Hans Freudenthal
Ripensando l’Educazione Matematica
a cura di Carlo Felice Manara
La Scuola, Brescia 1994
Pagine 246 – Euro 15,49
Freudenthal, matematico e docente, formatore di insegnanti e spesso insegnante di singoli alunni, ricercatore e consigliere, raccoglie in queste pagine il frutto di uno studio e di un lavoro pluridecennale nel campo dell’educazione matematica. Polemiche, proposte, esempi, aneddoti, storie: a ogni pagina si apre uno stimolo nuovo, una nuova prospettiva per comprendere più profondamente la realtà, il significato della scienza e della matematica, le caratteristiche del suo apprendimento e del suo insegnamento.
La lettura di questo testo è come un’avventura. Per comprendere a pieno il filo che collega i tre densi capitoli, conviene prendere in mano le ultime pagine in cui, stigmatizzando i metodi di ricerca nel campo dell’educazione, mostra come le teorie dei test e la tecnologia abbiano una ricaduta sui comportamenti e sulle scelte degli utenti dei ricercatori (siano essi programmatori di curricula, dirigenti, uomini politici, legislatori, insegnanti, formatori e aggiornatori, autori di libri di testo), che porta a una didattica sbagliata e fuorviante.
Posto che l’educazione ha lo scopo globale di preparare un soggetto alla sua vita nel futuro, Freudenthal, in polemica sia con l’insegnamento della matematica di tipo meccanicistico, sia con quello che si ispira alla matematica moderna, sia con quello che fa riferimento al Problem Solving, esamina l’educazione matematica da vari punti di vista: teoria, ricerca, pratica. Dopo varie considerazioni, si chiede «a cosa serve l’educazione matematica?», e risponde che essa serve a cambiare stile nell’insegnare e nell’apprendere.
Il nucleo delle idee dell’autore si può riassumere con le due domande: da un lato «Perché Jennifer non riesce in aritmetica? » e dall’altro «Perché Jennifer non sa insegnare aritmetica?». Esse attirano l’attenzione su un’interessante connessione tra «fare matematica » e «fare didattica», mettendo in evidenza la relazione tra i problemi dell’istruzione matematica primaria e i loro corrispondenti della formazione degli insegnanti.
Ogni problema di apprendimento ha un corrispondente problema di insegnamento, che a sua volta si presenta come un problema di apprendimento per chi impara ad insegnare. Il parallelo tra apprendimento della matematica e apprendimento a insegnarla percorre come in filigrana tutto il libro, e conduce ai primi due capitoli, dedicati il primo a considerare la matematica nel momento in cui la si apprende; il secondo ai principi della sua didattica. Il punto di vista dell’autore sulla didattica riflette quello sulla matematica: la matematica che nasce dal matematizzare rispecchia la didattica che nasce dal fare didattica.
Nel primo capitolo si cercano i caratteri distintivi dell’attività matematica. Nella lettura frequentemente si viene colti di sorpresa e condotti a vedere le cose da un punto di vista inusuale, situazione che a volte può rendere non ugualmente semplice lo studio di questo testo in tutte le sue parti. Tuttavia, poi che ci si sia inoltrati, si resta affascinati dalla freschezza delle intuizioni, e dalla documentata portata delle osservazioni (corredate da numerosi esempi), che ci portano alle sorgenti della produzione del pensiero matematico: l’allievo come il matematico creano (o ricreano) la matematica.
Uno degli aspetti su cui si fonda tutta la didattica suggerita, si basa sull’osservazione che la matematica è diversa dalle altre scienze, perché affonda le sue radici nel senso comune; solo più organizzato. Il senso comune prende le cose come sicure; la matematica cerca delle buone ragioni. La certezza deve essere cercata, e la strada che si percorre per raggiungere questo scopo caratterizza la matematica come un’attività mentale del tutto particolare, che conduce a versioni sempre più avanzate di senso comune. Ed è questa attività mentale piuttosto che i contenuti a caratterizzare la matematica.
Nell’istruzione è bene incominciare con le idee del senso comune invece di sopprimerle, confortati anche dal particolare tipo dello sviluppo della matematica.
Un altro punto qualificante è costituito dall’invito a guidare gli alunni a imparare la «matematica in azione», il che significa a ri-creare la matematica. Per far questo, nella didattica si sceglierà di guidare gli alunni a passare da strutture ricche (per esempio situazioni tratte dal mondo e dalla vita quotidiana), a strutture povere (più astratte e generali), poiché questa è la direzione in cui la matematica è nata. È noto il fatto che la conoscenza procede dal particolare al generale e quindi questa direzione è considerata obbligatoria per il processo educativo.
Veniamo dunque al secondo capitolo, in cui vengono raccolti i preziosissimi principi didattici che tengono conto sia del significato del «fare matematica», sia del rispetto per l’uomo. Scrive Freudenthal: «Il valore che si attribuisce ai discenti come esseri umani determina il modo in cui ci si aspetta che essi imparino la loro matematica: con libertà oppure da schiavi, guidati oppure imbrigliati.»
Si è detto che la matematica viene appresa in modo diverso, perciò deve essere insegnata in modo diverso. Come? Il discente deve reinventare il fare matematica piuttosto che la matematica; l’azione di astrarre, piuttosto che le astrazioni; il formalizzare, piuttosto che costruire formule; il costruire algoritmi, piuttosto che gli algoritmi.
Così come la matematica è nata dall’attività del matematizzare, nella didattica si deve tener conto di questo fenomeno con il principio della reinvenzione guidata; tale cioè che chi guida provochi la riflessione. Infatti, la riflessione si è sempre mostrata un potente motore dell’invenzione matematica, ed è naturale che essa venga usata in un progetto di insegnamento matematico, basato sull’apprendimento mediante la reinvenzione.
Gli insegnanti vengono sollecitati a riflettere sui propri processi di apprendimento, sia nel campo della matematica che in quello della propria azione di insegnamento; inoltre si raccomanda loro di «sviluppare un atteggiamento matematico» e insieme di «sviluppare un atteggiamento didattico». Uno strumento molto efficace per ottenere quest’ultimo scopo è quello di osservare i processi di apprendimento propri e degli altri, di osservare i due tipi di processi di apprendimento a lungo e a breve termine, e anche di imparare a organizzare i processi di apprendimento, tenendo conto soprattutto che non si tratta di un fenomeno lineare, poiché l’apprendimento presenta salti e discontinuità.
Infine nel terzo capitolo, l’autore passa in rapida rassegna i fautori del cambiamento: il ricercatore, il maestro, gli studenti che si preparano a diventare insegnanti, l’autore di testi scolastici.
Il ricercatore. Dopo aver polemizzato con i metodi di ricerca, imposti con l’autorità di una metodologia errata e fuorviante, che si pongono contro l’educazione di buona qualità, Freudenthal invita a fare ricerca di tipo qualitativo. «Esperti di educazione, che hanno una solida educazione matematica e siano abbastanza coraggiosi per non aver paura di essere rimproverati dai metodologi di non impiegare dei metodi “obiettivi”, hanno buone possibilità di lavoro. Ormai stanno guadagnando terreno i test aperti, le interviste e l’osservazione dei processi di apprendimento; ed una “intersoggettività” ben predisposta ha una certa probabilità di sostituire la fuorviante pretesa obiettività».
Il maestro. «Cose come il matematizzare non hanno l’aspetto della matematica che era costruito dall’istruzione tradizionale. Lo stile meccanicistico della matematica che hanno imparato [gli insegnanti], continueranno ad insegnarlo, malgrado i nuovi contenuti, a meno che non si concentrino gli sforzi di aggiornamento passando dai contenuti agli atteggiamenti».
Apprendisti insegnanti. «Se la visione meccanicistica della matematica è una malattia, come si fa la prevenzione? Il parallelismo tra l’imparare la matematica e l’imparare ad insegnare la matematica è il fondamento della preparazione degli insegnanti di matematica. Essi dovrebbero imparare di nuovo questi fatti, mentre insegnano ai bambini ed osservano le loro procedure di apprendimento».
Autori di testi scolastici. «Finora, in pratica, i testi scolastici sono stati i principali agenti di cambiamento, e lo resteranno nel futuro. […] Quando sono stato chiamato in aiuto da ragazzini che dovevano lavorare su questi libri di testo ho visto subito, attraverso gli occhi dei ragazzini, quanto fossero di cattiva qualità questi testi che a prima vista apparivano di bell’aspetto; erano pieni di domande alle quali io stesso non sapevo rispondere, di trovate didattiche che ottenevano l’effetto opposto a quello desiderato, di tutta una rimasticatura mal fatta della materia da insegnare».
Come dovrebbero essere, dunque? Chi scrive il libro dovrebbe trovare il modo di spingere gli utilizzatori a reinventare lo sviluppo educativo che ha prodotto il testo, come se gli utenti avessero partecipato alla sua produzione. Il libro di testo dovrebbe contenere in modo implicito i processi di apprendimento e di insegnamento, così come le riflessioni globali su di essi.
La struttura del testo si presta a vari tipi di collegamento e di sottolineature che possono essere utili per approfondire lo spirito della matematica, il suo caratteristico apprendimento, la sua storia, la sua didattica, la filosofia che sta alla base delle scelte di quest’ultima, la formazione degli insegnanti, e così via.
Concludendo possiamo dire che si tratta di un testo da studiare e ripercorre più volte senza fretta e con pazienza: spesso anche una sola frase costituisce una lapidaria indicazione da ricordare. E non solo per i matematici, ma per gli insegnanti di tutte le discipline scientifiche: una lezione di metodo.
Chi si pone in sintonia proverà il desiderio sia di approfondire i numerosi stimoli, sia di mettersi in azione, osservando il proprio lavoro nel momento in cui viene effettuato, per comprenderne motivi e significati; cercando di prendere coscienza dei procedimenti di apprendimento sia disciplinari sia didattici.
Recensione di Adriana Davoli
(MA.P.ES [Matematica Pensiero Esperienza], Milano)
© Pubblicato sul n° 13 di Emmeciquadro