Prima di essere “triste”, la disciplina economica è “ficcanaso”: si occupa un po’ di tutto. Da anni si fanno analisi economiche delle Olimpiadi non sulla base di sensazioni o punti di vista, ma di solidi numeri per quantizzare costi e ricavi, delineare strategie vincenti, mettere in guardia da tattiche perdenti. L’esito di queste analisi, per chi si prende la briga di leggere e studiarle (a questo fine, non per dare sfoggio di erudizioni, forniamo i riferimenti puntuali) ha portato a un secco “no” alla candidatura di Venezia e un deciso “sì” a quella di Roma per i Giochi Olimpici del 2020. La capitale d’Italia è oggi in gara. Vediamo quali sono le ragioni economiche che l’hanno fatta preferire a Venezia, quali le chance di ottenere una decisioni favorevole da parte del Comitato Olimpico Internazionale, quali le opportunità, quali i rischi. Sono temi affrontati dalla Commissione Marzano sul futuro della capitale con cui ho lavorato.
L’Università di Amburgo ha esaminato (Hamburg Contemporary Economic Discussions, n. 2, 2007) 48 candidature nell’arco di tempo 1992-2012 e costruito un modello che tiene conto della logistica, della situazione climatica, e del tasso di disoccupazione. Lo strumento si è rivelato efficacissimo nell’individuare canditure che sono state effettivamente bocciate (un tasso del 100%) e nel 50% ha azzeccato quelle che hanno vinto. Dato che Olimpiadi a Venezia vogliono dire logistica più complicata e clima più caldo e umido rispetto a Roma (il tasso di disoccupazione è simile), ove avessimo candidato Venezia, probabilmente non avremmo superato neanche il primo ostacolo. Roma, invece, parte con buoni voti in logistica.
Le Olimpiadi, però, non sono necessariamente “un affare” in termini di ricavi finanziari (giustapposti a costi finanziari) per la città, o le città, che ospitano, i loro alberghi, ristoranti, negozi e via discorrendo. Tre economisti greci hanno condotto una valutazione ex-post delle Olimpiadi di Atene del 2004 (è pubblicata sulla rivista Applied Financial Economics, Vo. 18 n. 19 del 2008); finanziariamente, hanno guadagnato solo gli sponsor, ma non quando si sono svolti le gare o dopo l’evento: le loro azioni hanno avuto una rapida ma breve impennata quando la capitale greca è stata scelta – quindi, l’aumento della valorizzazione è dipeso dall’”effetto annuncio”.
Interessante una dettagliata valutazione ex-ante dei giochi invernali Vancouver; i costi superano i benefici, anche senza contabilizzare le spese per l’infrastruttura (perché permanenti e non connesse solo all’evento) e quantizzando l”orgoglio della città e della Provincia” di ospitare le gare. In effetti, i flussi turistici aggiuntivi sono stati modesti; i costi associati al turismo olimpico spesso superano i ricavi, come peraltro già rilevato in occasione di altre Olimpiadi , ad esempio di quelle tenute nel 1996 ad Atlanta in Georgia.
Uno dei lavori sugli esiti economici non brillanti delle Olimpiadi di Atlanta è intitolato: “Perché gareggiare per essere sede di Giochi?”. La risposta viene data da due saggi relativi uno alle Olimpiadi di Pechino del 2008 (pubblicato nello Sports Lawyer Journal Vol. 15 del 2008) e l’altro alla Coppa del Mondo giocata in Germania nel 2006 (CESifo Working Paper No. 2582 del 2009). I costi alla collettività vengono in questi casi superati, anche di molto, dai benefici alla collettività perché l’evento riguarda l’intera Nazione. Le Olimpiadi di Pechino sono state, afferma lo studio, “un’opportunità d’oro perché la Cina sia accettata a livello mondiale”. La Coppa del 2006 ha accelerato di 20-40 anni il processo di integrazione sociale tra le Germanie dell’Ovest e dell’Est. Le stime quantitative (effettuata attraverso il metodo delle valutazioni contingenti) non sono state messe in discussione da nessun statistico. Un carta di più per Roma: olimpiadi nazionali per accelerare l’integrazione del Sud con il Nord.
Fatto il primo passo – la scelta e la formalizzazione della candidatura, occorre fare bene i successivi in vista dell’obiettivo 2020 – indurre il Comitato Olimpico a scegliere Roma come sede delle Olimpiadi per quell’anno. Noi romani abbiamo lezioni sia buone sia meno positive di esperienze analoghe. In particolare, le opportunità vennero colte con giudizio quando venne presentata la candidatura della città in vista delle Olimpiadi del 1960: la proposta venne inserita in un grande complesso di modernizzazione di Roma, e dell’Italia, che comprendeva, unitamente agli impianti sportivi ed al villaggio per ospitare atleti e delegazione, un nuovo sistema di trasporto urbano e collegamenti veloci (vi ricordate il “Settebello”?) con il resto d’Italia e del mondo. Fu l’attenzione agli aspetti strutturali di lungo periodo a convincere il Comitato. Inoltre si era in pieno miracolo economico: nel 1963, ad esempio, per la prima (e ultima volta) il tasso disoccupazione dell’Italia scese al di sotto del 3% della forza lavoro.
Meno incoraggianti le lezioni che si possono trarre dal Giubileo 2000, un’opportunità in parte mancata, come mostra la scarsa od incerta utilizzazione di alcuni manufatti (la stazione per il collegamento Ostiense-Aeroporto; il grande parcheggio sotto il Gianicolo), nonché per la dispersione dello sforzo in mille rivoli di manutenzioni straordinarie di Palazzi e luoghi di culto (certamente utili ma prive di impatti di lungo periodo).
Per prendere il meglio dalle esperienze positive e scartare il peggio di quelle negative, le Olimpiadi si presentano come un’opportunità irrepetibile da cogliere per la trasformazione di Roma (e del suo hinterland) perché diventi il centro della tecnologia in Italia. Ciò è possibile unicamente nella capitale perché, in quasi tutto il mondo, la Pubblica amministrazione è la leva essenziale per iniettare alta tecnologia nel Paese. Ciò è anche il modo per dare linfa al tessuto di piccole e medio imprese, spesso familiari, che caratterizza Roma ed il Lazio.
Sotto il profilo del metodo, occorre sottolineare che l’investimento di lungo periodo in capitale sociale (fisso e/o immateriale) ha due tipologie di effetti: a) keynesiani nella fase di cantiere ; b) neoclassici in quella a regime. I primi comportano un aumento di consumi ed occupazione (nonché, tramite il moltiplicatore, d’investimenti nell’arco di un certo numero di anni). I secondi un aumento della produttività dei fattori a ragione della maggiore e migliore dotazione di capitale. Tanti i primi quanto i secondi possono essere quantizzati utilizzando una matrice di contabilità sociale (Sam) ed un modello computabile di equilibrio economico, Cgem (generale o parziale). In Italia, è stato fatto lavoro pioneristico in materia da alcune Regioni . Dal 1996, l’Istat non rileva più la Sam italiana a ragione delle restrizioni di bilancio. Tuttavia in casi recenti (l’analisi economica e finanziaria della transizione da televisione analogica a digitale terrestre) è stato possibile effettuare aggiornamenti parziali (come documentato nel libro Bezzi e altri Valutazione in Azione, F. Angeli 2007). Inoltre, il Presidente dell’Istat , Enrico Giovannini, ha posto l’aggiornamento della Sam tra le priorità dell’Istituto.
Quindi, esistono le basi per presentare al Comitato Olimpico una valutazione di livello internazionale del complesso degli investimenti, oltre che analisi dei costi e dei benefici dei singoli progetti. E costruire, così, la carta vincente.