Il “vecchio ragazzo” cresciuto sotto l’ala di Giorgio Almirante, Gianfranco Fini, approda come una “star” sul set televisivo di Michele Santoro, salernitano un tempo seguace di Pietro Ingrao (il cosiddetto Mao Tze Tung della Ciociaria) e poi abbagliato dai miti sessantottini, prima di diventare un guru televisivo di AnnoZero.
E’ evidente che Fini, attuale Presidente della Camera, sia una “star” della politica italiana, ma il suo ingresso “in grande simpatia” nel salotto di
AnnoZero, tempio della cultura e della informazione della sinistra, che irrita più di una volta persino i post-comunisti, sembra una rimpatriata tra ex combattenti, su sponde opposte, della “maledetta prima repubblica”. E’ un revival di abbracci postumi, e scomodando e forzando la storia, è come se risuscitassero e si ritrovassero a cena, in un ristorante di Picadilly Circus a Londra, il generale americano Patton e il vecchio feldmaresciallo del “Terzo Reich”, principe dei carristi, Guderian.
Lo spettacolo, a dire il vero, appare a chi scrive di una noia mortale. Ma il dovere professionale impone di impugnare il telecomando e abbandonare le ultime notizie sportive su “Sky Sport 24” o la visione di qualche film classico.
La trasmissione si apre con una una piccola “orazione” di Santoro, che induce a sonnolenza. Poi si vede un Fini rilassato su una poltrona presidenziale e davanti c’è il giornalista Ruotolo, fulminante “penna”, pardon anchorman, che lo intervista in modo che dovrebbe essere serrato, dato il blasone radical della trasmissione. Ma Ruotolo deve aver digerito male e quindi va “via con il liscio” di fronte al presidente della Camera.
Tanto per cambiare, novità assoluta in questi quindici anni, la prima domanda riguarda il “conflitto di interessi”. Fini, con grande bonomia e con il sorriso sulla bocca, replica signorilmente che si augura “leggi un pò più adeguate”. Tutti naturalmente pensano al “conflitto di interessi” di Berlusconi.
Chissà se c’è qualcuno che pensa ad altri conflitti di interessi esistenti in Italia, che secondo osservatori stranieri sono "millanta che tutta notte canta". Poi il Presidente della Camera si avventura in una proposta che fa venire forse i brividi a Ruotolo e a Santoro. Fini infatti dice che il suo gruppo, "Futuro e libertà", vorrebbe attuare la privatizzazione della Rai. Ruotolo, con gli occhi sgranati sotto gli occhiali, dice: "Fuori i partiti dalla Rai?" E Fini, con aria charmante un poco finta, replica: "Perché le dispiacerebbe?"
Più che un’intervista, sembra di assistere a un minuetto para-comico, di uno che tenta di copiare i dialoghi freddi del "Barry Lindon" di Stanley Kubrick, ma gli italiani sono ormai teledipendenti di "bocca buona" che si accontentano e quindi "via con il tango". Veniamo alle elezioni: si faranno o non si faranno ? Fini tranquillizza tutti. Se il Governo realizza il programma e tiene conto che ci sono "tre piedi" a sostenerlo, ha tutto il diritto di governare. Certo, c’è il problema della giustizia. Fini specifica per una eventuale riforma: "Non deve danneggiare i cittadini, ma tanto meno deve punire i magistrati". Quindi una sviolinata alla magistratura dove "C’è solo qualche mela marcia".
Ma insomma non esageriamo! A Fini va bene anche il "lodo Alfano", ma certamente una "commissione d’inchiesta sui pm non è pensabile" e tanto meno in agenda. Non si parla ovviamente della "separazione delle carriere", che esiste in tutti i Paesi democratici del mondo, tranne che in Italia. Ruotolo la ritiene evidentemente superflua.
Da notare che, poco prima, era stato mandato in onda un filmato sul Cavalier Berlusconi con un comizio dove il premier sottolineava tutte le incongruenze dell’azione dei magistrati. In studio, con Santoro, c’è il bravo Belpietro, la "pasionaria" Santanchè, la deputata Moroni (un tempo socialista ora neofiniana), il mitico ex magistrato De Magistris e l’ineffabile e acuto Marco Travaglio, il Marat dei nostri tempi avventurati. La trasmissione è scandita da pezzi dell’intervista a Fini e da pezzi di dibattito confuso, dove si comprende poco. Infatti a un certo punto si parla dell’affare "Marcegaglia- Giornale" e si sottolinea che tutto fa parte dell’anomalia italiana.
Finalmente si arriva al "clou" della serata, cioè la "casa di Montecarlo" della troupe Tulliani. Qui viene veramente voglia di buttare il televisore dalla finestra. Ma è una fatica improbabile alle 10 e 30 di sera. Per pigrizia si va avanti ad ascoltare. Fini è sempre rilassato. Dice di aver diritto di sapere la verità, parla di faccendieri, di essere stato colpito nei suoi affetti familiari e conclude con una citazione evangelica: "Se qualcuno al posto di vedere la pagliuzza, guardasse la trave nel suo occhio". Scena sfumata e si ritorna in studio dove tutti si accapigliano per telefonate al console di Santa Lucia, di cui non si comprende la sostanza.
Entrano in scena i "ragazzi" che partecipano alla trasmissione e hanno tutti giudizi ultimativi. Poi voci che si sovrappongono come al Bar Sport. L’unico che a un certo punto si rompe le scatole è Maurizio Belpietro, uno con gli occhi aperti in uno studio di ciechi. Chiede "perché deve essere scambiato per un servo, quando scrive". E quindi deve parlare del suo attentato, dove qualcuno ha pure sollevato dubbi. Siamo al delirio!
Ruotolo fa una ricostruzione un poco differente da quella di Belpietro. E il direttore di "Libero", per liberarsi di un peso che ha sullo stomaco, dice: "C’è evidentemente un’anomalia nella mia vicenda: il fatto che non mi hanno ammazzato. Tutti si chiedono come mai un terrorista "imbranato" non sia riuscito a uccidermi? Evidentemente anche i terroristi sono diventati imbranati". E lo dice con triste ironia, da persona intelligente di fronte a una platea che appare inquietante.
De Magistris, infatti, con l’acutezza del "magistrato impegnato" vede nell’episodio di Belpietro "molta oscurità". Tira in ballo anche i servizi segreti, quelli "deviati" naturalmente. C’ancora spazio per la "predica delle 23" di Marco Travaglio. Ha la competenza di un cancelliere da Tribunale e la sensibilità politica di un "elefante in una cristalleria".
E’ di tale portata il suo anti-berlusconismo, che è una garanzia per le fortune politiche del Cavaliere. E non lo scriviamo affatto con entusiasmo. La Santanché insorge e la rissa mediatica continua. Amen. Adesso, dopo questa puntata di
AnnoZero è tutto più chiaro. La confusione sconfina nell’iperuranio dell’incomprensibilità.