“Gli industriali e il loro sistema associativo sono da sempre un grande corpo intermedio della società italiana: a Verona, dove il presidente Boccia ha chiamato a raccolta oltre 6.000 imprenditori, lo hanno ribadito a gran voce. Il futuro del sistema-Paese è strettamente legato allo sviluppo delle imprese manifatturiere. E questo Confindustria e tutte le sue associazioni, tra le quali UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE, lo sentono anzitutto come responsabilità”. Massimo Carboniero, presidente dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, commenta soddisfatto gli ultimi Stati Generali di Confindustria dalla sua azienda – l’Omera – che ha il suo headquarter a Chiuppano, in provincia di Vicenza.
“Il Nordest – dice a IlSussidiario.net – ha saputo far evolvere il suo modello senza perdere la sua identità. La filosofia ‘piccolo è bello’ ha fatto il suo tempo e gli imprenditori del Triveneto hanno saputo rispondere in modo efficace alle nuove sfide, sulle direttrici della crescita, dimensionale e strategica, dell’innovazione, dell’acquisizione di capitale umano, nonché dell’apertura decisa al mondo globale. Ma non è certo un discorso solo ‘locale’, direi piuttosto che questa attitudine è trasversale a tutti quei settori e a quelle aziende che hanno fatto dell’attività oltreconfine uno dei punti di forza del proprio business. Non a caso il comparto rappresentato da UCIMU è tra quelli che meglio testimoniano questa trasformazione evolutiva”.
Cosa le resta della giornata di Verona?
Certamente la convinzione di aver visto raggiunti gli obiettivi che ci eravamo posti: essere riconosciuti nel nostro ruolo di protagonisti in questo passaggio così delicato e decisivo della vita del Paese. Il presidente Boccia, nel suo intervento finale, ha saputo sintetizzare gli stimoli, le proposte, la passione di tutti coloro che hanno partecipato a questa giornata di Assise e agli incontri preparatori organizzati, preliminarmente, nei territori. Il Paese ha bisogno di fiducia: noi imprenditori l’abbiamo ritrovata e la stiamo mettendo a disposizione del sistema, presentando idee e proposte concrete per sostenere lo sviluppo e il miglioramento della competitività del manifatturiero italiano. Anche a questo risponde la proposta illustrata dal presidente a fine giornata, che dovrebbe mobilitare 250 miliardi di risorse.
Lei è intervenuto a nome di Ucimu nella sessione “Impresa che cambia”.
Industria 4.0 è simbolo della una nuova stagione di politica industriale italiana, e ha già espresso un contributo importante alla ripresa, E’ uno stimolo reale al cambiamento che, come ha sottolineato Boccia, dobbiamo all’iniziativa del governo uscente e di quello precedente. E’ uno stimolo al quale tutti gli industriali hanno risposto in modo pieno e convinto e noi imprenditori della macchina utensile lo testimoniamo per primi, essendoci ritrovati al centro. Per questo a Verona ho voluto ribadire con forza che, visti i risultati ottenuti da quello che io definisco il più importante e compatto piano industriale di cui si sia dotato il paese dal dopoguerra ai giorni nostri, occorre evitare di vanificare gli effetti positivi prodotti dalle misure un esso contenute. Direi invece che è necessario valorizzarli.
“Industria 4.0” deve diventare strutturale?
Sicuramente. Deve poter sviluppare pienamente tutte le sue dimensioni, e comprendere anche quella formativa. L’ultima legge di stabilità, oltre a prevedere incentivi per nuove tecnologie, sostiene una “Formazione 4.0”. Ottimo! Ma non sufficiente. Il credito di imposta al 40%, attualmente applicato al solo costo del lavoro del personale coinvolto nella formazione, dovrebbe essere esteso infatti anche al costo dei corsi e dei formatori impiegati, che è poi la spesa più gravosa per le PMI. E’ un intervento importante perché l’occupazione resta tema critico per il Paese, sia in senso quantitativo che qualitativo. Abbiamo necessità di aggiornare chi già opera nelle nostre imprese per evitare che le sue competenze non siano più adeguate alle esigenze del mondo del lavoro e dobbiamo favorire, nel frattempo, l’avvicinamento di nuovi giovani al manifatturiero.
La digitalizzazione, quindi, non “uccide” l’occupazione.
No, al contrario: e a Verona l’Ucimu lo ha voluto ribadire. Le tecnologie 4.0 hanno bisogno di lavoratori 4.0 e questi devono essere formati di più, meglio. Per questo è fondamentale anche il lavoro sugli ITS che devono crescere in numero. In Italia i giovani che frequentano gli ITS sono circa 8.000, in Francia 250.000, in Germania 650.000. Ecco dobbiamo pensare a un sistema formativo in linea con quello degli altri paesi europei che ho citato se vogliamo continuare ad essere la seconda manifattura d’Europa o, ancor meglio, se abbiamo l’ambizione di migliorare la nostra performance.
Imprese e lavoratori 4.0 si devono misurare quotidianamente con una competizione divenuta globale.
E’ stato un altro grande tema delle Assise di Verona: un altro memo forte che abbiamo voluto fin d’ora mettere sui tavoli di chi governerà il Paese dopo il 4 marzo. Il Pil – cioè occupazione e risorse per i nuovi investimenti – ha una sostanza piena quando viene generato sui mercati internazionali: quando corrisponde a esportazione o, ormai, alla capacità tout court dell’impresa con passaporto italiano di organizzare i suoi processi di produzione e vendita a livello globale. Noi dell’Ucimu da anni procediamo secondo un percorso strategico indirizzato a migliorare i processi di internazionalizzazione delle nostre aziende e a Verona abbiamo condiviso la nostra esperienza con colleghi di altri settori. Tre mesi fa abbiamo tenuto a Pechino il primo Forum Italia-Cina dell’Industria della macchina utensile: industriali Ucimu allo stesso tavolo con 150 colleghi cinesi, per delineare assieme gli scenari del nostro settore, per capire cosa possiamo fare assieme, in Italia e in Cina. Un impegno che ha coinvolto, con successo, tutti gli attori economici di due Paesi: le imprese, le rispettive associazioni di categoria, i governi, la nostra ambasciata, l’ICE, i ricercatori e docenti universitari che, grazie al Forum, hanno iniziato a sviluppare nuovi programmi comuni. Investire sul futuro è obbligatorio: noi lo stiamo facendo.