Famiglie in sempre più evidenti difficoltà economiche, crisi matrimoniali e l’apparente impossibilità di riuscire a conciliare lavoro e famiglia rappresentano quei fattori che contribuiscono a svuotare le culle milanesi. Il tasso di natalità in città è ridotto a 1,6 figli l’anno e nei primi sei mesi del 2012 sono stati 8.759 i bimbi venuti al mondo, oltre mille in meno dei 9.772 nati nello stesso periodo del 2011. «Si tratta del valore più basso degli ultimi sei anni che, anche se non rappresenta un livello estremamente preoccupante, dimostra comunque una forte riduzione che va analizzata», spiega a IlSussidiario.net Gian Carlo Blangiardo, docente di Demografia all’Università Bicocca di Milano. «Quello che a mio giudizio è mancato e che probabilmente mancherà anche in futuro è il contributo dato dall’immigrazione che negli anni precedenti ha invece influito notevolmente. Tra le prime cause di questi dati, quindi, che poi verificheremo con maggiore certezza quando usciranno i numeri relativi all’immigrazione, c’è un forte rallentamento delle nascite relative alla popolazione immigrata che in passato ha rappresentato invece uno dei grandi supporti del comune di Milano». A questa prima importante causa, continua a spiegare il professor Blangiardo, «si possono anche aggiungere altri fattori determinanti, come il cambiamento dei comportamenti delle coppie e delle famiglie italiane che naturalmente non possono non risentire anch’esse degli effetti della crisi economica e di tutte le difficoltà che ne derivano». A influire, sottolinea Blangiardo, non è solamente la disponibilità economica ma anche l’aspetto psicologico che la crisi produce: «Quello che spaventa è l’incertezza che tuttora permane nei confronti del futuro e di una possibile ripresa, che ovviamente spinge di meno al pensiero di allargare la famiglia».
Il vero problema è che Milano «sta sempre più diventando una città amica del lavoro e nemica della famiglia. E’ una metropoli che ovviamente continua ad attirare lavoratori ma che nello stesso tempo rende sempre più difficile lo sviluppo di famiglie, la formazione di nuovi nuclei e la loro successiva crescita. Credo sia dunque necessario interrogarsi su cosa e come fare per avere la possibilità di recuperare quell’atteggiamento amichevole che è strettamente necessario per far sì che la città possa sopravvivere non solo come luogo di lavoro e di produzione ma anche di comunità».
Riguardo possibili scenari futuri, Blangiardo spiega innanzitutto che il nostro Paese dovrà tener conto di un progressivo minore contributo da parte dell’immigrazione. Una previsione è quindi difficile ma, «anche se siamo ovviamente concentrati in particolare sulla ripresa economica, non dobbiamo dimenticare che in Italia è presente ormai da anni una forte crisi demografica. I due aspetti sono in parte collegati e sono convinto che una ripresa anche da questo punto di vista sia decisamente auspicabile».
Il professor Blangiardo conclude parlando dei diversi provvedimento introdotti dal governo, in particolare l’aumento dell’età pensionabile: «E’ una misura necessaria e inevitabile ma è necessario sottolineare le possibili conseguenze che un tale spostamento può generare. In una realtà come quella italiana il welfare famigliare rappresenta spesso una delle armi con cui è possibile permettere alle coppie milanesi di essere genitori e di avere anche più di un figlio. Quindi, nel momento in cui i nonni e le nonne sono ancora impegnati a lavoro, o si interviene con ulteriori servizi sostitutivi oppure quella che già oggi è una grave difficoltà si accentuerà ulteriormente. Le azioni del governo possono dunque essere considerate accettabili dal punto di vista della ripresa e della strategia, ma devono essere attentamente valutate, e eventualmente corrette, per evitare di assistere a gravi controindicazioni».
(Claudio Perlini)