Nei giorni scorsi l’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha presentato nei locali della Società Geografica Italiana la nuova applicazione di realtà virtuale immersiva “il Museo Virtuale della Valle del Tevere”.
L’utente si trova proiettato, davanti a tre schermi da 65 pollici, dentro un’esperienza multisensoriale interattiva durante la quale potrà interagire in 4 scenari differenti, con argomenti inerenti la storia della valle del Tevere. Ecco nei dettagli di cosa s tratta.
1. Il volo sul territorio: sorvolando come un uccello una rappresentazione 3D evocativa e letteraria del paesaggio della media valle del Tevere nel suo insieme, attiverà alcuni approfondimenti video con ricostruzioni tridimensionali relative alla sua formazione geologica e all’evoluzione storica in diverse epoche (in particolare il periodo tra VIII e VII secolo A.C. quando si assiste alla nascita dei primi nuclei urbani);
2. A nuoto agendo come un pesce nella corrente del Tevere, in una rappresentazione evocativo-simbolica, là dove si è sedimentata e vive la memoria del fiume; la corrente trasporta le immagini ed i suoni della memoria, da quella antica a quella del nostro tempo (citazioni letterarie, poesie pronunciate da una moltitudine di voci);
3. Camminando nella ricostruzione della Villa dei Volusii, percorrendo strutture ricostruite dell’età augustea e vivendo la storia dei Volusii attraverso il dramma individuale ed i pensieri di uno schiavo liberato;
4. Camminando dentro l’antica colonia romana di Lucus Feroniae ricostruita nelle fasi tiberiana e traianea) e interagendo con i personaggi dell’epoca (rappresentati con veri attori integrati nello scenario virtuale) fino alla rievocazione dell’antica dea italica Feronia, il cui santuario era un punto di attrazione per molti popoli del centro Italia in età arcaica.
Un’esperienza da provare; divertente ed istruttiva, presentata in occasione della VII edizione del Festival della Letteratura di Viaggio 2014, ma che resterà nella sede della Società Geografica Italiana per alcuni mesi e successivamente verrà spostato nella sede museale di Villa Giulia.
Alla fine dell’esperienza abbiamo incontrato Eva Pietroni responsabile scientifica del progetto e ricercatrice presso l’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali
Oggi abbiamo sentito parlare di realtà virtuale immersiva puoi spiegare il concetto a chi non ha ancora “vissuto” l’applicazione?
L’installazione è stata concepita in modo da suscitare nel visitatore un senso di presenza e di partecipazione non solo concettuale ma anche sensoriale ed emozionale all’interno degli scenari virtuali. Questa esperienza è resa possibile da una serie di fattori: la pari dignità comunicativa ed artistica con cui sono state trattate le immagini, i suoni, i testi poetici e narrativi, le animazioni di camera al fine di creare un linguaggio multisensoriale coerente ed emozionante, che esaltasse il più possibile le potenzialità espressive dei contenuti scientifici. L’interazione naturale, cioè la possibilità di scatenare eventi nel mondo virtuale attraverso semplici gesti del corpo è un altro elemento che concorre a determinare il senso di immersività e naturalmente la proiezione su tre maxi schermi che quasi avvolgono il visitatore.
Da cosa nasce l’esigenza di creare applicazioni virtuali nei musei?
I nostri Beni Culturali sono un patrimonio potenziale eccezionale ma ancora largamente inespresso in termini di crescita, sia culturale che economica. Si presume spesso che essi, in quanto parte del nostro habitat e della nostra civiltà, siano automaticamente in grado di parlare alla sensibilità e alla coscienza delle persone. In realtà, malgrado la loro diffusione capillare sul nostro territorio nazionale, essi sono in gran parte muti, frammentati e decontestualizzati dentro i musei o in un tessuto urbano che si è modificato e quindi oggetto di una percezione distratta o di totale incomprensione da parte del pubblico comune. Da qui nasce anche l’inerme indifferenza verso la loro incuria e l’abbandon ed i problemi comunemente denunciati dai reportage giornalistici. I linguaggi del virtuale e della multimedialità possono avere un impatto rivoluzionario, grazie all’illimitata potenzialità non solo nel documentare e nel creare archivi digitali, ma nel raccontare storie, ricostruire mondi ed oggetti oggi perduti, in modo coinvolgente ed emozionante. Il punto è stimolare la curiosità, l’interesse, l’affezione del pubblico nei confronti dei beni culturali, così da innescare spontaneamente azioni di cura e salvaguardia, di conoscenza e valorizzazione, insomma un sano “sfruttamento” del nostro patrimonio.
Questo tipo di applicazioni non saranno più ostiche da usare per alcune fasce d’età?
La nostra ricerca in tutti questi anni è stata orientata alla sperimentazione di linguaggi coinvolgenti e di interfacce di interazione il più possibile semplici. Certamente l’interazione con il corpo consente di abbattere molte delle tradizionali barriere tecnologiche dal momento che usa ciò che l’uomo possiede di più naturale. Abbiamo già sperimentato negli anni passati questa nuova forma di interazione e l’abbiamo sperimentata sul pubblico in vari progetti, ad esempio “I colori di Giotto” (Assisi, 2010), Etruscanning (Musei Vaticani, Palazzo delle Esposizioni di Roma, 2013-2014), Villa di Livia Reloaded (2014, Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano), Imago Bononiae (Marsiglia, 2014), Ad Motum (Museo dei Fori Imperiali, Roma 2014). Osservando il pubblico abbiamo imparato molto ed abbiamo progressivamente migliorato il sistema. Nel Museo Virtuale della Valle del Tevere l’utente può letteralmente nuotare nel fiume o volare sul territorio, quindi la componente ludica, oltre che culturale, è fondamentale. Abbiamo visto che le persone sono attratte da queste possibilità e quasi mai frustrate, anche quando impiegano qualche momento prima di capire cosa devono fare. Per la prima volta abbiamo visto bambini e persone anziane “navigare” in mondi virtuali incuriositi e quasi con la stessa disinvoltura.
Ci puoi dare un po’ di dati salienti di questo Museo Virtuale e spiegarci quale è l’innovazione che lo contraddistingue.
Il progetto, realizzato dal CNR ITABC grazie ad un finanziamento Arcus ed in collaborazione con la Direzione Regionale MiBAC per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Mibac, la Soprintendenza all’Etruria Meridionale, il Museo del Fiume di Nazzano, prevede la creazione di un sistema integrato di conoscenza, valorizzazione e comunicazione del paesaggio culturale della media Valle del Tevere (archeologia, storia, geologia, arte, natura, letteratura), nell’area a Nord di Roma, in particolare nel tratto compreso tra il Monte Soratte e Fidene e da Sacrofano a Palombara Sabina (circa 60 km per 40). Il Tevere viene narrato da vari punti di vista: il contesto geo-morfologico, l’ecosistema, la vegetazione e l’insediamento territoriale nei secoli; la mitologia legata al fiume, la ritualità e l’iconografia; il paesaggio archeologico, letterario e naturalistico. Il Museo Virtuale della valle del Tevere è un progetto interdisciplinare in cui scienza tecnologia ed arte convergono nella creazione di un’opera comunicativa che ricorre anche alle sperimentazione di linguaggi nuovi che segnano il superamento dei tradizionali paradigmi della realtà virtuale per contaminarli con tecniche derivate dal cinema o dai videogiochi. Ciò che in questo progetto reputo più innovativo è la fusione dei media, la ricerca di una forma narrativa ed interattiva “calda”, nuova ed originale, l’approccio “autoriale” alla lettura del territorio che esula completamente dallo stile meramente descrittivo tipico di wikipedia e dei normali siti informativi nel web che ormai il pubblico può raggiungere in qualunque momento con un semplice click sul proprio cellulare. Il Museo Virtuale della Valle del Tevere include, oltre a questa installazione spettacolare che funziona da punto di attrazione e promozione del territorio, anche installazioni multimediali per i musei periferici a nord di Roma (il Museo del Fiume di Nazzano, il Museo archeologico di Lucus Feroniae ed altri che vorranno ospitare i suoi contenuti) ed un sito web multimediale. In queste applicazioni vengono trattati anche altri contesti, fra cui il Monte Soratte, del quale raccontiamo, in un breve documentario, l’incredibile ed ancora poco nota storia del bunker costruito negli anni trenta e rinforzato negli anni della guerra fredda.
L’obiettivo finale è naturalmente spingere le persone a visitare i luoghi reali e a conoscere meglio il proprio territorio.
Il sito web ha una fondamentale importanza anche perchè offre la possibilità di approfondire tutto il lavoro metodologico e scientifico che ha condotto a questo risultato e di scaricare i dati scaturiti dalla documentazione sul campo e le successive elaborazioni interpretative. In questo senso il progetto offre anche un servizio alla comunità scientifica e alla Istituzioni preposte allo studio e alla conservazione.
La realizzazione del progetto ci ha impegnato per circa tre anni e mezzo ed è stata possibile grazie ad un team di più di 20 persone tra ricercatori del CNR, esperti e consulenti esterni, assegnisti e borsisti di ricerca, stagisti e società private.
Fra queste ultime mi fa piacere ricordare la collaborazione artistica di Franz Fischnaller con il quale abbiamo ideato l’installazione e la fondamentale partecipazione di E.V.O.CA. per l’ideazione e la realizzazione, la società Digiter per la consulenza geologica.
Quanto costa realizzare un’applicazione come questa e quali fondi utilizzate come CNR?
Ormai in Italia la ricerca riesce ad progredire per lo più grazie al supporto economico esterno, questo progetto è stato finanziato da ARCUS S.p.A. con fondi pubblici. Il finanziamento è stato di 300 mila euro.
Grazie ad Eva Pietroni e ricordiamo che l’applicazione “Museo Virtuale della Valle del Tevere” sarà visitabile gratuitamente presso la Società Geografica Italiana in via della Navicella 12 a Roma fino ai primi di dicembre 2014.
Link al video demo:
https://vimeo.com/107151367
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