Roma. Ieri la capitale si è svegliata sotto un violento nubifragio che ha letteralmente paralizzato la città, causando anche una vittima, un uomo anziano che ha perso la vita nello scantinato allagato, nella zona dell’Infernetto, a Sud di Roma. Il trasporto pubblico è rimasto parzialmente bloccato per ore, molte stazioni delle due linee metropolitane sono state chiuse e il traffico ha invaso tutte le più importanti strade capitoline. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha descritto questo nubifragio come «una calamità naturale, una pioggia torrenziale assolutamente imprevista dai bollettini meteo», e da qui la decisione di firmare la lettera con cui ha richiesto alla Regione l’attivazione delle procedure necessarie per la dichiarazione dello stato di emergenza. In poche ore sono state oltre cinquemila le richieste di aiuto di cittadini in difficoltà, tanto che i carabinieri hanno dovuto potenziare il centro di risposta del numero di emergenza 112. «Auto in panne, case, scantinati, uffici, negozi allagati, sono le richieste più frequenti», hanno fatto sapere i carabinieri, specificando che molte chiamate sono arrivate anche da altri comuni. Uno dei problemi maggiori che ha creato la situazione di tilt soprattutto nelle stazioni della metropolitana è stato causato dall’intasamento della rete del sistema fognario che ha provocato ingenti allagamenti, e ora ci si chiede come sia possibile che una città come Roma possa bloccarsi completamente per una insistente pioggia. IlSussidiario.net ha chiesto un commento all’architetto Loreto Policella: «È sicuramente da sottolineare la gravità della situazione, perché una città non può assolutamente subire un contraccolpo così pesante per una pioggia, per quanto forte possa essere. Ci sono diverse questioni da analizzare: la prima è legata alla manutenzione della città che a Roma è carente ormai da tanti anni: non parlo di grandi sistemi ma di aspetti legati alla pulizia dei tombini e a fattori come questo che sono fondamentali, perché se il sistema fognario non è in grado di accogliere l’acqua piovana, basta veramente poco ad allagare una città. Da anni non esiste a Roma una attenzione agli aspetti della fruizione della città da parte del cittadino, e la situazione che ci si presenta è per certi versi paradossale: c’è sempre una particolare attenzione per le grandi opere e per le infrastrutture, ma il vero problema è che le questioni relative alla manutenzione del manto stradale e delle reti fognarie sono state lasciate in mano ai Municipi. Questo deriva da un mancato decentramento dei fondi, e ormai sono note le tante polemiche tra municipi e amministrazione centrale. Inoltre è necessario parlare del programma urbanistico della città, che continua ad essere incentrato sulle aree centrali e sugli aspetti che riguardano l’immagine della città, e molto meno sulle zone marginali che poi sono quelle in cui effettivamente si blocca tutto.
La maggior parte del traffico della città ormai si muove intorno alle grandi circonvallazioni, a partire dal Grande Raccordo Anulare fino a tutte le tangenziali, anche perché il centro è stato quasi totalmente pedonalizzato. Il grande movimento economico avviene nelle fasce intermedie e periferiche, ed è proprio lì che mancano tutti quegli interventi manutentivi di cui parlavo precedentemente, e dove più in generale manca un’attenzione ad una vera e propria sussidiarietà verso la persona: le conseguenze di questo fermo totale hanno interessato il mondo più attivo della città, dalle imprese fino alle scuole, cioè quei soggetti che ne risentono di più. Ricapitolando, un primo livello riguarda la pulizia ordinaria delle strade e dei tombini, un secondo l’assenza di finanziamenti ai municipi per effettuare manutenzioni del tappeto stradale e delle reti fognarie, e poi c’è un terzo livello che riguarda la gerarchia degli interessi dell’amministrazione centrale, che è ancora troppo legata a fattori d’immagine che alla concretezza del mondo economico che ruota intorno a Roma, che interessa le aree più marginali della città. Credo che ci sia un problema di cultura legato alla manutenzione: quando si parla di sicurezza, non si intende solo la certezza di poter rientrare in casa senza essere rapinati, ma anche la certezza per un cittadino di poter andare a lavoro, di un impresa di poter raggiungere gli operai e per gli operai di raggiungere i luoghi dove prendere i materiali. La prima e più importante soluzione è ritornare a una cultura della pulizia e della manutenzione della città, prima che a una cultura di grandi opere, che hanno senso all’interno di un tessuto civile. Ma per essere civile, il tessuto deve mettere chi vive la città nelle condizioni di fruirla nel migliore dei modi e senza che una pioggia insistente determini una paralisi totale».
(Claudio Perlini)