I grandi eventi contemporanei, così potentemente ingigantiti dai media, sono fenomeni “densi” dove, accanto al livello discorsivo, vengono attivati molti altri piani, da quello emotivo a quello affettivo. Nella sequela ricchissima di momenti, a rimanere impressi sono sguardi, gesti, luoghi, musiche, in un impasto che coinvolge e interpella milioni di partecipanti, seppure a diversa intensità, nella loro interezza personale. Confesso che nel vedere il Papa in questi giorni a Milano ho ri-visto la mia famiglia.
Quella che ho costituito e quella in cui sono nato. E con esse, tutte le famiglie del mondo. Un papa anziano, certo affaticato, con alle spalle una settimana tremenda avvelenata dai problemi scoppiati in Vaticano. Eppure, allo stesso tempo, un uomo sereno e determinato, mite e pieno di speranza che, per manifestare l’unità della Chiesa in un momento in cui i media colgono solo divisione e intrigo, sceglie di avere costantemente accanto a sé il Segretario di Stato oltre che alcuni altri autorevoli cardinali. Una scelta che ha trovato la sua più potente immagine sintetica nel momento della consacrazione, durante la s. Messa di domenica, con il Santo Padre affiancato dal card. Bertone, dal card. Scola, dal card. Tettamanzi e dal card. Antonelli. Proprio come in una famiglia. Dove capita di non capirsi, di avere giorni di incomprensione o anche di lontananza.
Dove qualche volta sembra addirittura impossibile ricucire le ferite che riusciamo ad infliggerci reciprocamente. Eppure – la famiglia, come la Chiesa – è capace di resistere, di guardare oltre. Non per un eroismo morale dei suoi membri. Ma per il suo riconoscersi dentro una promessa che l’ha costituita e che le apre l’orizzonte a un desiderio infinito. Pazienza, mitezza, perdono, speranza. Ecco ciò che papa Benedetto ha mostrato, con le parole, i gesti, gli sguardi, con tutta la sua persona in questi giorni. Esattamente quello che serve; o meglio, quello che è, la famiglia (e la Chiesa) di oggi. Sappiamo che i cinici si faranno gioco di queste virtù, considerandole come un velo utilizzato ipocritamente per nascondere la dura “realtà”. Ma occorre rifiutare la trappola di chi, in nome di un realismo asfittico, vuole celare la propria paura, se non addirittura la propria pulsione di morte.
Come un padre capace di reggere all’urto dello scontro famigliare, Benedetto XVI ha richiamato tante persone, un vero e proprio popolo, assai poco interessate alle beghe del Vaticano. Un popolo vario, fatto di famiglie in carne e ossa, con persone semplici ma profonde, desiderose di essere confermate in una Buona Novella che cambia la vita. Un popolo di persone che, anche se sballottate di qua e di là da un mondo ostile non solo alla famiglia, ma spesso anche alla vita, continuano testardamente e coraggiosamente a costruire socialità e a riaprire la speranza concreta del futuro. Così, nel mezzo di una grande crisi, nel cuore della città simbolo della modernizzazione italiana, importante nodo della rete globale, questo evento milanese mi pare abbia fatto cogliere, in controluce, le potenzialità racchiuse da questo tempo.
Né le potenti forze esterne, né le infermità della Chiesa possono placare la domanda di senso e la ricerca di Dio che, conficcate nel cuore di moltissimi uomini e donne, riemergono con forza sorprendente proprio di fronte alle difficoltà. Forse per questo mai come in questi giorni è sembrato facile, quasi naturale, riscoprire la famiglia. Non come un relitto del passato che una qualche forza oscura vorrebbe artatamente tenere in vita. Ma come uno straordinario luogo dell’amore umano, di cui questo tempo ha profonda nostalgia. Se guardata da questo punto di vista, a me pare che la giornata mondiale della famiglia svoltasi a Milano ci abbia chiaramente fatto vedere che siamo in un tempo propizio.
Un tempo gravido di rischi e di problemi, certo. Ma, proprio per questo, occasione straordinaria di rinnovamento e di salvezza. A partire dalla famiglia. L’intensa e naturale partecipazione di popolo, la presenza di numerose famiglie e di tanti giovani fanno pensare che potremmo essere alla vigilia di una grande rinascita spirituale, e che proprio tale rinascita potrebbe costituire la vera forza propulsiva in grado di sospingere l’Italia e l’Europa tutta a riprendersi dalle difficoltà in cui si dibattono. Una rinascita animata dal rinnovato ruolo pubblico di una religione capace di essere non un rifugio fondamentalista, ma via per la riapertura della domanda di senso.
Guardando i partecipanti a queste giornate veniva facile pensare che la via d’uscita dalla crisi spirituale che è la causa profonda della crisi economica sta nella rinnovata capacità di ricollocare il desiderio, tanto agognato dall’uomo contemporaneo, dentro il Mistero, in mite rapporto con gli altri e con il cosmo.