Un dialogo con due testimoni di un modo diverso di confrontarsi, meno urlato, più improntato sui contenuti. Il tema è ovviamente quello del referendum che da mesi sta dividendo un paese già ferito da una lunga crisi economica. Ecco di cosa sono stati spettatori le settecentocinquanta persone che hanno affollato la sala Pio XII di via Sant’Antonio a Milano, lunedì 24 ottobre, senza contare le altre due sale in collegamento.
I due ospiti erano Antonio Polito, vicedirettore del Corriere della Sera, e Luciano Violante, presidente emerito della Camera dei Deputati.
L’incontro che aveva come titolo “La Costituzione deve cambiare?” è stato organizzato dal Centro Culturale di Milano, dalla Compagnia delle Opere di Milano e dalla Fondazione per la Sussidiarietà, il cui presidente, Giorgio Vittadini, ha coordinato il dibattito.
Proprio Vittadini ha voluto iniziare il confronto dicendo che “bisogna recuperare il senso del vivere assieme. Se non si fa questo qualunque sia l’esito del referendum, sarà una sconfitta”.
Violante ha tenuto una breve lectio magistralis illustrando la nascita e l’evoluzione della Costituzione fino ad oggi. In particolare ha sottolineato che “il metodo scelto allora fu un sistema di instabilità per far si che nessuno avesse troppo potere” e questo perché vi erano nel 1948 degli assetti geopolitici chiari che vedevano da una parte schierata Urss e dall’altra gli Usa e né il Pci né la Dc volevano che l’Italia entrasse totalmente nell’orbita del potere orientale od occidentale.
Nonostante la creazione di un sistema legislativo lento e farraginoso, Violante sottolinea che “c’era instabilità politica, ma stabilità di linea di governo. Mentre adesso c’è instabilità sia politica che di linea di governo”.
Polito ha ricordato quindi che “c’è una discussione aperta da maggio e che la durata dell’iter che porta alla votazione è dovuta all’asprezza del conflitto che sta generando”. Nonostante questo è riconosciuta una possibilità: “è una grande occasione perché se ha un senso l’espressione bene comune è proprio riguardo alla costituzione”. Si è detto incerto su cosa votare, ma si riconosce “in fase di ascolto e sono pronto allo sforzo di conoscere e di riflettere”. E’ emerso quindi la necessità di creare le condizioni di un dialogo serio, costruttivo.
Violante allora ha rivelato che “la stessa situazione dei padri costituenti era complessa e più litigiosa di quel che appare normalmente”. E’ stata però evidenziata la vera differenza tra i partiti di allora che “avevano una storia comune e un desiderio di risolvere i problemi” e quelli attuali che hanno come scopo “il rappresentare i problemi e non il risolverli”.
E’ stato poi Polito a riconoscere che “è chiaro che la soluzione politica in questo caso è più importante della soluzione tecnica”. Il problema rimane dunque “la valutazione tra il bilanciare l’ideale di ciò che sarebbe meglio, e come questo è stato reso concretamente nel referendum”.
Lo stesso punto è stato infine ripreso dallo stesso Violante che ha ricordato come “in questa fase è importante imparare ad ascoltare le ragioni degli altri”.
In sintesi si è compreso che lo schierarsi non è un disimpegno quando una persona percorre un percorso della conoscenza. Si è rivalutato il ruolo dei partiti, i quali però devono avere come scopo quello di prendersi la responsabilità di governare ed essere guidati da ragioni e non da emozioni. Sono inoltre tollerabili discussioni e anche “colpi bassi”, ma questi devono cessare nel momento in cui viene affidato il mandato per governare, perché in quel momento bisogna servire le istituzioni e costruire il bene comune. Si è usciti quindi dalla sala senza una risposta pre-confezionata, ma con in mano gli strumenti per camminare in maniera più sicura verso l’importante data del 4 dicembre.