Gruppo Sil è un’azienda giovane, nata dieci anni fa per volontà di tre amici che hanno iniziato l’esperienza lavorativa nella stessa azienda e poi, dopo aver percorso strade diverse sempre nel campo degli imballaggi industriali di impianti, si sono ritrovati e hanno messo a frutto in comune l’esperienza maturata. Questo ha portato alla nascita di un polo a Casaletto Vaprio, nel cremonese, con una trentina di dipendenti, molti dei quali giovani. Per scoprire la storia del Gruppo Sil e dei suoi protagonisti abbiamo parlato con uno dei tre: Roberto Gavardini. Ecco il suo racconto.
Il vostro primo lavoro insieme qual era e dove?
Siamo entrati quasi nello stesso periodo in una realtà dinamica in espansione, Fabbrica Imballaggi a San Giuliano Milanese (allora in tutta Italia ce n’erano solo due realtà dominanti sul mercato). Si lavorava con società che hanno fatto la storia nella qualificazione dell’industria italiana sui mercati esteri: INNSE, Italimpinati, Snam Progetti, T.I.B.B., Nuovo Pignone, Fiat, Alfa Romeo, Snia, Oerlikon, e altre società di impiantistica, operando su tutto il territorio nazionale con stabilimenti a Firenze, Pistoia e Padova.
Come giudica l’esperienza a San Giuliano?
Positiva, grandi soddisfazioni in un’azienda sempre in espansione, all’inizio eravamo un centinaio, quando ha dovuto chiudere si era in 335. Siamo rimasti lì una decina d’anni, ma l’azienda ha diversificato puntando con notevoli investimenti sul settore prefabbricati in legno, con una visione troppo prematura rispetto a quanto è oggi questo settore, acquisendo a fine anni ’70 commesse per centri universitari e supermercati in paesi in via di sviluppo, ma in brevissimo tempo a inizio anni ’80 per motivi di sostenibilità finanziaria venuti meno, ha cessato l’attività, disgregandosi. Abbiamo lasciato questa azienda per impieghi diversi, ma poi ci siamo ritrovati e ci siamo detti: perché non mettiamo a frutto le nostre diverse esperienze? E così è stato.
E ora come lavorate insieme?
Con entusiasmo, abbiamo un centro attrezzato con carri ponte e carrelli elevatori per ricevere i beni da spedire e la preparazione degli imballaggi; si lavora all’interno e direttamente presso aziende dei clienti con squadre attrezzate e qualificate. A loro trasmettiamo i segreti del mestiere, in modo che quando escono in servizio sappiano operare con massima professionalità, contribuendo a creare un’immagine positiva della società.
Può spiegare a un profano come funziona il processo di imballaggio industriale?
L’imballaggio industriale è creare un vestito appropriato al manufatto da spedire. Prima il tecnico deve vedere l’oggetto da imballare e pensare la soluzione migliore, verificando direttamente il materiale sul posto oppure servendosi dei disegni. Poi deve studiare come eseguire l’imballaggio e progettarlo. Infine, quando sono pronte le schede di progetto, e operative, si costruiscono le parti componenti l’imballaggio, si trasportano presso il cliente, o nell’area imballo.
Dopo cosa succede?
Qui si seguono le procedure di confezionamento predisposte, ossia tutte quelle soluzioni atte a garantire la conservazione nel tempo del bene contenuto, quali la conservazione in presenza di umidità, la protezione meccanica, le sollecitazioni dinamiche con l’ancoraggio del materiale nella cassa. Quindi si completa il processo con le protezioni esterne nei punti di sollevamento e la marcatura di spedizione. Tutto questo processo è curato dall’operaio imballatore, seguito da controlli costanti: presso il nostro centro, se il contenuto arriva da noi; presso il cliente se invece l’imballaggio avviene nello stabilimento di produzione.
E che cosa imballate?
I macchinari più svariati, dai motori, alle strutture modulari prefabbricate, tubazioni, valvole, gruppi di generazione… contenuti delicati o meno, impianti nuovi o fabbriche intere trasferite in altre aree del globo ove iniziano nuove attività produttive.
A cosa serve l’imballaggio?
A permettere il trasporto, la movimentazione e la conservazione degli impianti e delle loro componenti, durante il trasporto e lo stoccaggio predefinito alla destinazione finale. Dobbiamo essere in grado di far arrivare il materiale a destinazione in perfette condizioni, così come ci è stato consegnato a fine produzione. Un buon imballo e sempre un veicolo di qualità, di immagine e professionalità sia per il nostro cliente che per chi riceve a destino e ha il primo impatto con quanto ha acquistato.
Il contenitore si recupera o viene distrutto?
Non si recupera: molto spesso nelle aree dove arriva un nuovo insediamento produttivo con macchinari imballati delle dimensioni più svariate, l’imballo che ormai ha svolto la sua funzione, viene prelevato immediatamente da chi ruota intorno alle operazioni di costruzione e montaggio senza creare alcun problema di smaltimento. Consideriamo che l’imballo è quasi sempre composta da legno facilmente trasformabile, anche in semplice fonte di calore; solo una piccola parte sono materiali plastici o ferrosi.
Come va il mercato in questo momento?
È in una fase delicata, proprio come lo è la situazione economica generale. In particolare gli affari si sono ridotti nel settore dell’imballaggio per impiantistica perché molte aziende oggigiorno acquistano componenti dell’impianto in altre parti del globo. Questo capita soprattutto con le componenti di carpenteria o comunque di valore ridotto in rapporto al volume, per ragioni di costi di trasferimento, di tassi doganali, di produzioni trasferite, ecc. Qui rimane l’ingegneria, lavorazioni di alta tecnolo, la parte di controllo dell’impianto, ecc.
Meno imballi, meno affari dunque?
Meno imballi, ma di componenti comunque di valore. Imballi quindi da fare con una cura sempre maggiore. Ed è per questo che molte volte si richiede la stesura di un accurato progetto di imballaggio. È questa la nostra forza: l’assistenza tecnica che noi diamo mettendo a frutto la nostra esperienza.
Come fate a competere con tutte queste nuove attività che si sono date all’imballaggio?
Quando un singolo prova a fare un imballaggio senza avere le giuste competenze, ma lo fa solo perché vede facile lavorare il legno, pensa che fare un imballo sia come montare una scatola di cartone e inserire un paio di ciabatte: per noi è una buona concorrenza, non è una concorrenza qualificata e, oltretutto, non conoscendone le problematiche abbatte i prezzi. Proprio come avveniva un tempo con i tetti che venivano subappaltati a chi poi non sapeva farli e che subito presentavano difetti, infiltrazioni o addirittura si muovevano. La professionalità non si inventa mai. In nessun campo. Con Assoimballaggi/Federlegno stiamo partendo con un programma di istruzione/qualificazione per poter incrementare conoscenze e qualifica del settore imballaggi industriali in legno, aperto a tutti gli operatori del settore, associati e non.
Cosa chiedete alla politica?
Che ci dia la possibilità di assumere giovani, che possano svolgere un periodo di apprendimento, a costi più corretti di quelli attuali. A termine di questo periodo, se questi ragazzi apprendono bene il lavoro, lo svolgono con serietà e passione, che ci sia un indirizzo per premiarli, migliorare la loro retribuzione, incrementando in modo visibile quello che in busta paga va a favore del lavoratore e lasciare ferma quella a favore dello Stato. Che si introducano sollecitazioni per il rispetto dei termini di pagamento concordati, che lo Stato sia d’esempio positivo e non negativo come ora.
(Matteo Rigamonti)