Un tavolo istituzionale permanente per il Patto per lo sviluppo di Milano. E’ questa l’idea emersa ieri nell’incontro a Palazzo Marino fra il sindaco Giuliano Pisapia e l’assessore al Lavoro Cristina Tajani, e il responsabile del Bilancio, Bruno Tabacci e alcune delle rappresentanze economiche e sociali della città: Assolombarda, con il presidente Alberto Meomartini, la Camera di Commercio con Carlo Sangalli, Confcommercio con Gianroberto Costa; la Cdo con Massimo Ferlini e Assimpredil con Claudio De Albertis. Per i sindacati, Onorio Rosati, segretario generale della Camera del Lavoro e della Cgil, Danilo Galvagni, Cisl e Walter Galbusera Uil. L’obiettivo del patto è stabilire i progetti da finanziare con i 2 miliardi e mezzo o 3 che l’Amministrazione pensa di trovare, rendere attrattiva Milano per nuovi investimenti in vista dell’importantissimo appuntamento con Expo 2015 e per uscire al più presto e non troppo acciaccati dalla crisi. Abbiamo sentito per Il Sussidiario.net, Massimo Ferlini, Presidente della CDO, Compagnia delle Opere, di Milano e Provincia.
Cosa è emerso durante la riunione del Patto per lo Sviluppo?
Innanzitutto, l’importanza del fatto che le forze economiche e di rappresentanza del lavoro di Milano avranno con regolarità un confronto sugli obiettivi di sviluppo che la Giunta si propone e propone per la città. Questo ha due grandi implicazioni: innanzitutto, come ho tenuto a sottolineare, come rispondere alla crisi. Stiamo assistendo alla nascita di nuove forme di povertà che emergono durante la crisi e che sono aggravate dalla solitudine. Quindi, l’aumento di occasioni di punti di contatto con le persone per stabilire i bisogni è fondamentale. Così come il sostegno economico alla micro, piccola e media impresa, come abbiamo rilevato nella Fondazione Welfare, una nuova iniziativa di microcredito istituita da Camera di Commercio, Comune e Organizzazioni Sindacali. A Milano, ci sono molte realtà bisognose d’aiuto, più di quante ne possiamo immaginare e l’occasione di un confronto costante ci da modo di portare esperienze, comparare problematiche e innovare, in corso d’opera, le iniziative messe in campo.
La seconda implicazione?
Il tema degli investimenti e cioè quali sono i prossimi orizzonti per Milano. Attenzione, però, non è un tavolo dove fare trattative nella logica di una vecchia concertazione ma serve per indicare gli obiettivi condivisi da tutti e dove concentrare le risorse dove ce n’è più bisogno. Dentro a tutto ciò c’è Expo che deve essere un elemento catalizzatore e un punto per approntare la Milano del futuro, dove sviluppo e solidarietà marcino insieme.
C’è la possibilità che il tavolo venga allargato ad altre realtà, magari appartenenti al terzo settore?
Mi piace definire la riunione di ieri un “punto zero” da cui partire in cui la Giunta che, per scelta istituzionale, ha voluto invitare le associazioni iscritte in Camera di Commercio. E’ necessario, però, un allargamento ad alcune associazioni che non hanno rappresentanze in Giunta ma che comunque partecipano ai tavoli delle sviluppo milanese senza che diventi però troppo ampio, e quindi improduttivo. D’altra parte, l’assenza del mondo della finanza e delle banche, del settore artigiano e cooperativo va sicuramente colmato.
Come unire gli obiettivi di politica ed economia non dimenticando chi ha maggiori bisogni?
Tutte le forze presenti al tavolo sono già impegnate su entrambi i fronti e stanno già facendo esperienze attive sia sul fronte dello sviluppo sia su quello della solidarietà. Non dimentichiamo che questi due fattori hanno caratterizzato la capacità di Milano di avere una salvaguardia del tessuto sociale e di politiche inclusive nel corso di tutti questi anni.
Ritiene che la crisi si possa trasformare in un’opportunità per ripensare a Milano in un’ottica differente?
Questa crisi è sicuramente una sfida e un travaglio che ci permette di ridisegnare alcune regole di fondo portando al centro al persona e i suoi bisogni. E’ primaria la necessità di risolvere la carenza di impieghi e ripartire con più fiducia verso la crescita senza, però, tralasciare il fatto che ci saranno sempre persone che hanno bisogno di entrare e di tenere aperte tutte le porte.
Si è parlato di un “sistema Milano”: che significato ha per lei questa definizione?
Riuscire a reinterpretare le sfide in chiave positiva. Questa città, di fronte alle sfide ha il pregio di riuscire a mobilitare tutte le sue forze migliori riproducendo, appunto, quel “sistema Milano” che è stato virtuoso nei secoli.
Come cogliere l’opportunità di Expo 2015?
Ieri abbiamo ribadito in molti che Expo 2015 non deve essere un obiettivo finale ma una tappa di un percorso di sviluppo per favorire la mobilitazione delle risorse per la città che lasceremo dopo questo evento, disegnandola più giusta e più competitiva rispetto alle altre aree di sviluppo mondiali.
(Federica Ghizzardi)