Roma ne ha viste tante. Galli, unni, ostrogoti, lanzichenecchi, francesi e spagnoli, tedeschi…barbari e Barberini. I suoi sindaci? Faticoso stilare classifiche, in genere ci si attiene alla regola: l’attuale è peggio del precedente, di qualunque partito sia, qualunque cosa abbia fatto. Stavolta però non è solo un modo di dire. Nominate Ignazio Marino a un romano qualunque, che non faccia parte della sua claque elettorale, e a stento tratterrà rabbia e improperi. Coloriti.
Cosa si ricorda, del suo quasi impegno annuale di Primo Cittadino? Qualche tratto di pista ciclabile. Il proposito di instaurare i registri per le coppie omosessuali. La tragicomica farsa della passeggiata dei romani, vedasi pedonalizzazione zona Fori Imperiali. Splendida idea, salvo che i cittadini per muoversi da un capo all’altro della città avrebbero bisogno di elicotteri o teleferiche. Ma tant’è, a lui che abita in centro, lavora in centro e gira in bici per qualche centinaio di metri, il problema non si pone, non lo vede. Gli danno un po’ fastidio i sanpietrini, e così pensa di rimpiazzarli con lastroni più larghi, in barba alla tradizione e ai costi. Se ci riuscirà durante il suo mandato, ne gioiranno le ricche turiste con tacchi a spillo che faticano nelle vie della moda.
Quanto alle cose serie, Marino latita, che si tratti di scuole, ospedali, nonostante i volonterosi blitz del ministro Lorenzin, mezzi pubblici. Per non dire della criminalità: se le ultime vittorie comunali si sono giocate sul terreno scivoloso della sicurezza, Marino non è meglio di Alemanno, anzi. Grazie alla tolleranza verso i proliferanti campi rom, caso mai è aumentata. Solo che se si sparano a Tor bella Monaca, anziché subire violenza a Termini, evidentemente il senso di sicurezza dei cittadini non viene scalfito, chissà. Il Bronx è Bronx, che ci vogliamo fare.
Ma negli ultimi giorni la città esprime tutto il suo favore al Sindaco soprattutto per la solerzia nel far fronte all’emergenza acqua. Si sa, case costruite male, abusi edilizi su cui in tanti hanno chiuso gli occhi, e su questo Marino non ha colpe di sorta. Ma altro è la totale mancanza di interventi urgenti per ristabilire un minimo di viabilità, e permettere alla gente non dico di uscire la sera a divertirsi, ma almeno di andare a lavorare senza accumulo di ritardi. Frane, buche, smottamenti, pozze d’acqua adeguate ad ospitare canotti. Alemanno era stato sbeffeggiato per la paralisi di una città innevata. Ma almeno era neve, e in quantità. Ora si parla di acqua tanta, indubbiamente, ma che faranno mai i sindaci di Praga, Vienna, Parigi, Londra, Dublino…?
Marino si difende, mica le ha fatte lui, le strade, lui tagliava e cuciva in sala operatoria, a quei tempi. Però, come ha implorato un poco ridanciano Carlo Verdone, icona della capitale, “un po’ di catrame, dateci del catrame!” Per tappare le buche, causa di incidenti continui e pericolosi, soprattutto ai guidatori di moto e motocicli. Che vadano a piedi! Che prendano l’autobus! Somiglia tanto al “Che mangino delle brioches” della satolla Maria Antonietta al popolo affamato.
Provateci, a Roma, a spostarvi con i mezzi. La metropolitana: generazioni sono cresciute aspettando ampliamento della metro alla linea C, per poter arrivare prima a visitare la fidanzata. Ormai l’hanno sposata, il problema è dei loro figli. E quando piove, e dico piove con forza, non il diluvio, tutte le stazioni della metro si allagano, chiuse, vietate, gambe in spalla, che le navette sostitutive sono miraggi. Ma questo week end davvero l’amministrazione comunale ha dato il suo meglio: strade consolari, grandi arterie, chiuse per le frane e le buche di cui sopra; il derby Roma-Lazio, lo sciopero dei vigili urbani, poveretti loro, e il sindaco che fa? Dà l’autorizzazione per due, dico due cortei convergenti, uno dei quali agli antiproibizionisti per la liberalizzazione delle droghe leggere! Va bene che sono quelli che l’hanno votato, va bene che per sopportare il traffico di Roma la cannabis sta per diventare necessaria, ma ci vuole un limite alla decenza.
Caro Sindaco, lei che è così preso a farsi fotografare accanto a quell’uomo vestito di bianco che va per la maggiore di questi tempi, e giganteggia sulle copertine dei settimanali. Lei, così pio, come ben ricorda chi la ascoltava parlare di libertà e diritti sui temi bioetici secondo il magistero della Chiesa. Ascolti il Vangelo di questa domenica infernale, pensi alla metafora splendida dei cristiani paragonati a una città che risplende sopra un monte. Ecco, più terra terra, lasciando star lo spirito, Roma è quella città sul monte, per tutte le genti della terra, non solo per i suoi abitanti. Tocca averne cura, farla risplendere.
Lei era un abile e ed esperto chirurgo: la città che governa è un paziente malato, sembra Kabul, è stato detto. Ma non ci vogliono medici per sanarla. Ci vuol coraggio, e poche chiacchiere, poche passerelle. Mica era obbligato a caricarsi di questo onore, togliendo tra l’altro mente e braccia alla medicina. C’è sto maledetto patto di Stabilità che nega fondi i Comuni? Ha ragione. Ma il capo del Governo è del suo partito, il sindaco dei sindaci è del suo partito, pretenda dall’uno, chieda consiglio all’altro, vedetevela voi. Altrimenti, sbatta la porta se è il caso, ma lasci carica e poltrona.