Dagli anni ’50 collabora con i migliori architetti italiani e internazionali ed è stata la prima azienda al mondo a lanciare la produzione in serie di porte in industrial design. Lualdi spa è un esempio della capacità tutta italiana di coniugare stile e commercializzazione su scala industriale. Solo nel nostro Paese, Lualdi ha lavorato per l’Hotel Gallia, il Pirellone, il Casinò di Campione e la sede de Il Sole 24 Ore. Alberto Lualdi, presidente di Lualdi spa, racconta in questa intervista a ilsussidiario.net la storia che ha fatto della sua azienda un caso unico sul panorama nazionale e globale.
Per quale motivo avete deciso di scommettere sulla collaborazione con i grandi architetti?
Tutto è iniziato da una serie di incontri avvenuti quasi per caso lungo il nostro percorso. Lualdi è un’azienda familiare e noi siamo la quarta generazione. Abbiamo ereditato l’attività dal nostro bisnonno alla fine dell’Ottocento, e nel Dopoguerra ci siamo dedicati alla realizzazione di finestre in legno per il mercato della ricostruzione post-bellica. Durante la realizzazione di un appartamento, siamo entrati in contatto con l’architetto Ignazio Gardella, il quale ci ha commissionato finestre e gelosie di una villa ad Arenzano.
E’ stato questo il salto di qualità per la vostra azienda?
Il vero e proprio salto di qualità è avvenuto grazie al fatto che l’architetto Luigi Caccia Dominioni ha visto il nostro intervento ad Arenzano e a sua volta nel 1960 ci ha chiamati per realizzare le finestre di Casa Pirelli a Milano. In quell’occasione, per la prima volta abbiamo anche prodotto i mobili, sempre su richiesta di Caccia Dominioni, e infine anche le porte. E’ stato il primo esempio di industrial design applicato a una porta, che abbiamo chiamato LCD (Lualdi Caccia Dominioni), e che è il prototipo dell’incontro tra la creatività e la tecnologia. La porta LCD ha cambiato completamente il modello organizzativo della nostra azienda.
In che modo?
Abbiamo deciso di riadattarci per produrre in serie, e dal 1960 al 1984 siamo stati l’unica azienda al mondo a realizzare porte in design. Oggi la concorrenza è molto più agguerrita, ma a differenziarci sono il nostro background e la nostra storia che ci rendono inimitabili. Tanto è vero che quando un architetto vuole realizzare un prodotto fuori dagli standard, per esempio in un grande hotel, spesso si rivolge a noi. Partecipiamo inoltre con progetti a livello internazionale alla realizzazione di prodotti realmente su misura per i nostri clienti. A distinguerci è anche la nostra capacità di lavorare per il mercato in modo competitivo, realizzando porte che non sono opere d’arte fini a se stesse, ma prodotti industriali che si presentano come unici, originali e di qualità.
Lei è anche presidente di Edilegno. Com’è l’attuale fase che sta attraversando il legno per l’edilizia?
E’ un mercato difficile, perché in questo momento l’edilizia in Italia è completamente ferma per problemi di natura finanziaria. L’incertezza economica fa sì che i clienti non abbiano propensione all’investimento, le banche non sono disposte a elargire mutui e, di conseguenza, le uniche aziende italiane a salvarsi sono quelle con un mercato estero.
Come sono andate le esportazioni nel settore nei primi nove mesi del 2012?
Sono in crescita: i prodotti made in Italy continuano ad avere successo e a essere apprezzati e stimati in tutto il mondo. Forse è soltanto il Governo italiano a non rendersene conto, altrimenti cercherebbe di supportare le aziende che esportando danno un po’ di respiro alla nostra economia. Le aree del made in Italy che continuano a vendere di più e a essere meglio conosciute nei paesi stranieri sono la moda, il cibo, l’arredamento e la Ferrari. Il problema è che non tutte le aziende sono organizzate per affrontare le vendite all’estero. Per una piccola-media impresa non sempre è facile sostenere i costi e le difficoltà organizzazione collegate alle esportazioni.
Che cosa dovrebbe fare il nostro Governo per aiutare le imprese italiane che esportano?
Deve diventare consapevole di questa potenzialità delle aziende del Bel Paese, e soprattutto delle Pmi. Il fatturato all’estero non lo fa soltanto la Ferrari, ma migliaia di società molto più piccole, magari sconosciute, ma che sono comunque attrici dell’eccellenza italiana. Occorre intraprendere tutte quelle azioni che possono aiutare le aziende a fare mercato, intervenendo a livello di Governo, di istituzioni all’estero, di canali diplomatici, di Camere di commercio e di Istituto nazionale per il Commercio Estero.
(Pietro Vernizzi)