Sant’Agostino, la fiction interpretata da Alessandro Preziosi e Franco Nero, che si conclude stasera su Raiuno alle 21.10, racconta le vicissitudini di un uomo e del suo viaggio spirituale. Il regista Christian Duguay, che il sussidiario.net ha raggiunto, ci spiega perché con la fiction ha voluto raccontare la modernità del personaggio reale. E attraverso la narrazione di quegli episodi e di quei tratti della personalità particolarmente umani, ci fa capire quanto il santo assomigli a ciascuno di noi.
SantAgostino è un personaggio molto conosciuto, ma non è un santo del popolo come, per esempio, San Francesco. Come avete fatto a rendere la sua storia interessante per il pubblico di oggi?
Con SantAgostino cerchiamo di raggiungere un largo pubblico, sia cristiano che non. Quella che presentiamo è la storia di un uomo che è vittima del proprio narcisismo, della propria abilità oratoria e il cui carisma è tale che i peccati e i vizi della vita gli ruotano attorno. un viaggio pieno di colpa, di rammarico, di introspezione e, a un certo punto, una serie miracolosa di eventi che porteranno alla sua conversione spirituale. Una storia personale che ha un orizzonte epico e raccontata in un modo immediato e accessibile che spero ne permetterà lapprezzamento da parte di tutti.
Perché secondo lei Le confessioni di Sant’Agostino sono, dopo la Sacra Bibbia, il libro cristiano più letto nel mondo anche da non cattolici?
Le riflessioni e le preoccupazioni espresse allora da Agostino hanno una risonanza e una immediatezza che sono interessanti per i lettori di oggi allo stesso modo in cui lo furono per i lettori del suo tempo.
Lei conosceva la figura di SantAgostino? Che idea ne aveva prima del film? Il suo punto di vista è cambiato grazie a questo film?
Essendo stato educato da cattolico, lo conoscevo sotto il profilo religioso e spirituale, ma, essendo mio padre un avvocato, anche questo aspetto di Sant’Agostino mi ha sempre affascinato. Conoscevo il filosofo e l’oratore cortigiano che si è allontanato dal compiacimento e dall’egocentrismo derivante dal suo ovvio talento per indirizzarlo verso la fede cristiana. La ricerca e poi la rappresentazione di un uomo che ha vissuto una conversione così profonda ha avuto un marcato impatto spirituale su di me e, in un certo senso, ho percepito una specie di invito divino a presentare al pubblico qualcosa di questa esperienza personale.
Il film segue la vita di Sant’Agostino in modo fedele, o qualche parte è stata romanzata?
Abbiamo condotto ricerche molto attente su Sant’Agostino e la maggior parte dei personaggi è basata su figure storiche. A scopi narrativi abbiamo costruito uno schema nel quale un Sant’Agostino più anziano, sull’orlo di perdere tutto quanto ha costruito sotto l’incalzare dei Vandali, riconsidera il suo passato attraverso i suoi scritti. Con questo schema narrativo abbiamo dovuto alleggerire alcune circostanze per questioni di tempo. Per esempio, non siamo entrati nel fatto che allora vi fossero due imperatori e abbiamo parlato solo di quello residente a Milano, dove Agostino era diventato oratore di corte. Ma ci siamo attenuti per la maggior parte del racconto alla verità storica.
Qual è, secondo lei, il punto di forza di questo film, quello che può renderlo un successo televisivo?
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La chiave è proprio la sua conversione. Un ampio pubblico di cristiani e non cristiani potrà mettersi in rapporto non con un santo, ma con un uomo che fa sua l’idea molto moderna di dover fare i conti con i propri intimi conflitti e contemporaneamente con la propria vita esteriore. Un uomo che abbandonerà il proprio narcisismo, la propria avidità e i successi mondani per qualcosa di più profondo e intenso.
Come è stato lavorare con gli attori protagonisti, e in particolare con Alessandro Preziosi? È stato difficile per lui calarsi nel ruolo di Agostino, un personaggio tutt’altro che semplice e lineare?
La mia collaborazione con Alessandro è stata intensa e soddisfacente. Siamo così riusciti a presentare il viaggio intimo di un uomo e, contemporaneamente, a collocarlo nel suo contesto sociale, storico e spirituale. In questo, abbiamo avuto un forte supporto dal reparto letterario della Lux Vide e dallo scrittore Francesco Arlanch, riuscendo così a dare una prospettiva globale di questo viaggio, senza essere sopraffatti dalla complessità del quadro storico. Credo che questa sia una delle più significative interpretazioni di Alessandro.
Ha vissuto degli episodi particolarmente importanti con Preziosi?
Un momento significativo che Alessandro e io abbiamo vissuto insieme, e che è un buon esempio della fusione tra le nostre capacità, è il discorso che Agostino tiene come vescovo alla corte a Cartagine, dove viene accusato di eresia dai donatisti. La scena era stata concepita in modo da poter riprendere l’intero discorso con una sola ripresa di steadicam. Una sequenza complicata per entrambi e che richiedeva tutta la nostra concentrazione ed esperienza, ma a un certo punto Alessandro e io eravamo talmente in comunione che è diventato un balletto spirituale.
Cosa intende?
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Mi sentiva attorno a lui con la steadicam e quasi percepiva le mie istruzioni senza che io le dovessi esprimere. Il risultato è stata una delle più sorprendenti interpretazioni che Alessandro abbia mai offerto e una ripresa tra le più complesse che io abbia mai girato. Allo stesso tempo ha dato scorrevolezza al personaggio, avvantaggiando tutta la storia.
Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate nel passaggio dalla sceneggiatura alla messa in scena?
Come per tutti i racconti storici è essenziale cercare di ricostruire accuratamente l’autenticità delle scene. Siamo stati aiutati dall’aver girato negli Empire Studios in Tunisia, di cui Lux Vide è comproprietaria. Abbiamo così potuto rispettare l’autenticità dei set e delle location nonostante un budget limitato. In precedenti occasioni mi ero abituato a lavorare con budget molto più grandi e abbiamo dovuto ricorrere a tutta la nostra abilità di cineasti per realizzare una fiction di questa ampiezza.
In che maniera avete ovviato al budget limitato?
Daniele Passani, il nostro line producer, mi ha sempre fornito ciò di cui avevo bisogno, ma sempre sfruttando al massimo le risorse che ci erano consentite. Così come è stato molto bravo Paolo Zaccara, il nostro responsabile delle visualizzazioni, un aspetto molto importante nel nostro film, che ci ha consentito per esempio, nei luoghi storici di eliminare digitalmente elementi di disturbo, o di moltiplicare la folla o gli eserciti. Anche il tempo atmosferico è stato dalla nostra parte e il produttore, Luca Bernabei, mi ha detto che in tutte le sceneggiature con un soggetto spirituale in cui è stato coinvolto ha riscontrato accadere un piccolo miracolo. Io posso veramente dire che con Sant’Agostino ho potuto sperimentare ogni giorno piccoli miracoli.
A parte il protagonista, c’è un personaggio che, mentre giravate il film, ha assunto un peso inaspettato, ha rivelato – magari grazie all’interprete – un potenziale non previsto?
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Grazie al buon lavoro della responsabile del casting, Teresa Razzauti, gli attori erano tutti adeguati ai personaggi che dovevano interpretare. Un esempio è la scelta di Francesca Cavallini, di solito impiegata in ruoli romantici, per il ruolo della fredda, dura, calcolatrice madre del giovane imperatore, che è riuscita anche a comunicarci una figura materna e ferocemente protettiva. Ma ve ne sono molti altri…
Quali, ad esempio?
Johannes Brandrup, nella parte del giovane Valerio è stato perfetto come amico del cuore di Agostino, così come lo sono stati Gerard Alexander Held, Valerio da vecchio, e Franco Nero, nella parte di Sant’Agostino anziano. Monica Guerritore ha offerto un’interpretazione unica e delicata nel non semplice ruolo di una figura materna che non ha mai smesso di aver fiducia nella capacità di suo figlio di progredire e cambiare.
E tra i personaggi minori?
Andrea Giordana ha fornito una sorprendente interpretazione del vescovo Ambrogio, rappresentando in un modo estremamente efficace la sua capacità di vedere dentro Sant’Agostino, di cui diventa il vero mentore e colui che provoca la sua trasformazione spirituale. Al centro del film c’è la complessa relazione tra Agostino e la sua amata schiava Khalida. Serena Rossi recita con delicata grazia nella parte di questa schiava, che segue Sant’Agostino, gli dà un figlio, lo sostiene nel suo lavoro e nella sua trasformazione, fino al sacrificio finale di lasciarlo perché possa continuare nelle mani di Dio. La sua intesa sullo schermo con Alessandro dà un grande apporto alla storia, con tutti i corretti elementi del dramma.
Quali aspetti, durante la lavorazione del film, le sono rimasti più favorevolmente impressi nella memoria?
Ho avuto la fortuna di poter utilizzare la stessa squadra italiana della mia precedente produzione su Coco Chanel. È stata la mia seconda esperienza con un équipe italiana e mi sono trovato immediatamente a casa, loro sono diventati rapidamente come una seconda famiglia per me. Tutti hanno giocato un ruolo fondamentale, a cominciare dal produttore Luca Bernabei e gli altri della Lux, che mi hanno lasciato libero di mettere le mie capacità al servizio della storia, dandomi anche la migliore squadra creativa che abbi amai incontrato. E poi la straordinaria progettazione dei set di Carmelo Agate, o i costumi di Stefano De Nardis, il prezioso contributo di Sergio Ercolessi nel dare autenticità alla atmosfera attorno agli attori e alle loro interpretazioni.
Che ruolo ha svolto il feeling tra lei e la sua squadra nella realizzazione del film?
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Non sarebbe stato possibile portare a termine una produzione delle dimensioni di Sant’Agostino se tutti non avessero lavorato in sintonia, che si trattasse del più piccolo oggetto in scena o della più grande costruzione scenica, della recitazione delle nostre star o delle azioni dietro le quinte. In tutto questo, non avrei potuto avere un aiuto migliore di Sergio. Si arriva così a Fabrizio Lucci, il direttore della fotografia.
Ovvero?
Dato che io opero direttamente tutte le macchine da ripresa, occorrono un rapporto e un’intesa speciale con il direttore della fotografia. Con Fabrizio è stata una delle esperienze più significative di collaborazione stringente che io abbia mai avuto. È veramente un artista nel senso più stretto del termine e della tradizione centenaria italiana. Infine, ancora Luca Bernabei. Attraverso la nostra collaborazione professionale abbiamo sviluppato un’amicizia che ci permette di andare più al fondo e di trasferire una profondità alle nostre produzioni che spero possa avere impatto sul pubblico e dare ad esso una comunicazione profonda.
Qual’ l’aspetto della personalità di Agostino che può colpire di più l’uomo comune contemporaneo?
Il punto chiave è disegnare un personaggio la cui ambizione ad un certo punto prende il sopravvento sul suo viaggio spirituale ed emotivo. Il risultato è che chi viene in contatto con lui soffre nello stesso modo in cui lui sta soffrendo, ed è così che si rende conto che non può in coscienza continuare a vivere in quel modo.
E a quel punto?
Perciò si rivolge a Dio, cosciente che, sebbene cerchi il perdono, non può riparare il male del passato, ma che la sua conversione gli permetterà di fare il bene in futuro. Ho usato la metafora dei mosaici, una forma d’arte molto comune specialmente nelle chiese, piccolo pezzi che vediamo assemblare nel quadro completo di una vita spirituale e intensa. È come se ogni piccolo pezzo trattasse dei suoi peccati fino al punto in cui vediamo il mosaico della chiesa di Ambrogio e Sant’Agostino vede per la prima volta che l’immagine è il battesimo di Cristo.
Perché ha voluto utilizzare questi elementi artistici?
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Sono riuscito a riunire artisticamente tutti questi elementi per aiutare il pubblico a sperimentare questo momento altamente spirituale. La musica di Andrea Guerra è stata essenziale per sostenere la realizzazione di questo difficile compito e Andrea, con le sue capacità e attraverso le voci dei bambini, ha introdotto un’aura di purezza nel panorama musicale.
Quale messaggio lascerà questo film al pubblico, alla società in cui viviamo?
Abbiamo realizzato un film che, sebbene ambientato tra il quarto e il quinto secolo, rappresenta una storia molto attuale, alla quale il pubblico potrà facilmente rapportarsi. La storia di un uomo portato dai suoi desideri e ambizioni a una conversione spirituale che renderà la sua vita piena di significato e di scopo. È una storia che riguarda il concetto che le azioni hanno conseguenze, il perdono, la profondità delle relazioni e l’importanza dei valori familiari. È difficile trovare una storia più attuale per la nostra epoca convulsa.
(Ilenia Provenzi)