Leonardo usa il disegno come tentativo di rappresentare la complessità degli organismi viventi: «Figurare e descrivere» era il suo programma iconico esposto nel Trattato della pittura.
Le numerose citazioni che l’autore dell’articolo propone mostrano alcune intuizioni che anticipano in modo impressionante le acquisizione moderne come la struttura frattale delle forme biologiche.
Genialità anticipatrice, riconosciuta anche da Benoît Mandelbrot nel suo famoso trattato La geometria frattale della natura.
Leonardo affrontò la complessità degli organismi viventi e degli oggetti naturali coniugando la proprietà lessicale con la precisione del disegno pittorico-manuale, nella fattispecie un procedimento analitico-scientifico atto almeno in parte nel sopperire ai limiti cognitivi delineati dai principi della geometria euclidea e della matematica convenzionale, cui dovette attingere non esistendo percorsi alternativi.
Oggi vi è consapevolezza della insufficienza di tale scienza nel descrivere e misurare le proprietà qualitative che connotano le forme biologiche e gli elementi naturali quali l’irregolarità, la frattalità e la scalarità o invarianza di forma al variar della scala di osservazione, il tutto configurabile tramite il concetto di complessità.
Consapevolezza che nasce con Henri Poincaré (1854-1912) e si afferma con la formulazione della geometria frattale elaborata da Benoît Mandelbrot (1924-2010) [1] nel ventesimo secolo, contribuendo in larga misura a far emergere la nuova visione della natura.
Figurare e descrivere: l’approccio di Leonardo alla complessità
Disporre della metodologia adeguata e riproducibile è la condizione indispensabile e ineludibile per poter affrontare un qualsivoglia fenomeno, adottata anche da Leonardo, tant’è che nel Trattato della Pittura (1513) [2] indicò senza ambiguità il metodo privilegiato per risolvere la questione a sapere «se la pittura è scienza o no» che condensò nella famosa asserzione «Figurare e descrivere» esplicitata con le parole seguenti: «Prima farò alcuna esperienza, avanti ch’io più oltre proceda, perché mia intenzione è allegare prima l’esperienza e po’ colla ragione dimostrare perché tale esperienza è costretta in tal modo ad operare; e questa è la vera regola come gli speculatori degli effetti naturali hanno a procedere».
Non è dato sapere come sia pervenuto alla nozione di complessità, ma sta di fatto che nel trattato Dell’Anatomia (Fogli B) [3] ove in merito a Dell’ordine del libro elenca alcuni capitoli dedicati a Concezione. Vita endouterina. Parto e aborto. Crescimento del bambino. Uomo e donna, Proporzioni, complessione, colore, filosomie. Poi discrivi l’omo cresciuto, e la femmina,… ricorra a termini come «sue misure, e nature di complessione, colore e filosomie (fignosomie)», proponendo un approccio innovativo per studiare organi e organismi umani e animali, contemplato anzi condiviso dalla moderna disciplina costituita dalla tecnica per immagine analitica morfo-funzionale, la quale purtroppo soffre della mancanza di una morfometria analitica riproducibile.
Nel contesto culturale di allora può considerarsi una novità l’adozione del termine «complessione» in prospettiva scientifica, che deriva dal latino complexionis, e implica cum-plecto (dal greco pléko, o intreccio), e quindi complexus. Termine che intendeva riferirsi alla costituzione fisica, descriverne la corporatura, l’ordito, la trama e la tessitura di oggetti, organi e tessuti, in breve caratterizzare il loro stato di complessità risultante dalla unione delle diverse parti e dalla relazione delle medesime tra loro e con il tutto.
Il termine complessione, in uso pure nel ventunesimo secolo sebbene non molto frequentato, illustra l’accezione contemporanea della complessità mediata dalla scienza, in alternativa ai concetti di riduzionismo e positivismo. Un approccio cognitivo ed empirico-sperimentale che serve a descrivere la composizione del corpo umano, «Di poi descrivi come li è composto di vene, nervi, muscoli e ossa. Questo farai nell’ultimo del libro».
La concezione vinciana della scienza
Le prime pagine de Il Trattato della Pittura ci consentono di apprezzare l’impareggiabile prosa che illustra la concezione vinciana della scienza: «Scienza è detto quel discorso mentale il quale ha origine da’ suoi ultimi principî, de’ quali in natura null’altra cosa si può trovare che sia parte di essa scienza, come nella quantità continua, cioè la scienza di geometria, la quale, cominciando dalla superficie de’ corpi, si trova avere origine nella linea, termine di essa superficie; ed in questo non restiamo satisfatti, perché noi conosciamo la linea aver termine nel punto, ed il punto esser quello del quale null’altra cosa può esser minore.
Adunque il punto è il primo principio della geometria; e niuna altra cosa può essere né in natura, né in mente umana, che possa dare principio al punto. Perché se tu dirai nel contatto fatto sopra una superficie da un’ultima acuità della punta dello stile, quello essere creazione del punto, questo non è vero; ma diremo questo tale contatto essere una superficie che circonda il suo mezzo, ed in esso mezzo è la residenza del punto, e tal punto non è della materia di essa superficie, né lui, né tutti i punti dell’universo sono in potenza ancorché sieno uniti, né, dato che si potessero unire, comporrebbero parte alcuna d’una superficie. E dato che tu t’immaginassi un tutto essere composto da mille punti, qui dividendo alcuna parte da essa quantità di mille, si può dire molto bene che tal parte sia eguale al suo tutto. E questo si prova con lo zero ovver nulla, cioè la decima figura dell’aritmetica, per la quale si figura un O per esso nullo; il quale, posto dopo la unità, le farà dire dieci, e se ne porrai due dopo tale unità, dirà cento, e così infinitamente crescerà sempre dieci volte il numero dov’esso si aggiunge; e lui in sé non vale altro che nulla, e tutti i nulli dell’universo sono eguali ad un sol nulla in quanto alla loro sostanza e valore. Nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, se essa non passa per le matematiche dimostrazioni; e se tu dirai che le scienze, che principiano e finiscono nella mente, abbiano verità, questo non si concede, ma si nega per molte ragioni; e prima, che in tali discorsi mentali non accade esperienza, senza la quale nulla dà di sé certezza».
Dal testo abbiamo eccerpito il passo seguente «si può dire molto bene che tal parte sia eguale al suo tutto» che allude a un principio miliare della geometria frattale elaborata quasi cinquecento anni dopo Leonardo, secondo cui la parte può rappresentare il tutto, l’insieme di una forma biologica, di un oggetto naturale.
Nel capitolo ottavo, Leonardo non si trattiene dall’ammonire coloro che sprezzano la pittura con questo avvertimento: «Se tu sprezzerai la pittura, la quale è sola imitatrice di tutte le opere evidenti di natura, per certo tu sprezzerai una sottile invenzione, la quale con filosofica e sottile speculazione considera le qualità delle forme: mare, siti, piante, animali, erbe, fiori, le quali sono cinte di ombra e lume. E veramente questa è scienza e legittima figlia di natura, perché la pittura è partorita da essa natura; ma per dir più corretto, diremo nipote di natura, perché tutte le cose evidenti sono state partorite dalla natura, dalle quali cose è nata la pittura. Adunque rettamente la chiameremo nipote di essa natura e parente d’Iddio».
Straordinaria concezione quella della pittura che considera «le qualità delle forme […] le quali sono cinte di ombra e lume», qualità che nessun approccio analitico non è ancora riuscito a circoscrivere e quantificare in modo riproducibile pur disponendo di computer altamente performanti: basti considerare le immagini radiografiche che non vanno oltre, o raramente, l’ispezione individuale dell’operatore sanitario oppure le fMRI (immagini di risonanza magnetica funzionale) che evidenziano con falsi colori i flussi di trasmissione neuronale come fasci luminosi, ma informi e indistinti, ove l’apprezzamento è meramente soggettivo, non analitico e quindi non riproducibile [4].
Il ruolo della pittura
Leonardo precisa ulteriormente come si esercita il ruolo della pittura: «Come la pittura abbraccia le superficie, figure e colori de’ corpi naturali, e la filosofia sol s’estende nelle lor virtù naturali. La pittura si estende nelle superficie, colori e figure di qualunque cosa creata dalla natura, e la filosofia penetra dentro ai medesimi corpi, considerando in quelli le lor proprie virtù, ma non rimane satisfatta con quella verità che fa il pittore, che abbraccia in sé la prima verità di tali corpi, perché l’occhio meno s’inganna».
La rilevanza di «figurare e descrivere» viene acclarata da quest’altra osservazione: «Impossibile è che alcuna memoria possa riserbare tutti gli aspetti o mutazioni d’alcun membro di qualunque animale si sia. Questo caso lo esemplificheremo con la dimostrazione d’una mano. E perché ogni quantità continua è divisibile in infinito, il moto dell’occhio che risguarda la mano, e si move dall’ a al b si muove per uno spazio a b, il quale ancor esso è quantità continua, e per conseguente divisibile in infinito, ed in ogni parte di moto varia l’aspetto e figura della mano nel suo vedere, e così farà muovendosi in tutto il cerchi, ed il simile farà la mano che s’innalza nel suo moto, cioè passerà per spazio che è quantità».
Nella parte seconda del Trattato della Pittura, Leonardo alludendo al ruolo insostituibile del pittore confrontato con Delle varietà delle figure sostiene che «Il pittore deve cercare d’essere universale, perché gli manca assai dignità se fa una cosa bene e l’altra male: come molti che solo studiano nel nudo misurato e proporzionato, e non ricercano la sua varietà; perché può un uomo essere proporzionato ed esser grosso e corto o lungo e sottile o mediocre, e chi di questa varietà non tien conto fa sempre le sue figure in stampa, che pare che sieno tutte sorelle, la qual cosa merita grande riprensione».
È consapevole come l’impegno di «essere universale» sollevi qualche difficoltà poiché: «Facil cosa è all’uomo che sa, farsi universale, imperocché tutti gli animali terrestri hanno similitudine di membra, cioè muscoli, nervi ed ossa, e nulla variano, se non in lunghezza, o in grossezza, come sarà dimostrato nell’anatomia. Degli animali d’acqua, che sono di molta varietà, e così degli insetti, non persuaderò il pittore che vi faccia regola, perché sono d’infinite varietà».
Per figurare e descrivere occorre intervenire sperimentalmente, usare metodologie inedite come riportato nello studio Articolazione della spalla, parzialmente esplosa: la procedura adottata da Leonardo contribuisce a evidenziare sia le inserzioni muscolari sia i muscoli schematizzati in basso e a destra come corde o legamenti lungo linee di forza.
Spalla parzialmente esplosa
Un altra stupenda descrizione proviene dal mondo della botanica, presentato nella Parte Sesta, ove Leonardo tratta Del nascimento de’ rami nelle piante e Della proporzione che hanno infra loro le ramificazioni delle piante.
Riconosciuta come «Regola di Leonardo Da Vinci», concentra la bellezza del testo, la capacità di osservare e misurare, e formulare una interpretazione coerente con i dati sperimentali: «Tal proporzione hanno le grossezze della ramificazione di ciascuna pianta nata il medesimo anno col lor primo fusto, quale hanno le antecedenti e succedenti di tutti gli altri anni preferiti e futuri, cioè che ogni anno i rami che ha acquistato ciascuna pianta, quando hanno finito di crescere, essendo insieme calcolate e unite le loro grossezze, essi sono eguali al ramo nato l’anno passato, il quale li ha partoriti, e così seguitano innanzi, e così saranno trovati ne’ tempi futuri; come dire i rami ad e bd, ultimi della pianta, essendo insieme giunti, saranno eguali al ramo dc che li ha partoriti».
[A sinistra: Ramificazione delle piante (Trattato della Pittura)]
Il citato principio vale anche per le biforcazioni e ramificazioni dei processi vascolari, venosi ed arteriosi, dell’albero bronchiale, dei processi neuronali e per tutti quei sistemi biologici che contemplano la crescita dicotomica.
Occorre fare tuttavia una precisazione di ordine geometrico-spaziale, ovvero che le «grossezze» (area della sezione trasversale) dei rami partoriti non sono esattamente uguali alla «grossezza» del ramo partoriente, ma leggermente inferiore come rivelato dalla geometria non euclidea.
E proprio nel trattato La Geometria frattale della Natura, in merito al fenomeno della turbolenza ove non esiste una scala dimensionale unica poiché coesistono vortici di tutte le dimensioni, Mandelbrot riconosce la genialità anticipatrice e visionaria di Leonardo per ciò che seppe intuire e illustrare tramite i suoi disegni; essi rivelano come la turbolenza sia estranea allo spirito della «vecchia fisica» la quale poneva e pone uno sguardo deterministico su fenomeni caotici e complessi, che non possono essere caratterizzati da scale di misura uniche e definite a priori.
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Gabriele Angelo Losa
(Institute for Scientific Interdisciplinary Studies –ISSI, Locarno– Switzerland. e-mail: [email protected])
Indicazioni bibliografiche
B.Mandelbrot, The Fractal Geometry of Nature, 1982 Freeman & Co, San Francisco USA.
Leonardo da Vinci, Trattato della Pittura, ROMA MDCCCXVII. Nella Stamperia DE ROMANIS. A cura di Guglielmo Manzi, Bibliotecario della Libreria Barberina.
Leonardo Da Vinci: Dell’Anatomia, Fogli A; B. Trascrizione: Giovanni Piumati, Roux e Viarengo Editori, Torino MDCCCCI.
G.A. Losa, On the Fractal Design in Human Brain and Nervous Tissue, Applied Mathematics 5; 2014, 1725-173.
© Pubblicato sul n° 55 di Emmeciquadro