Leggendo Il tempo della semina, scritto da Raffaele Bonanni con Lodovico Festa, a un laico cresciuto nella sinistra viene quasi spontaneo domandarsi: ma dove è finita la Cgil? Esiste ancora? È una domanda retorica, perché la Cgil resta sempre una grande realtà del movimento sindacale italiano e del Paese, ma la sua elaborazione, il suo ruolo in questo momento storico sembra spesso confinato tra i superstiti di un mondo ideologico che non esiste più.
“Responsabilità e collaborazione per contrastare la crisi”, spiega il sottotitolo del testo edito da Boroli, che sarà presentato oggi alle 17:00 al Centro S. Fedele di Milano, con una sorta di “parterre des rois”. Oltre ai due autori, tanti personaggi della cultura e della politica come Sorge, Tarquinio, Ferlini, Carera, Baglioni.
Bisogna prendere atto che la Cisl ha assunto, in questo momento della storia italiana, un ruolo da autentica protagonista: con lo stesso peso di iscritti della Cgil tra i lavoratori attivi, la Cisl è la protagonista di proposte e nella costruzione di accordi, affermando una linea che nelle sue caratteristiche essenziali è quella elaborata 60 anni fa nel momento della fondazione.
Raffaele Bonanni, l’attuale segretario generale, interpreta fedelmente lo spirito e l’opera di grandi sindacalisti come Giulio Pastore e Mario Romani, quelli che fecero la “scelta atlantica” nel 1950, quelli che si richiamavano nella loro strategia sindacale alla dottrina sociale della Chiesa, quelli che non sopportavano un sindacato come “cinghia di trasmissione di un partito”. Ma Bonanni è un personaggio troppo libero, troppo realista e concreto per stare a cullarsi sulla grande tradizione cislina.
Inquieto e attivo come un grande uomo di fede, Bonnani rappresenta perfettamente il rinnovamento nella continuità, la volontà di guardare la realtà che cambia e il coraggio di assumersi la responsabilità di scelte che si devono fare, nell’interesse dei lavoratori che si rappresenta e nell’interesse generale del Paese. Oggi è proprio Bonanni, con questo suo dinamico riformismo, che si colloca tra i protagonisti di chi vuole assicurare una dignitosa stabilità al sistema Italia, in un tempestoso momento di crisi economica mondiale.
Ed è per questa ragione che lo si vede impegnato in un sindacalismo che sta uscendo dall’apatia, che diventa invece un punto di riferimento di una società capitalistica matura, dove prevale una linea di cooperazione per lo sviluppo, con la crescita della partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende. È questa una linea sindacale innovativa, che naturalmente provoca reazioni rabbiose da parte di settori legati a ideologie obsolete, oppure ad aree smarrite e frastornate di fronte ai nuovi processi industriali.
Ma è una scelta coraggiosa e possibile, che ha già dato i suoi frutti. In Italia la linea della cooperazione è prevalsa consentendo buoni risultati nella difesa dell’occupazione anche attraverso la cassa integrazione straordinaria e i contratti di solidarietà. È certo che ora Bonanni non sfuggirà di fronte a un altro appuntamento impegnativo, quello con la Fiat, che può essere rilanciata grazie allo sforzo partecipativo dei lavoratori e dei sindacati o può invece essere spinta fuori dall’Italia se prevarranno posizioni ideologiche e atteggiamenti estremistici.