Per anni gli italiani hanno continuato a prendere parte (seppur, spesso, loro malgrado), alle consultazioni elettorali con percentuali decisamente sopra la media degli altri Paesi europei. Ma la consuetudine, come del resto si attendeva, è stata interrotta. In queste elezioni comunali l’affluenza registrata è stati pari al 66,88%, con una calo del 6,86% rispetto alle precedenti quando, negli stessi comuni, era stata dal 73,74%. Gianfranco Pasquino, professore ordinario di Scienza politica presso l’Università di Bologna, spiega a ilSussidiario.net come leggere la situazione. «Evidentemente – afferma – l’offerta politica di questa tornata elettorale non è stata sufficiente per far ritenere ai cittadini che valesse la pena spendere tempo ed energie, magari i soldi per la benzina, per andare a votare. Quindi: benché sia stato amplificato a dismisura dagli organi di informazione, il dato relativo all’affluenza denota un’evidente disaffezione dei cittadini nei confronti della politica italiana». Tuttavia, va rappresentato secondo le debite proporzioni. «Le percentuali sono, indubbiamente, significative; ma vanno interpretate nella loro complessità. Ad esempio, non si può negare il fatto che l’Italia sia un paese sempre più vecchio e che gli anziani facciano particolare fatica ad andare alle urne».
Ciò detto, anche i risultati di alcuni partiti segnano una rottura con il passato. «Che la Lega perdesse consensi era prevedibile. Nei suoi elettori, nel momento in cui sono stati usati i soldi del finanziamento pubblico per gestire i propri interessi, è prevalsa l’idea che fosse diventata un partito come gli altri». Gran parte dell’astensionismo è, probabilmente, imputabile a loro. «Si tratta di elettori che, se la Lega, con la sua proposta politica nuova, non fosse mai nata, non sarebbero mai andati a votare. Allora, si era presentata ai suoi come un movimento politico serio, nemico del regime dei partiti, in grado di rappresentare gli interessi del nord. La base, all’epoca, ci aveva creduto. Ma l’incanto è finito». In alcune zone, tuttavia, il Carroccio ha retto: «prediamo il caso più eclatante – sottolinea Pasquino -: Tosi, a Verona, dimostra che laddove il candidato sindaco abbia governato seriamene e sia, contestualmente, riuscito a preservare una propria identità, concentrando il voto sulla propria persona, ecco, in quel caso è possibile convincere gli elettori. Si tratta di un importante segnale politico». Anche Pdl e Pd sono andati maluccio. Ora, considerando che l’avanzata dell’antipolitica, con il successo dei grillini, ha assunto connotati politici, c’è da chiedersi se il tradizionale sistema partitico sopravviverà al dopo-Monti. «Che il Partito democratico scompaia – spiega il professore – è del tutto improbabile. Si fonda, infatti, su strutture ben funzionati e radicate nel territorio e sul potere politico locale; rappresenta, inoltre, una parte di sinistra che non potrà mai scomparire, neanche nei suoi momenti peggiori. E’ molto più seria, invece, la crisi del Pdl, derivante, prevalentemente, dalla frammentazione della leadership che lo teneva in piedi».
Ecco cosa potrebbe accadere: «se l’Udc riuscirà a convincere che l’alleanza con lei è determinante, potrebbe lanciare un’Opa “ostile” sul Pdl. Ovvero, proporre un’alleanza al Pdl, ma mettendo in chiaro che la leadership spetta a Pier Ferdinando Casini». Dicevamo del successo dei grillini: difficilmente il boom raggiunto in città come Genova e Parma non sortirà conseguenze future. «Si pensava che si trattasse di elettori scherzosi, giocosi, insoddisfatti della sinistra; un fenomeno che sarebbe rientrato. Ora, invece, dobbiamo riconoscere che il loro appello è andato oltre. In altri termini, il Movimento 5 Stelle è riuscito a ottenere un consenso trasversale. E’ riuscito a intercettare l’insoddisfazione su più fronti, raccogliendo gli elettori che non sarebbero andati a votare».
Resta da capire se l’ondata di antipolitica troverà, entro le Politiche, un argine. «L’ondata non si placa. Anzi. Prima abbiamo assistito a qualche semplice scintilla. Ora siamo nella fase in cui sta realmente montando».
Non si placa neanche se viene realizzata una nuova legge elettorale, se vengono tagliati i finanziamenti ai partiti e se le operazioni di Monti iniziano a sortire qualche effetto benefico (come la ripresa dell’occupazione, ad esempio)? «Si tratta – risponde Pasquino – di “se” che pesano come macigni. E che, con ogni probabilità, non troveranno mai un riscontro nella realtà. La legge elettorale proporzionale, infatti, darebbe a Beppe Grillo il 20 per cento dei seggi; i partiti, del resto, continuano ad avere un disperato bisogno dei finanziamenti e non li aboliranno mai; con la Grecia messa sempre peggio, infine, Monti, come per tutti gli altri leader europei, avranno non pochi problemi a gestire la quotidiana amministrazione».
(Paolo Nessi)