Il commissariamento del Consiglio di amministrazione dell’ Agenzia di sanità pubblica del Lazio (Asp-Laziosanità), deciso qualche mese fa, scade il 31 dicembre prossimo e il commissario ad acta nominato dal governo Berlusconi è la stessa governatrice Renata Polverini, con subcommissario Giuseppe Spata. Una volta raggiunta quella data, il nuovo governo tecnico guidato dal neo presidente del Consiglio Mario Monti dovrà decidere se confermare il commissariamento della sanità laziale ed eventualmente chi nominare commissario.
Questo potrebbe anche portare a una modifica del Piano di rientro dal deficit sanitario e del Piano di riordino della rete ospedaliera, che ha già portato alla chiusura di 24 piccoli ospedali di provincia.
Come ha detto la stessa Polverini un paio di settimane fa al Palasport di Broccostella, nel Frusinate, «la Regione Lazio è la più indebitata d’Italia con 25 miliardi di deficit, metà dei quali nel settore sanitario. Nessun’altra Regione è indebitata come la nostra». La governatrice ha poi aggiunto che grazie alla «centrale unica degli acquisti contiamo di risparmiare molto. Penso al test per diabetici che nel Lazio costa 0,81 centesimi mentre in Lombardia appena 0,51». Dal canto suo la Regione Lombardia ha nella sua gestione del sistema sanitario un fore all’occhiello, che cerca sempre più di curare. Con la guerra ai “furbetti” del ticket, infatti, d’ora in avanti chi non pagherà le prestazioni sanitarie riceverà a casa la cartella esattoriale. Parallelamente, la Regione Lombardia sta anche effettuando una verifica sui falsi esenti da ticket e, controllando tutti coloro che si sono autocertificati, per scoprire chi ha dichiarato il falso. IlSussidiario.net ha chiesto un parere a Michele Castelli, ricercatore presso il CRISP dell’Università degli studi di Milano-Bicocca di fare un confronto tra i due modelli per capire quali potrebbero essere i giusti passi per portare verso modelli di efficienza lombardi la sanità nel Lazio: «Nella Regione Lazio, per tanti anni, si è speso più di quanto si incassava ed è stato possibile mantenere questa situazione fino a un certo punto, passato il quale il sistema non ha più potuto “nascondere” le proprie contraddizioni. Avere un debito così elevato significa rischiare di non poter più mantenere questo sistema e non poter più garantire le prestazioni di base, infatti è stato necessario intervenire centralmente con il piano di rientro vincolante. Questo non ha riguardato solamente la Regione Lazio, anceh se sicuramente questa regione è quella con i il deficit più alto. Il fatto da sottolineare è che la sanità, sul bilancio di una Regione, mediamente impatta per il 70% circa, quindi un buco di grandi proporzioni sulla principale voce di spesa nel bilancio regionale è chiaro che pesa in modo decisivo sull’economia complessiva. In questa situazione bisogna evidentemente cercare di risolvere il pregresso (finanziariamente ndr), ma il cambiamento principale deve avvenire dal punto di vista della gestione. La verità è che c’è modo e modo di gestire un sistema sanitario regionale, tant’è che ci sono Regioni che da anni sono in attivo o di poco in perdita e altre in cui questa voce di spesa è davvero un buco nero nel bilancio. Questo significa che a parità di condizioni non è vero che inevitabilmente la spesa sanitaria non può essere controllabile, impossibile da gestire e una sicura perdita. Bisogna quindi chiedersi come mai la stessa prestazione abbia un costo diverso in base alla Regione, naturalmente all’interno di una corretta gestione, perché altrimenti ci sarebbe tutto un altro discorso da fare, che porrebbe il problema di una vera e propria truffa sanitaria».
Per quanto riguarda la Regione Lombardia, spiega Castelli, «una stima fatta riguardo le perdite per il mancato pagamento dei ticket parla di circa 40 milioni di euro, per cui si tratta di una cifra non indifferente. Il problema del pagamento dei ticket esiste da anni, e con le modalità precedenti gli ospedali trovavano grandi difficoltà a far rispettare i pagamenti: in molti non andavano a pagare il bollettino che veniva rilasciato oppure a ritirare gli esami, mentre il sistema di cui stiamo parlando ora è vincolante e obbligatorio, nel senso che una volta arrivata a casa la cartella esattoriale, bisogna pagare per forza, altrimenti si incorre in sanzioni. Non si tratta di una nuova tassa o di una volontà da parte delle istituzioni di ottenere di più, ma si tratta di riscuotere il dovuto, soprattutto in un periodo come questo di crisi generale in cui non ci si può permettere di perdere cifre così elevate».
Riguardo alle principali conseguenze a cui assisteremo, Castelli spiega che «la prima cosa che cambierà sarà senza dubbio l’approccio. L’impatto “culturale” sarà grande, e poi un altro importante cambiamento avverrà dal punto di vista economico, perché finalmente ci sarà la possibilità di riscuotere il pagamento di queste prestazioni sanitarie. Un’altra cosa che la Regione Lombardia sta attuando è la verifica su eventuali falsi esenti dal ticket: prima infatti bastava l’autocertificazione, mentre adesso è il medico che deve certificare sulla ricetta che un soggetto ha diritto all’esenzione. La Lombardia ha dei criteri di esenzione che sono più ampi rispetto alla media nazionale, e si stima che circa due cittadini lombardi su tre abbiano un qualche tipo di esenzione, quindi mi sembra corretto verificare se questo numero altissimo di persone abbia davvero il diritto di ricevere queste esenzioni». Concludiamo l’intervista chiedendo a Michele Castelli se questi strumenti messi in campo dalla Regione Lombardia potrebbero rivelarsi utili anche per la sanità del Lazio: «Le cartelle esattoriali e il controllo sulle esenzioni in Lombardia sono strumenti che potrebbero rivelarsi molto utili anche per la Regione Lazio e personalmente credo che sia giusto che ogni cittadino paghi le varie prestazioni sanitarie, attraverso questo o con un altro strumento».
(Claudio Perlini)