ASSEMBLEA UCIMU 2018. L’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e automazione è un settore “d’eccellenza del made in Italy”, che ha chiuso un “ottimo 2017” e anche quest’anno “la crescita, seppur moderata, resta ancora positiva”, pur tenendo conto che “all’orizzonte si stanno profilando alcune ombre, a partire dalle crescenti tensioni protezionistiche dei mercati”.
È il bilancio che questa mattina Massimo Carboniero, presidente di Ucimu-Sistemi per produrre, ha tracciato in occasione della 74esima assemblea dell’associazione.
A testimoniarlo è, innanzitutto, la forza dei numeri. L’industria italiana di macchine utensili ha fatturato oltre 9 miliardi di euro, registrando incrementi in tutti i principali indicatori economici. La produzione ha fatto segnare +9,6%, attestandosi a quota 6,08 miliardi, grazie sia al positivo andamento delle consegne dei costruttori sul mercato interno, salite del 17,4% (2,7 miliardi), sia dell’export, che è tornato in territorio positivo, con un balzo del 4,1%, attestandosi a 3,38 miliardi di euro. Molto positivo anche il risultato del consumo, che ha registrato per il terzo anno consecutivo un incremento a doppia cifra (+15,7% rispetto al 2016), toccando i 4,46 miliardi di euro. Il 2017, dunque, ha confermato che l’Italia, nel comparto delle machine utensili, dei robot e dell’automazione, è la quarta potenza industriale mondiale a livello dei produttori, terza tra gli esportatori e quinta nella classifica dei consumi.
Anche le previsioni per il 2018, elaborate dal Centro studi & cultura di impresa di Ucimu, restano favorevoli. La produzione salirà del 9,3% e il consumo del 13,6%, trainando così le consegne dei costruttori sul mercato domestico (+15,2%) e le importazioni (+11,1%). Anche l’export continuerà la sua corsa, mettendo a segno un aumento del 4,6%.
“Con particolare riferimento al mercato domestico – ha sottolineato Carboniero – l’indice degli ordini del secondo trimestre 2018, tornato di segno positivo (+2,8%) dopo l’arretramento dei primi tre mesi, conferma la dinamicità della domanda espressa dagli utilizzatori italiani, che hanno ripreso a investire. E’ evidente che non potremo più attenderci gli incrementi registrati l’anno scorso, ma la crescita, seppur moderata, indica che il mercato si sta ancora stabilizzando su livelli record”.
Secondo Carboniero, questa rilevazione “è la prova della validità degli strumenti per la competitività e anche della necessità di investire in nuove tecnologie da parte dell’industria manifatturiera italiana”. Il presidente di Ucimu, a tal proposito, ha ricordato il recente sondaggio in base al quale l’Italia rischia di spaccarsi in due, procedendo a due velocità: da una parte, un 46% di imprese che ha fatto investimenti e vuole investire ancora, e dall’altra un 54% di aziende che non solo non ha investito, ma che neppure sente l’esigenza di farlo. “Bisogna intervenire subito – ha commentato Carboniero – per non lasciare le imprese in mezzo al guado, altrimenti potremmo ritrovarci con una metà delle imprese che sono e saranno sempre più competitive, internazionalizzate e leader di mercato e un’altra metà invece ferme e destinate a uscire dal mercato”.
La prima ricetta per cercare di colmare questo divario è premere con forza sugli incentivi, soprattutto quelli legati a superammortamenti e iperammortamenti previsti dal pacchetto Industria 4.0. “Nuove tecnologie portano nuovo lavoro e nuovi profili occupazionali” ha ricordato Carboniero, che ha chiesto maggiore impegno sul fronte della formazione. “E’ assurdo che, mentre in Italia registriamo il 33% dei giovani che è disoccupato, le aziende non riescano ad assumere i profili richiesti, specie meccatronici, ingegneri e informatici”. Ben venga, dunque, il potenziamento e la diffusione degli Its, che formano i super-tecnici. “In Germania questo tipo di istituti riesce a formare ben 800mila nuovi tecnici all’anno. Ecco perché bisogna capovolgere un paradigma consolidato: il lavoro in fabbrica va visto come una valida opportunità: offre la possibilità di crescere professionalmente e consente anche di girare il mondo”.
Per non disperdere il patrimonio di competitività raccolto dalle imprese italiane, il presidente di Ucimu-Sistemi per produrre ha avanzato alcune proposte concrete.
Il primo punto riguarda le incognite sul futuro del progetto Industria 4.0, che gioca un ruolo strategico per il potenziamento tecnologico delle imprese. “Al nuovo governo chiediamo di prolungare l’effettività delle misure di super e iperammortamento. Nel lungo periodo, poi, il superammortamento dovrebbe diventare strutturale per accompagnare le imprese italiane, di tutte le dimensioni, in un processo di aggiornamento costante e cadenzato nel tempo. Se ciò non fosse possibile, chiediamo che sia almeno introdotto il sistema degli ammortamenti liberi, anche perché i coefficienti sono fermi al 1988 e certamente non rispecchiano più il ritmo di aggiornamento richiesto oggi dal mercato”.
Sul fronte della formazione, invece, “occorre accompagnare questo processo di inserimento di nuova tecnologia con un uguale impegno sulla vera risorsa delle imprese: la persona. Per questo chiediamo che il credito d’imposta al 40%, previsto nel programma Formazione 4.0, venga esteso anche al costo dei corsi e dei formatori impiegati, che è poi la voce di spesa più gravosa per le Pmi”.
In materia di lavoro, considerati “anacronistici” i contenuti del decreto dignità, “per spingere le imprese ad assumere e a farlo a tempo indeterminato bisogna intervenire sulla riduzione del cuneo fiscale e con la piena detassazione e decontribuzione per i primi anni di assunzione”.
A proposito, poi, di delocalizzazione versus internazionalizzazione, “l’Italia ha bisogno di mercati liberi e aperti, di un’Unione europea più forte per un’Italia forte; abbiamo bisogno di alleanze strategiche tra Paesi e sponde per sostenere lo sviluppo. Per questo il ragionamento sulle delocalizzazioni inserito nel decreto dignità speriamo venga corretto in sede parlamentare, senza dimenticare che l’innalzamento di regole e vincoli non farà altro che allontanare gli attori esteri che già operano nel nostro Paese o hanno intenzione di farlo”.
Da ultimo Carboniero ha tracciata la via che Ucimu intende seguire: “Le nostre aziende devono crescere, ma la crescita deve essere oculata e poggiare su quelle peculiarità che sono il nostro modello vincente: passione, velocità decisionale, flessibilità produttiva, alta qualità”.
All’assemblea Ucimu ha partecipato anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha rivendicato la forza dell’industria manifatturiera italiana: “Nel 2017, grazie a Industria 4.0, l’export italiano è cresciuto nel suo complesso del 7%, toccando quota 540 miliardi. Di questi, 450 riguardano la manifattura. Quindi, dobbiamo ricordarci che senza industria l’Italia perderebbe 450 miliardi di ricchezza”. Dopo aver ricordato che l’Italia “non è la periferia dell’Europa”, Boccia ha indicato la grande missione della politica industriale: creare lavoro “e per creare lavoro servono più crescita e meno debito. Giudicheremo la politica non dagli annunci o dai proclami, ma dai risultati”. Anche perché, in questo 2018, le criticità con cui dovrà fare i conti il sistema Italia non saranno facili da affrontare: rallentamento della crescita, fine del Qe, escalation delle guerre commerciali.