E caduto un tabù. Alitalia dovrà “subire”, sulla tratta Roma-Milano, la concorrenza di un’altra compagnia aerea. Easyjet, da oggi, 25 marzo, disporrà di sette slot. L’azienda low cost calcola di trasportare, nel primo anno di attività, tra i 350 e i 400mila passeggeri. La rottura del monopolio potrebbe rivelarsi fatale per l’impresa nostrana? Può darsi. Quel che è certo, spiega Marco Ponti, professore ordinario di Economia Applicata al Politecnico di Milano, è che ci saranno vantaggi per i cittadini.
Professore, anzitutto, perché finora Alitalia ha operato in regime di monopolio?
Era una delle condizioni poste dai capitani coraggiosi per investire nell’azienda quando si decise di privatizzarla. L’operazione, già allora, suscitò parecchie perplessità. Per tre anni, che poi diventarono quattro, l’Antitrust non è potuto intervenire per legge. Si è trattato di un “sacrificio” per continuare ad avere una linea di bandiera forte e sana. Eppure, evidentemente, la strategia non è stata poi così condivisibile. La protezione dalla concorrenza non è servita pressoché a nulla. Lo si evince dai risultati. La compagnia, infatti, è perennemente ridotta alla canna del gas. Nonostante, teoricamente, in regime di monopolio i profitti dovrebbero essere estremamente elevati.
Com’è possibile?
E’ il modello industriale che, di per sé, si è rivelato fallimentare e indifendibile. Le dimensioni dell’azienda, anzitutto, sono troppo limitate per poter operare sul mercato nazionale, su quello europeo e su quello internazionale. Non potrebbe tuttavia, fare altrimenti, considerando la disomogeneità della sua flotta, che dispone di aerei a breve, medio e lungo raggio; il che, oltretutto, rende impossibile una gestione aziendale unitaria. Basti pensare alle difficoltà per formare i piloti o per reperire i materiali di ricambio ai quattro angoli del globo.
Ora che si è proceduto a liberalizzare cosa succede?
Anzitutto, non parlerei di liberalizzazione vera e propria, dato che si sono liberati solamente 7 slot. Sta di fatto che, per Easyeat, rappresenta un’operazione estremamente vantaggiosa. Nonostante la concorrenza del treno, la tratta è altamente profittevole. Circa metà dei passeggeri che la percorrono continueranno sempre a farlo in aereo. Da quando Fiumicino è diventata la base per i voli di lunga distanza di Alitalia, dopo l’abbandono di Malpensa, per chi deve prendere un volo internazionale non è più conveniente prendere un treno per arrivare al Leonardo Da Vinci. Ci sono, oltretutto, ancora ampi margini per intervenire.
Tutto questo, per Alitalia cosa comporterà?
Registriamo, anzitutto, che l’azienda si è parecchio innervosita. E, nonostante ufficialmente smentisca, ha fatto ricorso contro per due volte contro la decisione dell’Antitrust.
E’ destinata ad andare ancora peggio?
C’è da sperare che l’azienda, a questo punto, venga acquistata da Air France. Di certo, infatti, la concorrenza bene non le farà.
Ma farà bene ai consumatori.
Questo è sicuro. In particolare, a tutti quei viaggiatori che devono necessariamente passare per Roma – e sono tanti.
Più in generale, la liberalizzazione quali effetti determinerà sul sistema economico italiano?
Alitalia, come gran parte delle aziende italiane, dovrà prima o poi iniziare a misurarsi con un’ottica europea. La protezione dalla competizione, in genere, sul lungo periodo non fa bene. Rende le imprese incapaci di stare sul mercato. Liberalizzare il settore, anche se questo comporterà l’acquisto di Alitalia da parte di Air France, risulterà benefico. Sarei più prudente se si trattasse di un’azienda di produzione ad alto contenuto tecnologico. Rischieremmo una perdita di know how. Ma un ragionamento del genere, nel caso delle aziende di servizi, di qualunque azienda di servizi, non vale.
(Paolo Nessi)