E’ sempre più chiaro come l’azione sociale svolta dalle associazioni non profit sortisca effetti benefici che vanno ben al di là dell’azione solidale in sé. Dar da mangiare ai poveri diventa, per la città, un’esigenza i cui benefici, se soddisfatta, si riflettono su tutta la comunità. A patto, tuttavia, che anche nel mondo della solidarietà si abbia la lungimiranza di scegliere l’eccellenza. Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare Onlus, ci spiega come, nella realtà romana, è stato declinato un tale concetto.
Anzitutto: che tipo di servizi ha attivato la Fondazione Banco Alimentare Onlus e in che modo queste attività riescono a combattere il duro momento di crisi?
La Rete Banco Alimentare, a Roma come nel resto d’Italia, si occupa di recuperare le eccedenze alimentari (prodotti non più vendibili ma perfettamente commestibili) per distribuirle ad associazioni che si occupano dei più poveri, come le comunità, le mense, i gruppi caritativi o i dormitori. Il nostro scopo è quello di sensibilizzare le filiera alimentare (i supermercati, l’industria, l’agricoltura ecc…). Nel caso specifico di Roma, ad esempio, recuperiamo il cibo dalle mense ministeriali.
In che modo le amministrazioni di Roma contribuiscono all’attività del Banco alimentare?
Stiamo dando vita, assieme all’amministrazione comunale, al progetto Rete alimentare cittadina Siticibo, che prevede il ritiro delle eccedenze dalla mense aziendali e dai supermercati. Nell’ambito del progetto abbiamo messo a disposizione un numero verde utilizzabile dalle persone per esprimere una situazione di disagio. Queste saranno messe in contatto con strutture convenzionate con noi, presenti sul territorio, e in grado di intervenire per far fronte a queste situazioni. Il numero verde è stato aperto anche alle Municipalità, agli assistenti sociali dei vari municipi.
In base alla sua esperienza, come giudica la situazione sulla povertà a Roma?
Siamo in contatto con numerose associazioni che operano in Città. Quello che ci viene continuamente comunicato è l’incremento del numero delle persone che fa richiesta di aiuto. D’altro canto, il numero delle associazioni in lista d’attesa per ottenere una convenzione con il Banco non mai diminuita. La percezione è che, rispetto alla situazione denunciata dalle associazioni con cui abbiamo a che fare, lo stato della povertà, a Roma, è peggiorato.
In che modo si arriva a questa situazione?
Sicuramente la città di Roma, come tutte le grandi città, nei momenti di bisogno, diventa un punto di speranza per molti. Il cittadino romano può ancora affrontare certe situazioni, perché la maggior parte delle persone svolge un servizio, in qualche modo legato, all’amministrazione pubblica. Inoltre, continua a essere fiorente il settore del turismo e del commercio.
Questo, spesso, diventa un fattore in grado di attirare le persone in stato di bisogno che sperano di trovare in Città il modo per uscire dalla propria situazione di difficoltà.
Cosa fa il Comune per rispondere ai tanti bisogni delle persone in difficoltà?
Ha cercato, anzitutto, nonostante tutti i tagli della finanziaria, di mantenere quantomeno ciò che già era in essere. Ha favorito, inoltre, alcuni progetti di accoglienza dei poveri, all’interno delle stazioni di Termini e Tiburtina.
A quali nuove metodologie di intervento sociale, invece, si può pensare per raggiungere questa particolare fascia di popolazione?
Le risorse del pubblico saranno sempre minori. Quelle del privato, come le fondazioni bancarie, d’altro canto, non hanno un granché da destinare in termini di contributo economico. Ebbene: stiamo scoprendo che esiste una risorsa in termini di capacità di aggregazione che va stimolata e favorita. La Colletta alimentare ne è un esempio. In un giorno vi partecipano 5 milioni di italiani e si raccolgono 9mila e 400 tonnellate di alimenti.
E’ la prova che mettendosi insieme si raggiungono grandi risultati. Il dato riflette anche un nuovo metodo da adottare. E’ necessario, cioè, scegliere le eccellenze. E tenere in considerazione ciò che rende. Il Comune ha riconosciuto che, un investimento di “uno” nel Banco porta alla comunità dieci volte tanto.
Ci faccia qualche esempio
Non buttare il cibo consente di non aumentare i costi di smaltimento o quelli legati all’ambiente; diminuiscono le spese relative alla criminalità: molta gente ruba perché ha fame; un’azione di solidarietà tesa a far sì che i cittadini si aiutino fra di loro, inoltre, fa spendere di meno all’amministrazione pubblica che, da sola, non sarebbe in grado di sortire i medesimi risultati.
Essa ha, infatti, il compito, di intervenire sui grandi temi. Attuando, per esempio, politiche efficaci sul lavoro. Ma non ha modo di essere efficace nel rispondere, con costanza, a bisogni che implichino una certa tempestività. Come l’esigenza di mangiare tutti i giorni. I benefici sono enormi anche per le stesse associazioni di volontariato.
Cosa intende?
Da un lato, hanno qualcuno che consente loro di svolgere il proprio compito, evitando che i poveri muoiano di fame. Dall’altro, non perdono la speranza in quello che fanno: sanno che qualcuno è loro vicino. E il fatto che le associazioni non profit restino in piedi, ha una valenza sociale determinante.
Perché?
Siamo in un periodo in cui, spesso, la povertà, è legata alla contingenza, e alla difficoltà del momento. Molti dei nuovi poveri, si ritrovano improvvisamente tali. E, non essendo abituati ad una tale condizione, senza un valido sostegno, non ce la farebbero. Né sarebbero in grado di continuare a nutrire la speranza di uscire da quella situazione di povertà che, magari, è momentanea.
Aggiungo che i poveri, purtroppo, ci saranno sempre. La situazione diventerebbe tragica nel momento in cui si indebolissero o venissero meno le associazioni che li aiutano. In sintesi: è necessario non far chiudere quei luoghi di accoglienza per lo stomaco e l’anima, in grado di dare speranza e certezza che il povero non è solo.