El valor de la verdad (Il valore della verità) è uno degli show più seguiti in Perù. I concorrenti sono chiamati a rispondere a una serie di domande scomode sulla loro vita e il loro passato, collegati a una macchina della verità affinché mostri eventuali bugie. L’obiettivo del programma è semplice quanto crudele: più il concorrente è sincero, svelando segreti inconfessabili riguardo la propria esistenza, più il montepremi si fa ricco (fino a 15mila euro). Il 7 luglio scorso la 19enne Ruth Thalía Sayas partecipa alla prima puntata del quiz show per rispondere alle 21 domande totali: in studio, oltre al pubblico, sono presenti anche i suoi familiari, gli amici e il fidanzato. Ruth comincia a rispondere e a confessare: non ha lavorato in un call center, come aveva detto a tutti, ma in un locale notturno come ballerina. I volti dei genitori cominciano a mostrare imbarazzo e stupore. Poi la confessione più grande, con cui Ruth ha probabilmente firmato la sua condanna a morte: la giovane ammette di aver fatto sesso per soldi, mentre la telecamera segue le espressioni del fidanzato, Bryan Romero, all’oscuro di tutto e visibilmente irritato. L’11 settembre la ragazza sparisce nel nulla. Sabato scorso, durante l’interrogatorio, il fidanzato confessa di averla strangolata e indica agli inquirenti il luogo in cui ha seppellito il corpo, ritrovato poco dopo in un campo alla periferia di Jicamarca, vicino a Lima. Successivamente viene anche arrestato zio del ragazzo: secondo quanto riferito dal sito Perù 21, sarebbe stato proprio lui a spingere il nipote a uccidere la fidanzata. IlSussidiario.net commenta quanto accaduto con Alberto Contri, presidente di Pubblicità Progresso, il quale comincia la propria analisi paragonando il programma peruviano in questione con due reality a cui stiamo assistendo in questi giorni su Rai Due e Cielo: «Sto parlando di Pechino Express, condotto da Emanuele Filiberto, e di The Apprentice, condotto invece da Flavio Briatore: al di là di coloro che li animano e delle reazioni che possono suscitare, sono probabilmente i reality migliori a cui assistiamo da un po’ di tempo a questa parte». Contri spiega infatti che i due format prevedono sostanzialmente una gara in cui «viene premiata l’intelligenza di chi riesce da una parte a sopravvivere con pochi euro in luoghi anche molto interessanti della Terra, oppure dall’altra ad affermarsi per guadagnare un posto di lavoro».
Al contrario, spiega ancora Contri, l’obiettivo del programma peruviano è quanto mai discutibile per una serie di motivi:«Innanzitutto perché mette in evidenza quanto molte persone, per poche migliaia di euro, siano disposte a denudare la propria coscienza e a mettere da parte ogni tipo di rispetto nei propri confronti. Nello stesso tempo questo tragico episodio dimostra ancora una volta che la televisione è un mezzo terribilmente potente, deflagrante, e che molto dipende dallo spirito critico di chi osserva». Infine, Contri ci spiega che la “tv verità” che spesso il pubblico apprezza nonostante l’evidente crudeltà a cui spesso può portare è «spesso fatta apparire come tale: in qualsiasi reality, quella che crediamo essere verità è per nove decimi costruita all’interno di una redazione da autori specializzati. La “reale” verità può essere legata a un particolare personaggio presente e alle sue caratteristiche peculiari, ma la storia che viene raccontata è sempre scritta e preparata ad hoc. Non parliamo dunque di tv verità e oggi, probabilmente, viviamo in una tale ipocrisia complessiva in cui, nonostante sappiamo benissimo che questi reality sono in gran parte finti, continuiamo a guardarli e a creare il loro successo».
(Claudio Perlini)