Ci sbaglieremo ma nell’agenda personale di Barack Obama lunedì 8 maggio 2017 era essenzialmente una data in cui must be in Europe: una buon giorno per farsi vedere in giro nel Vecchio Continente. Il giorno in cui la Francia avrebbe celebrato la vittoria di un candidato presidente a vario titolo “democratico” contro la diavolessa populista Marine Le Pen, la più temibile “trumpiana” europea. Così è stato e in fondo non era così difficile da prevedere: l’Esagono non è l’America profonda e neppure quella grossa isola sempre un po’ bizzarra appena di là della Manica.
Per l’ex presidente americano, infondo, poco contava se all’Eliseo fosse arrivato il centrista gollista François Fillon o il neo-centrista en marche Emmanuel Macron: sempre “obamiani” sarebbero stati o almeno sarebbero stati narrati così dai media (Macron sicuramente di più: e non a caso ha lavorato in una banca d’affari). L’importante era riprendere il discorso di global politics avviato nel tête-à-tête di Berlino con Angela Merkel, nel viaggio di congedo presidenziale dall’Europa (i due si rivedranno a fine mese nella capitale tedesca, mentre Donald Trump arriverà a Bruxelles per il suo primo presidential trip in Europa: la Merkel per Obama, a Trump per ora dovrà farsi bastare Jean Claude Junker).
A metà dello scorso novembre, sulle due sponde dell’Atlantico, erano tutti ancora sotto choc: ma non Obama, né la Merkel. Il primo commentò l’esito delle presidenziali Usa con un filosofico “domani il sole sorgerà ancora”, già progettando-pregustando quattro anni di capo dell’opposizione mondiale al trumpismo. La tre-volte cancelliera tedesca, politicamente acciaccata, colse invece l’attimo fuggente rilanciarsi con un anno d’anticipo come candidata a uno storico quarto mandato: anche in nome dell’obamismo come metro globale di tutto ciò che è “democratico” contro tutto ciò che è “demagogico” (Trump e Putin, xenofobi europei assortiti) o “non-democratico” (dalla Cina all’Isis).
“Guys, dove possiamo essere l’8 maggio in Europa?”. “C’è un invito da Milano, un follow-up dell’Expo, sustainable food…”. “Certo, dov’è stata Michelle, ottimo… c’è Renzi, giusto?”. “Ma non è più premier…”. “E allora? Let’s go there… E da lì telefoniamo al nuovo presidente francese”.