La corsa dell’ascensore italiano non si fermerà. Anche se in questo momento gli ostacoli non mancano, a partire dal principale problema per l’ascensoristica italiana: il preoccupante fermo di liquidità che spinge i pagamenti di condomini e privati a dilazionarsi fino a un anno dall’emissione della fattura. Grazie al cielo, però, il mercato dell’ascensore nel nostro Paese è il secondo al mondo, dietro solo alla Cina (950 mila impianti contro 1,3 milioni), e gli interventi di manutenzione saranno sempre necessari. Per capire meglio come possono le imprese installatrici e manutentrici affrontare l’attuale congiunture abbiamo parlato con Michele Mazzarda, imprenditore nel settore nonchè presidente di Anacam, l’Associazione nazionale imprese di costruzione e manutenzione ascensori che raccoglie oltre 400 associati e rappresenta quindi il 60% mercato. Ecco cosa ci ha detto.
Mazzarda, Anacam ha oltre 400 aziende associate. Che momento sta vivendo il vostro settore?
Partiamo dai segnali positivi. A giocare a favore dell’ottimismo è il fatto che il nostro core business riguarda i servizi: manutenzione e riparazione degli ascensori. E se una volta l’ascensore era un bene di lusso, oggi è il mezzo di trasporto più utilizzato al mondo e quasi non si vive più senza. Quello che ci fa star tranquilli, dunque, è che la nostra è un’attività di cui ci sarà sempre bisogno. Queste aspettative sono poi avvalorate dai contratti di manutenzione, che sono obbligatori e che le aziende del comparto stipulano con i vari clienti: condomini e privati cittadini.
Dovete affrontare delle particolari criticità?
Il lato negativo della nostra attività, in questo momento storico, è rappresentato dalla forte restrizione in atto sul numero di riparazioni o ammodernamenti effettuati sugli impianti. Un danno di cui i fatturati delle nostre aziende cominciano a risentire. Se prima il condominio, che è il nostro principale cliente, era più predisposto a fare interventi di manutenzione, ora si tende spesso a rinviare i lavori consigliati dalle ditte per fare fronte all’obsolescenza degli impianti e migliorarne efficienza. Fermo restando che l’intervento dovuto per motivi di sicurezza o di fermo dell’impianto viene in ogni caso effettuato.
La scelta dipende probabilmente dalle ristrettezze economiche degli italiani.
C’è un fermo di liquidità preoccupante, con tempi di pagamento che superano spesso i 365 giorni. Questo è un handicap molto forte per le aziende che devono effettuare mensilmente i pagamenti ordinari, in primo luogo per i dipendenti. Dispiace perché si tratta di spese che, per un condominio, sono in genere nell’ordine di 500 o 1000 euro, cioè somme che suddivise tra 10 o 20 condomini potrebbero essere regolarizzate senza ritardi così elevati. Ma ci viene spesso risposto, purtroppo, che in tempi di ristrettezze si dà precedenza ad altre utenze per evitare il distacco.
In vostro è un mercato dove c’è ancora la possibilità entrare o è già saturo?
L’Italia ha il secondo parco ascensori più numeroso al mondo dopo la Cina, quindi sicuramente continueranno a esservi nel nostro Paese imprese che si preoccuperanno di far funzionare gli ascensori. Il fatto è che molti di questi impianti cominciano ad avere una certa età perché sono stati installati, per la maggior parte, negli anni ’70 e ’80. È vero che sono impianti che possono avere una vita utile di 20, 30, 40 e anche 50 anni, ma necessitano comunque della sostituzione periodica dei componenti usurati e di una manutenzione accurata. Investire su questo è necessario e anche conveniente, perché una manutenzione ben fatta allunga la vita dell’impianto, garantisce costi di gestione minori e, soprattutto, garantisce la sicurezza degli utenti. Il problema è che oggi i contratti di manutenzione sono scelti come si scelgono le polizze! Si punta insomma solo al prezzo più basso, magari a discapito della qualità del lavoro, che poi è quella che offre la garanzia sulla lunga vita dell’ascensore.
Come è cambiata negli ultimi anni la normativa sulla sicurezza? Che cosa comporta per le aziende?
Una direttiva dell’Unione europea entrata in vigore nel 1999 ha innalzato in tutta Europa i requisiti sugli standard di sicurezza degli ascensori ed è stata accompagnata da una Raccomandazione europea che prevedeva il miglioramento della sicurezza del parco preesistente. Qualche anno fa è stato approvato un decreto ministeriale che ha fissato le scadenze per gli adeguamenti sugli impianti pre-1999, ma è stato annullato dal Tar del Lazio. Le norme tecniche che prevedono gli adeguamenti sono tuttora in vigore, ma, non imponendo delle scadenze per gli interventi di adeguamento, ci troviamo ancora con numerosissimi impianti privi di telefono per le emergenze in cabina, oppure con la cabina che non livella correttamente al piano e provoca cadute e inciampi nelle fasi di entrata e uscita.
Ci saremo con due stand: uno nel padiglione dell’ascensoristica e uno in quello dei condomini. Con il primo vogliamo offrire accoglienza ai nostri associati, mentre nel secondo cercheremo il dialogo con gli amministratori di condominio. L’obiettivo è sempre quello di far conoscere loro il vero volto dell’ascensore. Per questo organizzeremo anche degli eventi.
Perché un’ascensorista dovrebbe venire?
Perché c’è la possibilità di un confronto con tutte le parti che entrano in gioco nella vita di un edificio. E per capire quindi come potere offrire soluzioni sicure.
(Matteo Rigamonti)