importante e produttivo dirigere l’attenzione quando ci occupiamo di matematica con bambini dai tre ai sei anni. Non parliamo di contenuti già organizzati in un programma e formalizzati in conoscenze e competenze, perché ribadiamo che nella scuola dell’Infanzia non si tratta di anticipare, bensì di preparare le basi , mettere le radici dei concetti su cui la scuola svolgerà il lavoro dell’apprendimento.
Le Indicazioni Nazionali per la scuola dell’Infanzia del 2012 giustamente elencavano nella sezione «La conoscenza del mondo» una semplice lista di traguardi per lo sviluppo della competenza (si veda il riquadro che segue), nella quale non si dettagliano contenuti, ma si nominano diverse azioni che il bambino dovrebbe saper svolgere, azioni che sono proprio quelle che in seguito chiameremo azioni preparatorie.
Traguardi per lo sviluppo della competenza Il bambino raggruppa e ordina oggetti e materiali secondo criteri diversi, ne identifica alcune proprietà, confronta e valuta quantità; utilizza simboli per registrarle; esegue misurazioni usando strumenti alla sua portata. |
Può essere utile analizzare un’espansione ragionata di tale elenco di azioni, suggerita da esperienze e riflessioni condotte in un lavoro comune da gruppi di insegnanti, di cui proporremo in seguito esemplificazioni di vario tipo.
Organizziamo le nostre proposte in quattro ambiti di interesse, cercando di essere sintetici, consapevoli che per una trattazione esauriente occorre risalire alla ricca e importante bibliografia oggi esistente, legata a scuole di insegnamento e ricerca sulla Didattica della Matematica, presenti in molte facoltà universitarie di Scienze della Formazione.
Le basi dei concetti numerici: dal senso del numero al contare
L’espressione senso del numero si riferisce alla predisposizione, innata nella mente umana, per le acquisizioni delle quantità numeriche e dell’idea di cardinalità di un insieme, acquisizioni legate a esperienze percettive di insiemi discreti di oggetti.
Possiamo riconoscere tale predisposizione nei bambini fin dai primi mesi di vita, e le neuroscienze oggi confermano che il cervello umano dispone di una ben individuata zona, predisposta proprio per le funzioni della matematica.
Le abilità numeriche innate oggi generalmente riconosciute sono: la facoltà detta con termine inglese subitizing, che consente di individuare e distinguere visivamente la numerosità di piccole quantità di oggetti (generalmente fino a quattro – cinque oggetti); la stima, ovvero il saper dare una valutazione visiva (approssimata) di quantità oltre il limite del subitizing (cioè maggiori di cinque), senza operare il conteggio; l’acuità numerica, che permette di operare confronti di quantità visivamente, discriminando, sempre senza ricorrere al conteggio, quale sia più o meno numeroso tra due insiemi di diversa numerosità, o se siano di ugual numero.
Tali abilità sottostanno alle azioni del conteggio, delle quali i bambini si possono impadronire gradualmente, passando così nel tempo dal senso del numero al concetto di numero, concetto che possiamo ritenere acquisito quando si siano saldate nella mente del bambino tre componenti: il nome, la quantità a cui si riferisce, e la lettura-scrittura dei segni adottati per rappresentarla.
Il numero entra nella vita e nella mente dei bambini molto prima che essi arrivino alla scuola primaria: essi, normalmente, prima dei sei anni conoscono i nomi dei numeri, anche molto oltre il venti, cioè sono in grado di usare parole-numero nella cantilena della sequenza numerica; e hanno potuto sperimentare nelle loro esperienze alcune azioni che sostanziano le operazioni sui numeri; spesso hanno anche già intuito l’idea della generazione infinita dei numeri naturali.
In modo molto essenziale, diciamo che il concetto di numero contiene due aspetti, distinti ma non separabili.
Da una parte c’è l’aspetto cardinale, legato alla numerosità di un insieme, strutturato dalle esperienze di mettere in corrispondenza biunivoca insiemi di oggetti diversi, e dalla conquista della conservazione della quantità al variare dell’ordine e della grandezza degli oggetti.
Dall’altra c’è l’aspetto ordinale, interiorizzato proprio attraverso le azioni del conteggio, che consistono nell’associare un numero al posto che gli oggetti hanno in una sequenza ordinata, organizzata rispetto alla posizione spaziale degli oggetti, oppure alla successione temporale delle azioni con cui li abbiamo disposti (li abbiamo presi o collocati uno dopo l’altro).
Poiché non possiamo trattare a fondo gli aspetti teorici di queste interessanti questioni, elenchiamo solo le azioni preparatorie, relative a entrambi gli aspetti, cardinale e ordinale, tutte azioni che possiamo proporre ai bambini in molte occasioni: raggruppare, classificare; costruire e riconoscere corrispondenze biunivoche; riconoscere il numero degli elementi di insiemi corrispondenti, anche adottando opportuni simboli, spontaneamente o seguendo le convenzioni di scrittura; recitare la filastrocca dei numeri, coordinandola ai gesti utilizzati nel conteggio, e riconoscendo che l’ultima parola pronunciata corrisponde al numero di oggetti contati; annotare in modi vari la progressione del conteggio; ordinare insiemi di oggetti secondo criteri prestabiliti; ricostruire l’ordine temporale di eventi; riconoscere, progettare e descrivere semplici sequenze ritmiche (colori, forme, movimenti, suoni, …).
La visione dello spazio e le prime rappresentazioni: il senso dello spazio
Se l’attenzione sulle pre-conoscenze numeriche è spesso molto accesa, a volte appare meno decisa la consapevolezza di quanto vanno curati gli aspetti fondativi delle conoscenze geometriche. Invece, secondo Vinicio Villani, «l’apprendimento della geometria comincia fin dalla prima infanzia.
Ancor prima di imparare a contare, i bambini prendono confidenza con le più comuni forme geometriche (si noti bene: tutte tridimensionali!) quali palloni, scatole, dadi, cilindri, piramidi. E ben presto sono in grado di individuare eventuali simmetrie, di riconoscere l’analogia di forma che rende un’automobilina giocattolo simile a un’automobile vera, eccetera.
Queste esperienze concrete vanno considerate come un primo livello di apprendimento della geometria da non trascurare, anzi da valorizzare» [6].
Precisa inoltre Ana Millán Gasca: «l’intuizione del continuo si manifesta nella comprensione diretta di ciò che è una figura, una linea, un solido, i prolungamenti, le intersezioni, le parti, i confronti; essa guida il bambino nei movimenti, nei giochi, nel disegno e nell’osservazione.» e ancora: «sviluppare l’intuizione del continuo nel bambino consiste nel portarlo dall’osservazione e dalla percezione (le rappresentazioni tattili, visive, motorie) alla considerazione degli oggetti della geometria euclidea. Tale compito può iniziare prima della scrittura, sotto forma di gioco accompagnato da parole: termini per indicare oggetti astratti (punto, retta, angolo, sfera, cubo, cerchio, triangolo, quadrilatero) e domande o piccoli problemi» [4].
Usiamo l’espressione senso dello spazio per implicare nella sua ampiezza l’esperienza del comportamento spaziale, cioè della collocazione della persona nell’ambiente che la circonda, e dell’esperienza e attività motoria che vi esplica (manipolazione, locomozione, costituzione dello schema corporeo, riconoscimento delle forme e delle relazioni), e della rappresentazione spaziale che si esprime nelle diverse ricostruzioni, interne ed esterne, delle esperienze spaziali che produciamo, esplicitate in diversi sistemi espressivo-simbolici (verbali, gestuali, grafici, plastici, …).
Dovremmo perciò comprendere quanto questo aspetto implichi tutta la persona del bambino nella sua interezza, corpo, mente, mano.
Le azioni preparatorie sono spesso comuni all’ambito motorio o psicomotorio, oppure all’espressione artistica.
Si tratta infatti di: orientarsi nello spazio, individuando e scegliendo riferimenti (interni o esterni); eseguire percorsi; scegliere il punto di vista per rappresentare graficamente nel piano mappe o plasticamente in 3D oggetti; osservare e analizzare per individuare e riconoscere forme (solide e piane); denominare gli oggetti e rappresentarli o riconoscerli nelle rappresentazioni; usare una griglia quadrettata per individuare posizioni e spostamenti (cominciare a leggere per righe e colonne).
Misurare per confrontare
Questo ambito è il trait d’union tra l’ambito numerico e quello geometrico, e implica anche l’esperienza delle scienze sperimentali, prevedendo azioni e concetti contigui, potremmo dire, a quelli coinvolti nel rapporto col mondo naturale.
Si tratta di un campo che offre una miniera di possibili attività da proporre ai bambini o che essi fanno spontaneamente: confrontare, individuando le grandezze in esame e criteri opportuni; comprendere il procedimento di riporto di una grandezza in un’altra a essa omogenea, cioè intuire la funzione dell’unità di misura (spontanea e arbitraria o convenzionale); scegliere strumenti adeguati; scegliere unità di misura opportune; riportare con simboli i risultati delle misurazioni; ordinare opportunamente insiemi di oggetti, anche in base a criteri quantitativi.
Il pensiero progettuale e strategico
Se appare più astratto parlare di questo ambito, esso è effettivamente quello che contemporaneamente fonda e coordina quello che abbiamo fin qui analizzato.
Tutte le attività che proponiamo, che in questo arco di anni hanno il privilegio di presentarsi prevalentemente nella forma del gioco, strutturano il pensiero del bambino.
Le percezioni che gli provengono dal mondo fisico in cui è collocato, l’interiorizzazione delle azioni che compie personalmente, formano la capacità di astrarre dal concreto al pensato: la sua mente si porta così al piano delle rappresentazioni simboliche -senza le quali non si acquisiscono poi la lettura e la scrittura-, e le azioni fisiche cominciano a diventare azioni mentali.
È questo che intendiamo pensando alla capacità umana di prevedere l’effetto delle azioni, quindi di progettare comportamenti e costruzioni, elaborando strategie di procedimento.
Non mi stancherò di ripetere che con i bambini, lo strumento principale a questo scopo è il linguaggio: verbalizzare con loro le esperienze, raccontare e chiedere di raccontare ascoltandoli, osservare e raccogliere le loro riflessioni/conversazioni/discussioni sono il modo migliore per rendersi conto di quanto avviene nella loro mente (e nel loro cuore, che non si separa dalla mente!).
Poi sono davvero importanti tutte le proposte che implichino di: elaborare e seguire procedure di routine che chiedano un ordine (anche solo la struttura della giornata o la compilazione del calendario sono di questo livello); imparare a descriverle nella sequenza corretta; comprendere le regole dei giochi, saperle seguire anche elaborando strategie, inventarne di nuove da proporre agli altri.
Cosa serve davvero alla scuola?
Come sintesi, ribadendo che la scuola dell’Infanzia non ha il compito di fornire nozioni formali, ma di coltivare e preparare quegli atteggiamenti e quelle disposizioni mentali di cui abbiamo parlato, ne ripercorriamo gli aspetti essenziali.
Ciò che mette in moto un bambino a scuola, e che fa ben sperare sul successo formativo del suo percorso, sono: la curiosità e l’apertura mentale (chiedersi i perché di …); la capacità di osservazione attenta e precisa di ciò che lo circonda; l’uso della lingua (ha interesse per le parole, vuole comprendere i termini nuovi che sente, inventa termini che contengono il significato che vuole esprimere, è disponibile a verbalizzare e dialogare le esperienze che condivide con altri); il cominciare a usare spontaneamente segni al posto di parole o di oggetti, e a volere comprendere il contenuto di messaggi simbolici (codifica e decodifica di significati); l’apprendere procedimenti (azione mentale e intenzionale) e regole (particolarmente nei giochi); l’essere disponibile a mettersi alla prova, a misurarsi con compiti vari e nuovi.
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Raffaella Manara
(già docente di Matematica nel Liceo Scientifico, membro della Redazione di Emmeciquadro)
Indicazione bibliografiche
M. Bartolini Bussi, Matematica. I numeri e lo spazio, Edizioni Junior, Bergamo 2008.
M. Donaldson, Come ragionano i bambini, Springer-Verlag, Milano 2010.
G. Israel, A. Gasca, Pensare in matematica, Zanichelli, Bologna 2010.
A. Millán Gasca, Numeri e forme, Zanichelli, Bologna 2016.
F. Paoli, Didattica della matematica dai tre agli undici anni, Carrocci, Roma 2014.
V. Villani, Cominciamo dal punto, Pitagora, Bologna 2006.
© Pubblicato sul n° 65 di Emmeciquadro