Arthur Koestler
I Sonnambuli.
Storia delle concezioni dell’Universo
Jaca Book, Milano 1981
La percezione diffusa che ancora oggi si ha della scienza è di un insieme di conoscenze il cui valore viene collocato di fatto a livello dell’applicazione, ignorando il valore preminente di ogni impresa scientifica che è quello conoscitivo: ogni teoria scientifica rivela innanzitutto aspetti del mondo naturale che ci circonda. Ma un recupero di questa dimensione primaria della scienza fa emergere la necessità di comprendere che tipo di sapere sia quello scientifico andando alla sua genesi, così da coglierne contemporaneamente limiti e punti di forza. In questa riflessione critica la storia della scienza rappresenta un’occasione di grande fecondità, se si riconosce alla scienza il duplice carattere di appartenere alla storia dell’umanità e di esserne al tempo stesso generatrice.
In questa prospettiva si colloca il saggio di Arthur Koestler, I Sonnambuli, pubblicato dall’editrice Jaca Book di Milano per la prima volta nel 1981, e rieditato in anni più recenti.
I Sonnambuli sono i grandi che nel XVII secolo rivoluzionarono la visione dell’universo e, al tempo stesso, imposero una nuova concezione della scienza e dei suoi rapporti con il sapere umano.
Le vite di Copernico, Brahe, Keplero e Galilei rappresentano il cuore del testo; Koestler le racconta in modo suggestivo con dovizia di particolari, ricostruendo di questi grandi del passato il carattere, i sentimenti, le passioni, le debolezze, così che essi si stagliano con tutta la loro umanità sullo sfondo del contesto storico, politico e religioso, in cui si trovarono a vivere.
Non più macchine per ragionare, isolate su un piedestallo di marmo, essi riacquistano un volto e una personalità; profondamente condizionati dalle concezioni religiose e metafisiche, si avventurano sul confine misterioso del nuovo, camminando non su una strada maestra, liscia e senza inciampi, ma piuttosto su un terreno incerto e scivoloso, guidati da improvvise intuizioni, in una faticosa ricerca, quasi a tastoni.
Strappandoli tuttavia dal piedestallo su cui la mitografia scientifica li ha collocati, Koestler non intende far opera di demolizione fine a se stessa, bensì investigare gli oscuri ingranaggi dell’intelligenza creativa, sostenuto dalla convinzione che la scoperta rappresenta il manifestarsi oltremodo sintetico dell’umana creatività.
La prima parte del saggio è dedicata alla scienza greca, in particolare alla scuola pitagorica; con queste pagine Koestler intende condurre il lettore dentro un sapere fondato su una visione unitaria dell’universo, dove è impossibile distinguere tra il mistico e lo scienziato, che si separano, che si congiungono, ora annodati, ora paralleli, per evidenziare infine come nella nostra epoca mistico e scienziato finiscano nel divorzio cortese e gelido di fede e ragione, con da un lato e dall’altro, simboli irrigiditi in dogmi, totale oblio della comune fonte di ispirazione.
Il testo è ricco di note bibliografiche, che rivelano il puntiglioso e rigoroso studio delle fonti, effettuato dall’autore.
Per questo si presta a livelli diversi di lettura: uno più diretto, adatto anche a studenti di liceo; un altro, più adatto quindi allo studioso specialista, che ripercorre, attraverso le note, l’itinerario di ricerca compiuto dall’autore.
Recensione di Maria Elisa Bergamaschini
(Redazione Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 01 di Emmeciquadro