Milano, Sala della Provincia, martedì 6 maggio: in un’aula gremita studenti e insegnanti si sono dati appuntamento per discutere insieme della scuola. Questa volta però lo scopo non era protestare, ma raccontare una bellezza così grande da non poter più rimanere nascosta.
Tutto è iniziato a ottobre, da un gruppo di amici, studenti dell’istituto Sacro Cuore di Milano. Ci siamo chiesti: come possiamo comunicare ad altri l’esperienza bella che facciamo tra i banchi di scuola, nel rapporto con le materie, gli amici e i professori? Perché forse – pensavamo – in un momento di crisi sociale, economica, politica ma soprattutto – come ha detto Papa Francesco – antropologica, la positività che noi viviamo a scuola può essere un bene per tutti, può dare inizio al riscatto.
Discutendone con alcuni insegnanti e con il nostro rettore, don Franco Berti, ci è venuta un’idea: uscire dalle nostre classi e toccare con mano cosa succede negli altri licei e negli istituti della nostra città, Milano, per capire cosa sia la scuola oggi.
Così siamo partiti: noi redattori del giornale studentesco Attenzione. Pericolo di vita e di morte sempre (Sacro Cuore) insieme agli amici redattori dei giornalini Obranoel (Liceo Scientifico Leonardo da Vinci) e Oblò sul Cortile (Liceo Classico Giosuè Carducci) abbiamo lanciato una grande inchiesta chiamata #Scuolaincorso e siamo andati a intervistare studenti e professori, sia di persona fuori al termine delle lezioni, sia attraverso un questionario valutativo diffuso in quindici scuole, con domande che spaziavano dall’edilizia scolastica fino al rapporto con i professori e le materie. Parallelamente abbiamo intervistato il cardinale arcivescovo Angelo Scola, la scrittrice Susanna Tamaro e i presidi del Liceo Classico Giosuè Carducci, prof. Michele Monopoli e del Liceo Scientifico Leonardo, prof.ssa Maria Concetta Guerrera.
Gli esiti dell’inchiesta sono stati sorprendenti e hanno ribaltato il solito giudizio dei mass media, che ritraggono la scuola come un mondo alla deriva e gli studenti come ragazzi cinici e svogliati. Alla domanda “sei soddisfatto della tua scuola?” la media voto, in una scala da 1 a 10 e su un campione di circa mille persone, è stata inaspettatamente alta: 7,5. Quindi, nonostante le gravi carenze nelle strutture, spesso ai limiti della decenza, il giudizio resta positivo: nella scuola è già in atto una positività che politici e intellettuali non colgono, ma che gli studenti riescono a percepire. Quando abbiamo domandato “cosa chiedi alla tua scuola?”, il 45% degli intervistati rispondeva “un solido bagaglio culturale” e il 34% “rapporti utili per la mia maturazione”, mentre contro ogni previsione solo pochissimi pensano che la scuola “serva a preparare al mondo del lavoro” (18%) o “sia solo un obbligo da pagare a questa società” (3%).
Da questi dati emerge un’esigenza profonda: la scuola non può essere un luogo estraneo alla vita, uno scotto da pagare per trovare domani un buon posto di lavoro o, peggio, un indottrinamento sterile e fine a se stesso. Gli studenti – a prescindere dalla loro esperienza scolastica, positiva o negativa che sia – chiedono che la scuola apra alla vita, che sia, per dirla con le parole di uno ragazzo intervistato “una seconda casa”. Per meno di così, non vale la pena.
Il giudizio ampiamente positivo riguarda anche gli insegnanti: la media dei voti assegnati ai professori anche in questo caso sfiora il 7,5. L’insegnante ideale dev’essere innanzitutto “preparato” e “capace di dialogare”: alla scuola non servono dotti conferenzieri, ma persone nelle quali il sapere prenda vita. “L’insegnante”, diceva Hannah Arendt, “è il testimone del mondo”.
I risultati dell’inchiesta sono stati presentati in un incontro pubblico al quale, accanto agli organizzatori, hanno partecipato la professoressa Susanna Mantovani, docente di Pedagogia all’Università Bicocca, e Luca Doninelli, scrittore.
Troppo spesso la scuola viene descritta solamente come un luogo caotico e affaticato, un problema da risolvere piuttosto che una risorsa. Al contrario, come sottolineava Mantovani, l’inchiesta #Scuolaincorso ha raccontato una “scuola che è bella” così com’è, nonostante innegabili ombre e difficoltà. “Bella” perché conserva già in sé l’elemento originale di ogni rivoluzione: un immenso capitale di speranza. L’io, al di là di ogni condizionamento, è la sorgente della rinascita. Gli studenti, che tutti ritraggono cinici e svogliati si sono rivelati ragazzi che desiderano essere uomini: “A scuola: – chiediamo – vivere o sopravvivere?” “Vivere” ci rispondono. Bisogna investire su questo: un uomo vivo che brama di vivere, che non si arrende alle difficoltà, che propone e costruisce. Solo così sarà possibile un rinnovamento per tutti, anche nella crisi.
Riccardo Sturaro − Istituto Sacro Cuole, I liceo classico
Bernardo Cedone − Istituto Sacro Cuole, III liceo classico