“Il sindaco Marino risolva il problema del debito di Roma vendendo Acea, la multiutility dell’energia elettrica”. E’ l’invito di Raffaello Lupi, professore di Diritto tributario all’Università Tor Vergata di Roma. Il governo Renzi ha varato il nuovo decreto che comprende anche il cosiddetto “provvedimento salva Roma”. Il Campidoglio otterrà gli aiuti di cui ha bisogno per evitare il fallimento, ma in cambio dovrà accettare dei vincoli stringenti.
Il sindaco Marino ha detto: “Vogliono farmi vendere Acea, ma io non ho intenzione di farlo”. Che cosa ne pensa di questa dichiarazione?
Marino dovrebbe vendere Acea in modo da ridurre i debiti di Roma. Non c’è nessun motivo per cui le multiutility dovrebbero essere controllate dal Comune. La pretesa di un controllo pubblico su questi servizi finisce per fare pagare ai cittadini un costo enorme in termini di inefficienza.
Quali sarebbero le conseguenze di una privatizzazione?
Se si vende Acea, la collettività ha soltanto da guadagnarci. La multi utility dell’energia elettrica e del gas è una società appetibile per il mercato, e quindi il veto a una sua vendita risulta incomprensibile. Su questo però spesso l’Italia è il Paese dei veti incrociati, e anche le operazioni più logiche e sensate finiscono per essere bloccate. La centrale del latte di Roma per esempio era stata venduta dal Comune a Cragnotti, il quale a sua volta l’aveva ceduta a Parmalat, quindi a Lactalis. Il Tar dopo 15 anni ha annullato la vendita, creando una situazione di stallo giuridico da cui non si comprende come si possa uscire.
Quanto può rendere la vendita di Acea?
Non so quanto renda Acea per Caltagirone che ne è comproprietario, e quindi quanto si potrebbe effettivamente ricavare vendendo la quota del Comune. L’Italia è anche il Paese del referendum sull’acqua pubblica, e questa materia è regolata da norme che impediscono di fare profitto e prevedono un puro rimborso dei costi. Si potrebbe però compensare facendo molti profitti sull’energia elettrica. Per quanto riguarda l’acqua però anche una società privata opererebbe in un regime regolamentato nel cui contesto dovrebbe garantire certi standard. Questi condizionamenti da un lato tutelano il consumatore, ma dall’altra appesantiscono la possibilità di operare. Erogare questi servizi è diverso rispetto a produrre profumi o divani.
Ritiene che si possa vendere il patrimonio immobiliare?
Il patrimonio immobiliare di Roma è costituito da beni magari interessanti, ma fatiscenti e che non si sa come sfruttare. Non è come vendere un appartamento con tre camere da letto. Spesso si tratta di palazzi uso ufficio di cui c’è un’offerta enorme, che necessitano di una profonda ristrutturazione e valorizzazione. Non si tratta di qualcosa di facilmente monetizzabile.
(Pietro Vernizzi)