Tre ferimenti in quattro giorni e trenta omicidi dall’inizio dell’anno hanno portato il sindaco Gianni Alemanno ha chiedere alle «autorità una forte reazione per sconfiggere le bande criminali che sparano a Roma», ma l’ennesimo episodio di violenza nella capitale non fa che rinfocolare le polemiche. Il Pd sostiene che la città sta ripiombando nella violenza anni Settanta e che ormai «è diventato pericoloso andare in giro», mentre secondo Giancarlo Capaldo, capo della direzione distrettuale antimafia capitolina, «è in corso una lotta tra gruppi per la spartizione del territorio». L’Udc chiede di conoscere i numeri degli agenti e dei mezzi a disposizione delle forze dell’ordine e l’Idv già parla di «capitale delle gambizzazioni». L’ultimo ferito è Alessio Pellegrini, 33 anni, dipendente in una ditta specializzata nella riparazione di semafori, ricoverato pochi giorni fa all’ospedale San Camillo: «Ho fatto tutto da solo, mi sono sparato da solo», ha raccontato il giovane agli investigatori del commissariato Monteverde, che però non gli hanno creduto. L’uomo, che ha un unico precedente per oltraggio a pubblico ufficiale, potrebbe essere stato colpito perché coinvolto in uno spaccio di droga finito male, e la polizia sta ora dando la caccia a un uomo con il quale Pellegrini avrebbe avuto un litigio nei pressi di un bar in via Monte delle Capre. Intanto i carabinieri della compagnia di Frascati hanno condotto due notti fa una maxi operazione nell’intero quartiere periferico di Tor Bella Monaca, dove dieci giorni fa, durante un regolamento di conti, una bambina di dieci anni ha rischiato di rimanere uccisa; ma anche al Trullo, dove è stato colpito Pellegrini, al Pigneto e a San Basilio, le zone più a rischio della capitale: finite le indagini, il bilancio è di 13 persone arrestate, tra cui otto spacciatori, quattro evasi dai domiciliari e un pregiudicato accusato di aver violato un ordine della magistratura. IlSussidiario.net ha intervistato Davide Rondoni, poeta ed editorialista, per fare il punto di una difficile situazione cittadina: «La criminalità a Roma sta sicuramente assumendo caratteristiche preoccupanti, ma è un fenomeno riscontrabile in tante altre città. La violenza può assumere tanti aspetti differenti, dagli agguati, ai regolamenti di conti, fino alle tragedie come nel caso del gioco erotico in quel garage in cui ha perso la vita una ragazza. Senza dubbio Roma, essendo la capitale, vive in maniera più evidente queste tensioni e in un momento di crisi come questo l’azione criminale può diventare certamente più aggressiva e diffusa. Ogni episodio però è particolare e non è facile fare un’analisi, né si può parlare di violenza romana, attribuibile quindi a una sola città. È facile inoltre attaccare in questo momento un sindaco come Alemanno che, come tanti altri, ha fatto della sicurezza il cavallo di battaglia elettorale, ma stiamo proprio vedendo come questa sicurezza, che in tanti hanno brandito come fossero paladini della giustizia, in realtà non sia così facile da garantire».
Secondo Rondoni, «questo è un problema culturale, economico e educativo, ed è difficile ascrivere le cause a un singolo fattore: la violenza da sempre accompagna la storia dell’uomo, e quindi non si può ridurre a categorie momentanee che attraversano un particolare periodo. Bisogna osservare caso per caso, e ci si accorgerà che la violenza viene fuori da storie di ineducazione o di abbandono, oppure da un malessere generale causato da una crisi economica o sociale. È necessario poi mostrare sempre rispetto anche nei confronti di chi è rimasto vittima di questa criminalità, che quindi non è facilmente catalogabile». Commentiamo poi insieme a Davide Rondoni l’utilità di centri di aggregazione o di iniziative sociale soprattutto nelle periferie per contrastare una violenza così dilagante: «Quando un fenomeno arriva così prepotentemente in una città, è troppo facile pensare che sia contrastabile attraverso azioni sociali o centri di aggregazione, perché spesso non è così: in questo modo non si attua un vero e proprio contrasto, ma più che altro si indica una via differente, che però richiederà molto tempo affinché porti i suoi frutti. Per questo non si può avere l’illusione di andare contro la malavita con centri aggregativi, perché in certi casi le forze dell’ordine devono fare la differenza. Ricordiamoci però che la città è un aggregato sociale e umano, quindi non si può pensare che tutto sia risolto dalla polizia: è necessario che ognuno faccia la sua parte, a partire dalle forze dell’ordine, fino ai genitori e agli educatori, altrimenti la criminalità non può che dilagare».
(Claudio Perlini)