Jonah Lynch
Il profumo dei limoni
Lindau, Torino 2011
€ 11,00 Pagine 144 – Euro 11,00
Diverse concause sono all’origine di questo libro non grande come dimensioni (centoquaranta pagine), ma molto provocatorio nelle argomentazioni, che ha come sottotitolo: Tecnologia e rapporti umani nell’era di Facebook; e le cause sono: giovane, americano, prete. Trentatre anni, nato in una comune hippie, laurea in fisica e master in pedagogia, musicista e musicofilo, quindi esperto in vari saperi (come forse capita meno ai giovani/vecchi europei), infine prete cattolico in una comunità sacerdotale romana ma milanese nel suo fondatore. Queste note sull’autore dicono molto delle intenzioni del libro: un libro per lavorare anche se non è un manuale e neppure un trattato.
Gli argomenti sono introdotti da una serie di provocazioni; la prima: tatto olfatto e gusto non possono essere trasmessi attraverso la tecnologia, quindi l’onnipotenza della virtualità sembra attenuarsi. Seguono le scuse, da parte dell’autore, per non essere all’altezza dei temi che sta affrontando, segni evidenti di una captatio benevolentiae che vuole intrigare il lettore, poi la consapevolezza di essere di una generazione di mezzo tra coloro che la realtà virtuale l’hanno vista nascere e i «nativi digitali», quelli che l’iphone lo succhiano col latte. In sintesi, questioni pesanti.
Lynch si collocava tra i nerd, persone con competenze tecniche di un buon livello e una predisposizione per la ricerca intellettuale, ma si accorge di un problema quando in seminario gli viene affidata la cura degli alberi del giardino: «mi sono accorto che avevo una premura irragionevole», questo diventa un filo, un motore segreto delle argomentazioni dell’autore.
Il libro è diviso in quattro parti; nella prima si affrontano questioni gravi intorno al rapporto utente/tecnologia: non è vero, sostiene Lynch, che lo strumento è neutrale, esso interagisce con il fruitore e lo determina. È in grado la mente umana di governare ciò che essa stessa ha creato? La domanda attraversa le pagine di questa prima parte.
Una poesia di Ungaretti e il grezzo non finito della Pietà Rondanini di Michelangelo introducono il secondo gruppo di capitoli. Le citazioni non solo mostrano la cultura dell’autore, ma gli servono a portarci dentro un tema centrale nella antropologia contemporanea, quello del rapporto tra anima e corpo. «Il linguaggio dell’amore, come il linguaggio religioso, ha bisogno della comunicazione personale e corporale» (pagina 84) ; certamente anche i rapporti personali possono nutrirsi di finzione, ma scambiare per amicizia i numeri di amici sui social network è desolante e alienante.
Molto provocanti le tre pagine su L’incarnazione nell’era di Facebook, nelle quali il ci vediamo su Facebook diventa oggetto di argomentazione intorno al significato dei rapporti tra gli uomini.
Le ultime due parti del libro sono dedicate al tema educativo; non si deve cancellare la tecnologia, anzi si deve conoscerla ma occorre trovare criteri per giudicarla, per aiutare i giovani a saperla usare per se stessi e non contro se stessi.
Compito difficile, sfida quotidiana, ma inevitabile se non si vuole essere educatori – padri, preti, insegnanti, amici – disancorati dal presente.
Franco Camisasca
(Insegnante di materie letterarie negli istituti superiori, autore di libri di testo, formatore. Collabora stabilmente come ricercatore ai progetti di Diesse Lombardia)
© Pubblicato sul n° 43 di Emmeciquadro